ARTICOLO DI FRANCESCA PREZIOSI
CAVOUR, NIGRA E ARTOM: COSI’ ABBIAMO FATTO L’ITALIA -di Francesca Preziosi
Castellamonte- Sabato 24 settembre, nella cornice del Castello dei conti Ricardi di Netro, con il patrocinio dell’Associazione culturale Costantino Nigra, del Comune di Castellamonte e dall’Associazione Amici della Fondazione Cavour, si è svolto il simposio divulgativo sui personaggi chiave del Risorgimento italiano e dell’Unità d’Italia. A introdurre il convegno Vittorio G. Cardinali giornalista, storico e Presidente dell’Associazione Immagine per il Piemonte e l’assessore alla cultura Nella Falletti Geminiani che ha ribadito l’importanza del cenacolo risorgimentale castellamontese, il cui ricordo è rimasto inalterato in alcune abitazioni di famiglie di parlamentari come i Gallo e i Quagliolo e da cui partì la grande avventura dello statista Nigra e di tanti personaggi dimenticati dalla storiografia. “Proprio la Torre rossa del Castello- ha spiegato il padrone di casa, il conte e storico Tomaso Ricardi di Netro- è il lascito architettonico di due conti di San Martino che si distinsero l’uno nella battaglia di San Martino e nella Battaglia di Custoza, l’altro che fu attivo diplomatico a Bruxelles, a Berna e a Zurigo; ma accanto a loro altri castellamontesi hanno partecipato alla vita politica e sociale di quei tempi, pensiamo ad Antonio Gallenca e ad Alessandro Borella, fondatore della Gazzetta del Popolo”. Così, a far rivivere l’epopea del risorgimento piemontese, tre eminenti studiosi, Nerio Nesi, il senatore Franco Debenedetti e Roberto Favero, hanno intessuto il convegno sui ruoli e i rapporti fra il Conte di Cavour e i suoi segretari particolari, Costantino Nigra e Isacco Artom. In appendice, la giornalista Sara Barsin, con un velo sul viso e nelle vesti della Contessa di Castiglione, ha introdotto il tema “oscurato dalla storia” sul ruolo delle donne nel processo di unificazione. Un argomento relegato per tanti anni alla mondanità, e che solo recentemente è stato autorizzato a far parte della storia. Lo hanno raccontato bene le attrici del gruppo calusiese “Lo Zodiaco” nella piece “Virginia delle Ombre” di Francesca Siragusa. Uno spettacolo coordinato dall’attrice Simona Salvetti, incentrato sul tempo della gloria di Virginia Oldoini, moglie del conte di Castiglione, che Cavour spinse fra le braccia di Napoleone III ,( quando la diplomazia non basta!), per conquistarlo alla causa piemontese. Una storia, quella dell’unificazione, che si compì negli anni fra il 1848 e il 1861 per merito dell’opera magistrale del Cavour e dei suoi più stretti collaboratori. Anni di riscatto nazionale, di impegno morale e sociale, in cui gli italiani presero a cuore l’ideale di diventare un paese unito “sotto una sola bandiera ed un solo inno”. Vero cultore della nostra storia, Presidente della Fondazione Cavour e anima della ristrutturazione della dimora di Santena con il suo bellissimo parco, il professore Nerio Nesi ha intessuto la storia risorgimentale ufficiale con quella storia minima, che non è scandita dalle date, ma dai rapporti interpersonali fra Cavour, il re, Massimo d’Azeglio , il ferrato intenditore della politica internazionale, Costantino Nigra, e l’esperto di politica economica Isacco Artom. E ha rievocato aneddoti come le parole dell’Ex Presidente della Repubblica Luigi Einaudi che già vecchio si fece condurre a Santena e dopo una rilettura della vicende del grande politico, concluse che se Bismarck aveva fatto la Germania, a Cavour spettava invece il merito d’aver fatto l’Italia. Non meno interessanti gli accenni al Cavour studioso, che si era adoperato alla cultura della lingua inglese “perché voleva capire meglio la natura democratica, politica economica del paese che egli più di tutti amava dopo l’Italia”; che guardò al modello inglese, ma aveva compreso il grande privilegio d’aver noi un Parlamento, in cui discutere e rivolgere le sorti dell’Italia. Insomma un racconto straordinario di come Cavour divenne Cavour: attraverso lo studio dell’economia, della politica, della letteratura; nei suoi soggiorni fra l’Inghilterra e la Francia; nel suo proporsi anche come imprenditore, capace di creare una grande industria agricola sfruttando i terreni di famiglia nelle campagne di Trino vercellese; nei suoi incarichi presso la Marina e come Ministro delle Finanze e da ultimo, ma non meno affascinante, in quell’ambiguo e oltraggioso rapporto con la Chiesa: dalle scomuniche di Pio IX, dopo la legge Siccardi, a fra Giacomo da Poirino che pagò con la sospensione “a divinis” la somministrazione degli ultimi sacramenti a Cavour, cattolico a modo suo, come del resto quasi tutti i protagonisti politici dell’impresa cavouriana. Una vita per fare L’Italia unita, supportata dai suoi geniali collaboratori e confortata sino all’ultimo dall’amore di Bianca Ronzani, ma segnata dall’armistizio con l'Austria a Villafranca (1859) in cui è iscritta la natura conflittuale dei rapporti fra lo statista e colui che Cavour aveva fatto diventare re d’Italia, Vittorio Emanuele II, che non solo, a giochi fatti, lo depose dal suo incarico costringendolo a dimettersi, ma che neppure gli tributò l’ultimo saluto, allorché preferì dileguarsi fra le sue stanze al passaggio del feretro di Cavour dinanzi a Palazzo Reale. Era il 6 giugno del 1861. Gli sopravvivranno i suoi più fidati consiglieri, Costantino Nigra e Isacco Artom. “ Artom fu segretario particolare di Cavour - ha spiegato Franco Debenetti, che ne è discendente- dal 1858 e ne condivise appieno i principi liberali. Fu il loro un rapporto simbiotico e intimo, al punto che Cavour era solito recitare in anteprima ad Artom i propri discorsi”. Nato ad Asti da famiglia ebrea d’idee liberali e diffidente verso le posizioni giacobine, Isacco studiò a Vercelli e poi a Pisa iniziò gli studi giuridici terminati a Torino nel 1853. «Se per la prima volta dopo tanti secoli, un Italiano fu in grado di esercitar sull’Europa una vera e grande autorità politica» è anche grazie a come il “suo Isacco” scrupolosamente ne interpretò le indicazioni, e intimamente ne condivise i principi.. “Fu infatti il rispetto della libertà individuale lo strumento dell’azione diplomatica per fare accettare dalle grandi potenze le annessioni dei Ducati, Toscana, Parma e Piacenza”. Sia Artom che Costantino Nigra, benché quest’ultimo fosse italiano e cattolico, al pari di Cavour, non ebbero mai dei veri rapporti d’intima amicizia e vera convergenza di idee con il re, ma l’Italia fu fatta anche grazie al loro ingegno e intuito.” Nigra, non fu solo un grande diplomatico ma anche grande negoziatore - ha spiegato il professore Roberto Favero - e un grande intellettuale. Dopo esser stato segretario del primo ministro Massimo D’Azeglio divenne segretario di Cavour che gli affidò compiti di intermediazione molto delicati. Si pensi al 1858 quando su di lui fu riposto il sogno di raggiungere l’alleanza con Napoleone III a Plombiers o alle lettere che lo statista inviava a Costantino preoccupato di un Garibaldi dittatore nel mezzogiorno, che avrebbe impedito l’unificazione della patria. E si pensi anche al dopo Cavour: il re Vittorio Emanuele II continuò ad avvalersi del nostro concittadino, mandandolo in Francia, ove contribuì ai negoziati che portarono alla conclusione dell’Alleanza franco-prussiana”. Una vita, quella di Costantino Nigra che proseguì all’insegna della diplomazia e dell’impegno politico anche dopo il “decennio cavouriano” e che meriterebbe, accanto a quella di Isacco Artom, di essere storicamente integrata, tanto più che costoro ci hanno lasciato in eredità documenti preziosi per aggiungere al nostro Risorgimento ulteriori conoscenze.
Francesca Preziosi E mail
Articolo su Nigra- Una personalità poliedrica ed un protagonista del Risorgimento
Ca Nigra a Venezia sul Canal Grande
Costantino Nigra (Villa Castelnuovo, 11 giugno 1828 – Rapallo, 1º luglio 1907) è stato un filologo, poeta, diplomatico e politico italiano.
Infanzia e studi
Nacque l'11 giugno del 1828 presso Villa Castelnuovo - oggi Castelnuovo Nigra in provincia di Torino - da Ludovico Nigra e Anna Caterina Revello. Il padre lavorò come cerusico locale e partecipò come medico nell'armata di Napoleone Bonaparte e in seguito come patriota ai moti insurrezionali del 1821; la madre Anna Caterina era imparentata con Gian Bernardo De Rossi (1742–1831), un orientalista molto apprezzato a livello internazionale. Costantino fu molto legato ai suoi genitori e ai suoi fratelli, in particolar modo al fratello minore Michelangelo che a causa di uno spericolato gioco di Costantino perse un occhio in tenera età.
Compì i primi studi a Castellamonte, poi a Cuorgnè e in seguito ad Ivrea dove concluse il secondo ciclo scolastico. Nel 1845, grazie ad una borsa di studio, poté iscriversi alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Torino, nonostante il grande interesse per la poesia e la letteratura.
Nel corso degli studi universitari non nascose (1848) il sostegno al conflitto bellico del Piemonte con la potenza imperiale austriaca, tanto che decise di arruolarsi nel corpo dei Bersaglieri studenti, come volontario. Partecipò alle battaglie di Peschiera del Garda, Santa Lucia e Rivoli, dove fu ferito ad un braccio. Già l'anno seguente rientrò a combattere, assistendo alla sconfitta di Novara. Ripresi gli studi dopo la parentesi bellica, riuscì a laurearsi in legge nell'università torinese.
Vita politica
Ottenuta la laurea egli entrò con il modesto incarico di applicato volontario al Ministero degli Esteri e qui in breve tempo ottenne la stima e benevolenza dei propri superiori, facendosi apprezzare dallo stesso Ministro, allora anche Presidente del Consiglio, Massimo D'Azeglio. Ed è in questo periodo che il Nigra inizia anche a mostrare le sue doti in campo artistico tanto da ricevere le lodi dal grande letterato dell'epoca Alessandro Manzoni. A D'Azeglio successe il conte Camillo Benso di Cavour nella carica di Primo Ministro e fu lo stesso D'Azeglio a segnalare al suo successore il giovane collaboratore. Ha qui inizio il più straordinario rapporto tra il grande statista e il suo giovane collaboratore che durerà fino alla morte di Cavour (6 giugno 1861); mano a mano che prosegue, il rapporto fra i due diviene sempre più intenso. Nei primi anni, dal 1852 al 56, il Nigra svolgerà normale attività presso il ministero in Torino e poi inizierà la carriera diplomatica che lo porterà ad essere testimone ed artefice dei più straordinari eventi della storia del XIX secolo. Nel 1855 Costantino prende in moglie Emerenziana Vegezzi Ruscalla, una fanciulla diciassettenne, da cui avrà un figlio, Lionello, ma i due caratteri troppo diversi e la carriera del Nigra li separeranno dopo poco. |
Nigra è al seguito di Cavour e del Re Vittorio Emanuele II sia a Parigi che a Londra e poi partecipa al Congresso di Parigi per raccogliere i frutti della spedizione piemontese in Crimea; in questa occasione è già promosso Console di prima classe con mansioni di Capo Gabinetto del ministro. Cavour sente la necessità di avere un uomo di sua completa fiducia che lo rappresenti alla corte di Napoleone III e ha così inizio la straordinaria avventura di Nigra a Parigi. In breve diverrà il personaggio del piccolo regno di Sardegna più ammirato a corte ed entrerà in stretti rapporti con lo stesso Imperatore e anche con l'imperatrice Eugenia, di norma abbastanza ostile agli italiani. Su questo suo rapporto con l'imperatrice tanto si è parlato all'epoca da chi voleva intravedere una relazione, che però il Nigra da perfetto gentiluomo sempre negò, e di cui non esiste alcuna traccia concreta. Il grande scrittore Salvator Gotta dedicò anche il suo romanzo "Ottocento" alla figura del Nigra a Parigi ed al suo fantasioso rapporto con l'imperatrice. |
A Parigi il Nigra conobbe anche la famosa Virginia Oldoini di Verasis contessa di Castiglione, donna di incantevole bellezza anch'essa inviata da Cavour per convincere l'imperatore alla causa italiana. Il problema era convincere l'imperatore a scendere in guerra contro l'Austria a fianco dell'esercito piemontese e certamente i risultati non mancarono, poiché nel 1859 iniziò la seconda guerra di indipendenza con Napoleone III e le sue truppe furono al fianco dell'esercito piemontese. All'armistizio di Villafranca il Nigra fu unico testimone del furibondo litigio tra Cavour e il Re. |
Dopo un breve periodo di assenza di Cavour dal governo per sue dimissioni, il conte Cavour torna ad essere primo ministro ed invia il suo uomo di fiducia come Governatore nell'appena annesso Regno di Napoli. Di tutte queste vicende rimane oggi un ricco carteggio costituito dalle lettere, note diplomatiche e dispacci intercorsi tra il Nigra e il suo Ministro Cavour, un archivio ricco di pensieri e di tutta la storia di quella mirabile epoca. Dal carteggio si evince il rapporto di reciproca stima e amicizia tra lo statista e il suo diplomatico e come Cavour abbia la necessità di ricevere conforto, anche morale, dal suo collaboratore diventato un protagonista della scena diplomatica. |
In seguito alla morte di Cavour, il Nigra tornerà a Parigi per ancora molto tempo in veste di Ministro Plenipotenziario di Sua Maestà il Re d'Italia, e sarà lo stesso imperatore a congratularsi con lui per il titolo ricevuto. La leggenda del Nigra è ricca di episodi sulla sua vita a corte, fra i quali spicca l'episodio più noto e certamente avvenuto, detto della gondola veneziana, in cui il Nigra improvvisa un canto all'imperatrice nel laghetto del castello di Fontainebleau, su una imbarcazione, una gondola per l'appunto. Il canto conteneva un invito all'imperatrice di non ignorare Venezia oppressa dal dominatore austriaco che attendeva di essere liberata. Ma sarà invece il Nigra a dover "liberare l'Imperatrice" quando nel 1870 dopo la capitolazione di Napoleone III a Sedan, la Francia dichiarò a furor di popolo la caduta dell'impero e Costantino Nigra aiutò l'Imperatrice Eugenia a fuggire dalla reggia della Tuileries assediata dal popolo. Nigra rimase fino al 1876 a Parigi e successivamente ebbe incarichi di ambasciatore alla corte di San Pietroburgo, alla corte della regina Vittoria a Londra e poi presso Sua Maestà l'Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe, ove rimase fino alla pensione nel 1904, ripetutamente rifiutando offerte di ritornare a Parigi. |
I rapporti tra Nigra e il Re Vittorio furono quasi sempre piuttosto freddi perché il sovrano vedeva nel Nigra il fidato amico e collaboratore di Cavour, a lui sempre ostile, e solo dopo la morte di Vittorio Emanuele II, il successore Umberto I riconoscerà i meriti dell'opera svolta dal Nigra a favore del Regno, concedendogli, motu proprio, il titolo comitale trasmissibile anche al primogenito, e poi ancora insignendolo del Collare dell'Annunziata, massimo titolo d'ordine sabaudo che lo riconosceva Cugino del Re e infine nominandolo senatore del Regno. |
Nigra uomo di cultura
Al termine della carriera diplomatica Nigra si ritira a Venezia acquistando uno splendido palazzo sul Canal Grande poi ancora un palazzo a Trinità dei Monti in Roma. A fianco di Costantino in quest'ultimo periodo appare la figura di una nobile veneziana, la contessa Elisabetta Francesca Albrizzi. |
In tutto questo lungo tempo ben distante dal suo amato Canavese, egli non dimenticò mai i luoghi di origine e, seppur diradando le visite, appena libero da impegni quando gli era possibile incontrava i suoi parenti più stretti a cui era molto legato, e per dissidi con il figlio Lionello, preferiva recarsi a Castellamonte dalla sorella Virginia piuttosto che nella casa avita di Villa Castelnuovo. |
Per tutta la sua vita, quando i gravi impegni del suo incarico glielo permettevano, il Nigra aveva dedicato anche la sua conoscenza sorretta dal suo amore per la terra di origine allo studio e alla ricerca filologica della cultura canavesana; egli produsse mirabili scritti e saggi e addirittura eseguì traduzioni in versi di Catullo dell'opera "La chioma di Berenice" e, coadiuvato dall'amico Delfino Orsi, raccolse e commentò "Le Sacre Rappresentazioni Canavesane". L'opera che consegna il Nigra ai posteri, ed al tempo stesso diviene una pietra miliare nel campo degli studi antropologici e filologici, è senza dubbio "I Canti popolari del Piemonte" cui il Nigra dedicò molti anni della sua vita, ricercando e raccogliendo antiche canzoni di cultura popolare. Ancora dedicò grande impegno e scrisse meravigliose poesie in cui il tema che traspare è sempre l'amore per la sua terra natia e le genti che la popolano. |
Dedicò anche gli ultimi anni della sua vita a raccogliere memorie della sua attività per consegnare ai posteri il racconto della storia del Risorgimento italiano dal punto di vista di chi quella storia non solo l'aveva vissuta ma anche l'aveva fatta, ma alla sua morte l'enorme dossier del suo lavoro risultò scomparso. Qualcuno pensa che sia stato lo stesso Nigra a dare alle fiamme nel suo camino del palazzo di Venezia il manoscritto, mentre qualcuno ottimisticamente pensa che un giorno riapparirà. Solo pochi brani dell'opera sono giunti fino a noi perché pubblicati in anteprima su una antologia. Gli ultimi anni furono vissuti dal Nigra con furore, moralmente stanco e sentendosi fuori da quel mondo che era stato tutta la sua vita. Riappacificatosi con il figlio nell'ultimo periodo della sua vita, morì con lui accanto a Rapallo il giorno 1 luglio 1907 nella villa Tigullio e le sue spoglie furono traslate nella cappella del cimitero di Villa Castelnuovo, che era stata fatta erigere da lui stesso per onorare i genitori e il fratello che già riposavano lì. |
Onorificenze
Fu membro di numerose Accademie italiane e straniere:
Accademia dei Lincei
Accademia delle Scienze di Torino
Accademia delle Scienze di Vienna
Istituto Lombardo di Scienze, Lettere e Arti
Ateneo di Venezia
Accademia di Irlanda
Università di Edimburgo con la laurea honoris causa
Università di Cracovia con la laurea honoris causa
Gli furono attribuite molte Onorificenze Europee ed extra europee:
Cavaliere dei SS Maurizio e Lazzaro
Gran Croce della Corona d’Italia
Gran Cordone dell’Ordine Mauriziano
Gran Cordone dell’Ordine di S.Alessandro Newski di Russia
Gran Cordone dell’Ordine del Sole e del Leone di Persia
Gran Croce dell’Ordine di Cristo di Portogallo
Grande Ufficiale della Legion d’Onore di Francia
Grande Ufficiale del Regno d’Italia
Commendatore dell’Ordine di Isabella La Cattolica di Spagna
Cavaliere dell’Ordine di Danebrog di Danimarca
Cavaliere dell’Ordine dell’Aquila Rossa di Prussia
Cavaliere dell’Ordine del Medidié Ottomano
Costantino Nigra fu nominato Conte dal Re Umberto I l’8 Marzo 1886.
Fu nominato senatore a vita nel 1892.
66 Città italiane gli hanno dedicato una via
5 Scuole sono state a lui intitolate
Il Ministero degli Esteri gli ha dedicato la principale Sala Riunioni della Farnesina
Opere letterarie
Notevole la produzione letteraria in molti campi del sapere umano.
titolo |
contenuto |
Anno 1° pubblicazione |
I Canti popolari del Piemonte |
Raccolta di testi di canzoni popolari |
Loescher-Torino-1888 |
Il Natale in Canavese |
Testo e commenti di rappresentazione religiosa in Valle Sacra |
Roux-Torino-1894 |
La Passione in Canavese |
Testo e commenti di rappresentazione religiosa in Valle Sacra |
Roux-Torino-1895 |
Il Giudizio Universale in Canavese |
Testo e commenti di rappresentazione religiosa in Valle Sacra |
Roux-Torino-1896 |
Il Dialetto di Viverone |
Chiarimenti su origine e lessico |
Miscellanea Ascoli-1901 |
Fonetica del dialetto della Valle Soana |
Chiarimenti su origine e lessico con appendice sul gergo valsoanino |
Loescher-Torino-1874 |
Eporediensia |
Trattazione dell’Etimologia del nome della città di Ivrea |
Società Storica Subalpina-1900 |
Vocabolario Valdostano |
Elencazione dei nomi con la pronuncia |
1897 |
La Rassegna di Novara |
Carme sull’epopea del 1849 |
Barbera-Roma-1875 |
Per le nozze di Alessandrina D’Azeglio con il marchese Ricci |
Epitalamio |
Genova-1852 |
In morte di Silvio Pellico |
Carme in onore dell’illustre italiano |
Gazzetta Popolo-Torino-1854 |
Idillii |
Raccolta di poesie bucoliche |
Nuova Antologia-Roma-1893 |
Inni su Diana ed i Lavacri di Pallade |
Traduzione in versi dei poemi di Callimaco |
Loescher-Torino-1892 |
Saggio lessicale di basso latino curiale |
Oltre 200 vocaboli, raccolti da una trentina di Statuti in latino di città piemontesi, illustrati e spiegati |
Tip.Sociale-Pinerolo-1920 |
Glossae Hibernicae veteris codicis taurinensis |
Ricerca etimologica |
Loescher-Parigi-1869 |
Gloses Irlandaises du Manuscript de Milan |
Ricerca etimologica |
Revue Celtique 1872 V. I |
Goidelica |
Ricerca etimologica |
Whitley Stokes - 1872 |
Grammatica Celtica dello Zeuss |
Ricerca etimologica |
Whitley Stokes - 1872 |
Les gloses Irlandaises du manuscript de Berne |
Ricerca etimologica |
Revue Celtique - 1873 V II |
Ai compagni caduti in guerra |
Elegia per gli studenti bersaglieri caduti nella guerra del 1848-49 |
1849 |
All’Italia |
Poesia patriottica |
Gazzetta Popolo-Torino-1907 |
Notizie storiche intorno al borgo di Santhià |
Ricerca storica |
Vercelli-1876 |
Le Comte de Cavour e la Comtesse de Circourt |
Raccolta di lettere |
Roux-Torino-1894 |
Note etimologiche e lessicali |
Dissertazione tecnica |
U.T.C.-Perugia-1905 |
La Chioma di Berenice |
Traduzione in versi del poema di Callimaco |
Hoepli-Milano-1891 |
L’idea del sostrato celtico ai canti epico-lirici romanzi |
Considerazionietimologiche |
Archivio Glottologico |
La Romanza di Tristano e Isotta |
Leggenda raccontata in versi |
Tipografia Senato-Roma-1897 |
Le reliquie celtiche |
Il manoscritto irlandese di San Gallo illustrato |
Loescher-Torino-1872 |
Ricordi Diplomatici (1870) |
Racconto degli avvenimenti precedenti la guerra franco prussiana del 1870 |
Nuova Antologia-Roma-1895 |
Sulle origini e sulle ramificazioni della casa marchionale d’Ivrea in relazione a casa Savoia |
Ricerca storica |
Bovo & Baccolo-Saluzzo-1900 |
Uno degli Edoardi in Italia; favola o storia? |
Dissertazione sulla scoperta della tomba di un Edoardo Re d’Inghilterra |
Nuova Antologia-Roma-1901 |
Impressioni di lettura |
In Pullè Leopoldo:Fra i saltimbanchi, La cugina-commedia |
Treves-Milano-1907 |
Guida itinerario per le Valli dell’Orco,Soana e Chiusella |
Guida turistica delle valli del Canavese scritta con Vaccarone |
Casanova-Torino-1869 |
L’Uomo selvaggio |
Leggenda commentata |
Rivista Critica della letteratura Italiana-Anno 7 N.1 |
Postille lessicali sarde |
Considerazioni etimologiche |
|
Il codice irlandese dell’Ambrosiana |
Studio della lingua celtica |
Archivio Glottologico Italiano 1878- Vol V |
Versions pièmontaises de la chancon populaires de Renaud |
Canzoni popolari |
Romania - 1882 T.XI |
Un documento in dialetto piemontese del 1410 |
Sul dialetto piemontese |
Romania - 1882 T. XIII |
Note etimologiche e lessicali |
Dissertazione di glottologia |
Romania - 1897 T.XXVI |
Il dialetto di Viverone |
Loescher, Torino - 1901 |
|
Nomi romanzi del collare degli animali da pascolo |
Dissertazione etimoligica |
Zeitschrift fur Romanische Philologie - 27 maggio 1903 |
Postille lessicali sarde |
Note sul dialetto sardo |
Archivio Glottologico - 1901 V. XV |
Une ancienne glosse irlandaise |
Note lessicali |
Revue Celtique - 1903 V. XXIV |
Metodo di investigazioni nella storia delle parole |
Note di etimologia |
Zeitschrift fur romanische philologie 8 febbraio 1904 |
Metatesi |
Note di etimologia |
Zeitschrift fur romanische philologie 8 febbraio 1904 |
Nigra Filologo
I Canti popolari del Piemonte costituiscono una delle opere più valide della -filologia folcloristica del secolo scorso. Editi nel 1888 essi sono il frutto di un'opera vigile e coscienziosa iniziata fin dal 1854, nell'epoca, cioè, in cui il Nigra cominciò a pubblicare su alcune riviste italiane e straniere — « Il Cimento », « La Rivista Contemporanea », « Romania », ecc. una serie di canzoni popolari che non solo rivelarono un nuovo filone della poesia popolare italiana, ma impegnarono il raccoglitore a delineare una nuova metodologia nella raccolta del materiale.
I Canti popolari del Piemonte, nei quali il Nigra utilizzò i materiali già raccolti e rielaborò i risultati cui era giunto, non sono infatti soltanto un'opera di filologia, ma un saggio di storia della poesia popolare, o meglio, un quadro storico-filologico non certo privo di ombre, ma ricco di scorci che continuano a conferire all'insieme vita e calore.
Si può anzi affermare che i Canti popolari del Piemonte, con la relativa problematica che li anima, sono stati e restano tuttora il banco di prova dei maggiori folcloristi italiani ai quali il Nigra ha aperto una nuova provincia del sapere. Il volume include i canti raccolti, in vari tempi e in quasi ogni parte del Piemonte, da Nigra e da molti suoi collaboratori. Il maggior spazio del libro è preso dalle canzoni d'indole profana che, per la materia trattata, sono storiche, o romanzesche, o domestiche e amorose. per agevolare la lettura dei testi piemontesi fu messa anche una traduzione italiana ed aggiunto anche un breve repertorio lessicale di quelle voci dialettali che più si scostano dalla forma italiana. Il volume include Canti narrativi (153), Orazioni e giaculatorie religiose (6), Cantilene e rime infantili (11), Strambotti (183) e Stornelli (10). Sono pubblicati anche alcuni spartiti musicali di alcune canzoni.
Sintesi della sua carriera diplomatica
1852 Nominato segretario particolare del Presidente del Consiglio Cavour
- Applicato di 4° classe (dirigente del Ministero)
- Capo di Gabinetto di Cavour al Congresso di Parigi
- Vice Console di 1° classe
- Console di 1° classe
- Ministro Plenipotenziario a Parigi
- Governatore delle Province Meridionali (ex Regno di Napoli)
1862-1876 Ambasciatore d’Italia a Parigi
- Ministro Plenipotenziario per il Trattato di Commercio con la Francia
- Ministro Plenipotenziario per la Conferenza sulla Grecia
Ministro Plenipotenziario per la Convenzione Postale con la Francia
- Ministro Plenipotenziario per la Convenzione Monetaria
- Internazionale
- Ministro Plenipotenziario per la Conferenza Metrica Internazionale.
1876-1881 Ambasciatore d’Italia a San Pietroburgo
1882-1884 Ambasciatore d’Italia a Londra
- Ministro Plenipotenziario per la Conferenza sugli Affari Egiziani
1885-1903 Ambasciatore a Vienna
- Ministro Plenipotenziario per le proprietà artistiche e letterarie.
- Senatore del Regno d’Italia
- Ministro Plenipotenziario alla Conferenza Internazionale della Pace
- all’Aja.
ARTICOLO DI CARLO BINDOLINI
Costantino Nigra era nato l’11 giugno 1828 a Villa Castelnuo- vo, un piccolo borgo dell’alto Canavese, che oggi in suo omaggio ha assunto il nome di Castelnuovo Nigra e che sem- pre in quei suoi versi giovanili Nigra definì:
“Bellissima fra quante il sol riscalda
E’ una terra,
di pampini e di messe E di gregge feconda”
Costantino Nigra descrive il suo luogo natio e le val- late circostanti nella pre- messa alla sua opera “Natale in Canavese” del 1894, che fa parte del tritti- co delle “Sacre Rappresentazioni in Canavese”, usando queste parole:
“E’ una delle più ridenti regio- ni delle prealpi canavesane. A chi percorre la strada provin- ciale da Cuorgnè ad Ivrea, fra la valle dell’Orco e quella di Chiusella, se volge gli occhi in alto, a sinistra, appena oltre- passato il breve ponte sulla Malesina, dopo Castellamonte, si presenta la magnifica collina ove spiccano il vecchio castel- lo di Villa Castelnuovo, nel quale io nacqui e, più in alto, la chiesa di Sale, in un largo se- micerchio chiuso a ponente dal doppio vertice del monte Filia, a levante dalle colline di Mu- riaglio, e a tramontana dalle Alpi.”
Anche nella sua ultima opera letteraria, gli “Idilli” scritti in età matura, nel 1903, Costanti- no Nigra, ormai lontano dai clamori della vita pubblica, non esita a cantare la propria terra d’origine e ci descrive la dura vita dei contadini di quel- le zone:
“E’ prossimo novembre, e scendon con le prime nevi il freddo e la miseria…”
Ed ancora:
“…Lavora: nel tugurio son molti i bimbi dalla bionda testa che il nuovo
pan aspettano”.
Sembra quasi che, pur conscio della faticosa vita dei suoi con- terranei, il Nigra provi una nostalgia unita al desiderio di essere ancora là, a faticare ac- canto a loro nella bella terra canavesana..
La famiglia ed i primi anni a Villa Castelnuovo
La famiglia di Costantino Ni- gra era di modeste origini: suo padre, Ludovico Nigra, cerusi- co, esercitava l’arte medica senza tuttavia avere conseguito alcun titolo accademico o professionale, era cioè uno dei tanti flebotomi che in quell’epoca svolge- vano la professione medica nelle piccole località di campagna e nei villaggi. Ludo- vico Nigra in gioventù aveva militato nelle armate napoleoniche, durante l’occupazione francese del Piemonte ed ave- va preso parte alle ultime campagne militari in Germania del 1813-1814; in segui- to aveva partecipato ai moti insurrezionali piemontesi del 1821, senza tuttavia subire conseguenze, ed aveva acquistato una parte del castello, e soprattutto una buona porzione dei terreni, che anticamente era appartenuto ai Conti di San Martino di Villa Castelnuovo.
Sua madre si chiamava Anna Caterina Revello ed era nativa di Sale Castelnuo- vo, discendente di Gian Bernardo De Rossi, orientalista di fama mondiale. È proprio in quel castello che ebbe i natali il giorno 11 giugno 1828 Costantino Nigra. I genitori avevano riadattato una parte dell’edificio più piccolo del vecchio rude- re ed avevano a disposizione anche una piccola casa costruita accanto ai ruderi del vecchio castello, dove proprio Costan- tino farà costruire una villa negli ultimi anni del diciannovesimo secolo, per dare ai genitori una degna abitazione e, alme- no nelle intenzioni, a lui un sereno rifugio negli ultimi anni di vita, anche se poi questo non avvenne.
Di questo castello, che era stato uno dei pochissimi fortificati del Canavese e che risale al XIII secolo, restano oggi solo poche vestigia in stato di abbandono ed invase dal- le piante che talvolta offro- no un sostegno ai muri ca- denti.
Anche la villa, che un tem- po custodiva molti cimeli e ricordi di Costantino Nigra, tra i quali la scrivania di ebano appartenuta a Napo- leone I, donatagli dall’Impe- ratrice Eugenia, e la scultura in marmo della mano del- l’Imperatrice, ricevuta in dono dalla stessa, che ora si trovano al Museo del Risor- gimento, è oggi vuota ed in stato di desolante abbando- no.
Della villa ricordiamo l’im- menso scalone con una ba- laustra in ferro battuto ador- na di fogliame e tralci d’u- va, sulla parete era dipinto lo stemma comitale di Costantino Nigra, da lui stesso disegnato con il motto “AUT E DRIT”, dopo che con “motu proprio” del 21 dicembre 1882 Re Umberto I gli aveva concesso il titolo di Conte, trasmissibile ai discendenti maschi per ordine di primogenitura, con l’auto- rizzazione anche di assumere il predicato nobiliare di Villa Castelnuovo e di fre- giarsi di un’arma, che in termini araldici viene così descritta: “Partito d’azzurro e d’argento, il primo al mezzo volo sinistro di nero, colla spada di rosso attraversante la partizione. Cimiero: il semivolo del campo. Supporti: due tori al naturale con le teste rivolte di fuori”. Divisa: Aut e drit. Due parole del dialetto piemontese che suonano “alto e diritto”, quasi a signi- ficare la natura del carattere di Nigra, orgoglioso ed adamantino. Si è scritto di lui: “E così, alto e diritto, è entrato nella Storia”.
Dal matrimonio tra Ludovico Nigra ed Anna Caterina Revello nacquero cinque figli, dei quali solo tre sopravvissero: Costantino, Michelangelo e Virginia. Tanto Costatino quanto il fratello Michelangelo, di qualche anno più giovane, frequentaro- no l’Università e si laurearono entrambi. Michelangelo seguì in un certo senso le orme paterne, laureandosi in medicina ed esercitò la sua professione a Castellamon- te, dove morì celibe nel 1893.
Non vi sono molte notizie dell’infanzia e della fanciullezza di Costantino Nigra. Egli stesso raccontò che a dieci anni, vestito da angelo, partecipò ad una di quelle rappresentazioni di carattere religioso, che, secondo un’antica tradizione, erano in uso nel Canavese alla vigilia di Natale. Afferma infatti lo stesso pronipote di Ni- gra, medico a Castellamonte, che in famiglia si diceva che il bisnonno aveva fatto l’ “Angelo” nella rappresentazione del Natale del 1839 a Villa Castelnuovo. Du- rante la messa di mezzanotte “vestito di una candida tunica talare cinta d’un na- stro, e con due magnifiche ali di penne di pavone attaccate alle spalle”, il piccolo Costantino corse ad aprire la porta princi- pale della chiesa ad undici pastori, dopo che questi avevano ripetutamente bussato. Mezzo secolo più tardi, rievocando la scena, Nigra scriverà:
“ Nella notte oscura, per i sentieri alpestri coperti di neve, gli abitanti dei più lontani casolari erano venuti in lunghe processio- ni al lume di favelle di paglia e scorze di ciliegio. Lo spettacolo era grandioso e commovente…”
Un altro episodio della fanciullezza di Costantino Nigra risale a quando egli aveva dodici anni.
Un giorno accidentalmente colpì ad un occhio il fratello minore Michelangelo, che perdette l’occhio rimanendo orbo per tutta la vita. Questo fatto fece sorgere un senso di colpa in Costantino, che se da un lato ebbe l’effetto di temperare la naturale esuberanza del suo carattere, dall’altro lo legò maggiormente al fratello verso il quale egli ebbe, per tutta la vita, un affetto tenero e quasi protettivo.
Costantino Nigra apprese le prime nozioni scolastiche a Villa Castelnuovo ed a Castellamonte, imparò il latino da un sa- cerdote di un paese vicino, Bairo, e si trasferì poi a Ivrea per frequentare le clas- si superiori ed ultimare a diciassette anni il liceo.
La giovinezza
Ad Ivrea il giovane Nigra ebbe i primi contatti con la nobiltà eporediese, in par- ticolare con i Conti di Collaretto, ed ap- profondì la sua innata passione per la cul- tura e per la letteratura in particolare. Ri- sale infatti all’età di 17 anni il primo componimento letterario di Costantino Nigra, nel quale piangeva la fine dell’idil- lio con una sartina di Torre Balfredo che lo aveva lasciato senza preavviso, intito- lato “Epitafio d’amore”. Questa sua prima composizione letteraria venne pubblicata sul giornale “la Dora”, facendo acquisire popolarità al giovane.
Costantino Nigra vinse la borsa di studio per il “Collegio delle Province”, l’Univer- sità degli Studi di Torino istituita da Vit- torio Amedeo II e finanziata da Re Carlo Alberto. Benché la sua inclinazione fosse rivolta alla letteratura, egli s’iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, sia per deside- rio del padre, sia perché riteneva che que- sta aprisse maggiori strade nell’esercizio della professione. Sebbene gli studi di legge non fossero proprio il suo ideale, vi si applicò con serietà ed impegno sia per mantenere la borsa di studio che richiede- va una media di voti molto alta, sia per far piacere al padre. Nel tempo libero frequentò le biblioteche, i circoli letterari e le persone colte, pur non disdegnando di partecipare alla vita goliardica dell’uni- versità e di frequentare le feste ed i balli studenteschi, numerosi soprattutto duran- te il carnevale.
Era un giovane che curava molto il suo aspetto esteriore e che amava vestire con eleganza e cura. Siccome il padre gli in- viava a Torino le scarpe chiodate che era- no adatte alle strade sterrate della provin- cia ma non ai caffè ed ai salotti della città, il giovane Nigra le portava da un calzo- laio per farle sbullettare. Ben presto il bel Costantino si fece notare, non solo negli ambienti goliardici, ma anche nei raffinati salotti torinesi ed a Torino conobbe i suoi primi successi femminili.
Per descriverne l’aspetto fisico ed il carattere ci rifacciamo alla testimonianza di- retta di coloro che l’avvicinarono fin dalla prima giovinezza e che ebbero modo d’i- niziare ad amarlo ed a stimarlo per le sue molteplici qualità. Il giornalista e comme- diografo Vittorio Bersezio, che fu compa- gno di studi di Nigra, ci ha lasciato questo ritratto nella sua opera “I miei tempi”: “Alto, spigliato sottile, camminava dritto, a capo levato; portava la ricca chioma bionda, inanellata in giro, cadente fin sul bavero del soprabito; gli occhi d’un grigio azzurrognolo gli brillavano di vita, di allegria, di pensiero; gli spuntavano appe- na quei baffi biondi che dovevano dare al suo volto tanta seria venustà di cavaliere. Aveva qualcosa di femmineo nella composta gentilezza delle mosse, nella voluta graziosità del contegno, nell’abituale cortesia della parola, nella temperata dolcezza della voce; ma sotto quella morbidezza vellutata si sentiva pure una volontà viri- le, la cui forza metteva talvolta dei riflessi di lama d’acciaio nello sguardo di quelle pupille chiare, e faceva avvertire una saldezza di proposito nella severa calma d’una affermazione.
E invero Costantino Nigra seppe volere, e volle, impose a sé stesso fatiche di studi, privazioni, disagi, e tutto sopportò con animo inconcusso. Dopo notti di travagli mentali, di veglie angosciose fors’anco, egli ci appariva un po’ più pallido, ma colla fronte ugualmente serena, lucenti gli occhi del medesimo limpido bagliore, il solito sorriso un po’ fiero sulle labbra.
Nato in povere fortune, egli pure portava dalla nascita un sentimento sostanzial- mente aristocratico; ma aristocratico nel significato eletto della parola, cioè di con- trario, di repulsivo a tutto quanto sia bas- so, grossolano, volgare.”
Esiste presso il Museo del Risorgimento di Torino un disegno di Elio Torrieri rica- vato da un ritratto originale di ignoto che raffigura Costantino Nigra giovane stu- dente universitario e che riproduce perfet- tamente nei tratti figurativi quanto de- scritto dal Bersezio.
Il giovane Costantino, appena ventenne, a Torino si trovò immerso nel clima acceso del 1848 e non rimase estraneo alla cre- scente tensione che caratterizzava l’ambiente universitario, sposando rapidamen- te le idee patriottiche. Da bel ragazzo alla moda non trascurava di manifestarle an- che esteriormente.
Ricorda infatti Vittorio Bersezio: “Nel quarantotto fu de’ primi a vestirsi, come allora si disse, all’italiana, e faceva la più bella figura del mondo col cappello piumato a larga tesa, il farsetto serrato al tronco e il martelletto alla moda del cin- quecento sulla spalla”.
Ma l’adesione di Costantino Nigra all’i- deale patriottico non si limitò all’esibizione della sua vanità di ventenne, egli di- mostrò con i fatti di avere abbracciato quegli ideali con slancio, lealtà e coeren- za, fino alle estreme conseguenze, così, quando il Piemonte entrò in guerra contro l’Austria, nel marzo del 1848, egli non esitò a partire volontario e, come ci ricor- da sempre il Bersezio: “appena dichiarata la guerra, fu de’ primi che quel cappello di gala cambiassero con quello pure piu- mato del bersagliere, e la giubba elegante nella tunica del semplice gregario…” Nigra partecipò a numerosi scontri con la III Compagnia di bersaglieri-studenti del luogotenente Cassinis: a Peschiera, a San- ta Lucia, a Calmasino, ai Monti della Co- rona; il 22 luglio venne ferito nel combat- timento di Rivoli Veronese, riportando una grave ferita al braccio destro. Per il valore dimostrato venne proclamato dai compagni d’armi caporale. Impossibilita- to a continuare il combattimento, dopo un breve ricovero in ospedale tornò a Torino per curarsi. Frequentò il salotto della ba- ronessa Olimpia Salvo, figlia del direttore del Collegio delle Province, che accoglie- va poeti, letterati, cospiratori ed uomini politici.
Con la ripresa della guerra nel marzo del 1849, finalmente guarito dalla ferita ri- portata a Rivoli, Nigra si riunì al batta- glione di bersaglieri studenti per affronta- re nuovamente il nemico. Dopo l’armisti- zio di Vignale, il 26 marzo 1849, la com- pagnia del Nigra si ritirò a San Germano ed all’alba del 27 raggiunse Torino dove si radunò per giurare fedeltà al nuovo Re Vittorio Emanuele II.
La partecipazione alla battaglia di Novara gli ispirerà anni dopo, nel 1861, il suo più noto componimento poetico: “La Rassegna di Novara".
Nigra e Cavour
Ben presto Costantino Nigra fu notato anche dal Cavour, allora Ministro del Commercio e dell’Agricol- tura, che l’incaricò di com- pletare delle memorie ministeriali urgenti. Iniziò così quello che diventerà negli anni successivi il sodalizio tra Nigra ed il Conte di Cavour, che dal dicembre del 1853 aveva assunto la Presidenza del Consiglio.
Con l’avvento al potere del Cavour, la carriera di Costantino Nigra ebbe una svolta decisiva, perché egli diventò uno dei collaboratori più stretti e fidati del Presidente del Consiglio su tutte le questioni inerenti gli Affari Esteri, con conseguente miglioramento di qualifica ed aumento di stipendio. Cavour considerava il Nigra qualcosa di speciale.
Emerenziana, di dieci anni più giovane di Costantino, vide in lui non solo il bel giovane elegante e disinvolto, ma anche il romantico poeta dai begli occhi limpidi ed azzurri. Fu lo stesso Cavour a spingere Costantino al grande passo ritenuto dallo statista utile alla futura carriera di Nigra. Le nozze ebbero luogo il 17 settembre 1855, nella Chiesa Parrocchiale dei SS. Vito, Modesto e Crescenzia, sulla Collina di Torino. Nel breve periodo di licenza concessa allo sposo, egli approfittò per fare conoscere ad Emerenziana le vallate del Canavese, poi, ritornati a Torino, la giovane coppia andò ad abitare nella splendida villa dei Vegezzi-Ruscalla, do- ve per qualche mese condusse una vita di giovani sposi. Ben presto però tra i due emersero profonde differenze di vedute sulle aspirazioni della vita.
Da un lato Emerenziana aveva un caratte- re chiuso ed aspirava ad una vita tranquil- la, senza particolari ambizioni, dall’altro Costantino era tutto preso dalle ambizioni della sua carriera, che lo portavano a guardare ben oltre l’ambito familiare.
Sempre del 1949 si laureò in giurispru- denza e nel 1851 ottenne un posto di ap- plicato al Ministero degli Esteri, lavoro umile e non retribuito ma necessario per la futura carriera diplomatica.
Così all’inizio del 1851 Costantino Nigra prese servizio al Ministero degli Esteri di Torino. Ben presto ebbe modo di mettersi in luce favorevole presso il Presidente del Consiglio dell’epoca, Massimo d’Aze- glio, seguendolo come segretario perso- nale nel soggiorno terapeutico di Corni- gliano, dove il ministro si recava ogni anno per curare con i bagni di mare la ferita subita all’assedio di Vicenza.
Guadagnatosi così la stima e la fiducia di d’Azeglio, ebbe l’onore di essere invitato alle nozze della figlia di questi con il mar- chese Matteo Ricci, che ebbero luogo a Cornigliano Ligure nella primavera del 1852. Per l’occasione il giovane Nigra scrisse un epitalamio, componimento po- etico in voga all’epoca, che riscosse il plauso del nonno materno della sposa, Alessandro Manzoni.
Nel 1853 si liberò un posto di applicato fisso presso il Ministero degli Esteri, que- sta volta retribuito con uno stipendio an- nuo di mille lire, e il Ministro d’Azeglio glielo offrì. Fu così che a venticinque anni, Nigra potè contare sulla propria indipendenza economica.
Più di un semplice collaboratore, egli divenne ben presto per il grande statista un uomo di fiducia che volle al suo fianco nella discussione e nella preparazione dei documenti ufficiali, cioè una specie di segretario particolare con il quale aveva grande confidenza, tanto da discutere ogni questione importante che annotava, sulle brutte copie dei documenti con una frase per lui indicativa: “ ne ho parlato con Nigra”.
Il giovane Nigra fu sottoposto ad un su- perlavoro, che richiedeva una grande dose di energie e di oculatezza, e ad estenuanti tour de force. Questa sua intensa attività non gli impedì però di continuare a colti- vare la propria passione letteraria. La morte di Silvio Pellico, avvenuta a Tori- no il 31 gennaio 1854, fu l’occasione per un suo componimento poetico dedicato al grande patriota, che fu pubblicato sulla prima pagina della “Gazzetta del Popolo”, dandogli ulteriore pubblico lustro.
Per migliorare la posizione sociale del suo giovane segretario, il Conte di Ca- vour lo introdusse presso la famiglia dei suoi amici, i Vegezzi-Ruscalla, che ave- vano una casa in città nella signorile Via dei Ripari ed una confortevole villa in collina sull’antica strada di San Vito; qui Costantino conobbe la giovane Emeren- ziana Vegezzi-Ruscalla, e tra i due sboc- ciò un idillio che sfociò ben presto in un battaglia della Cernaia vinta dalla coali- zione anglo-francese alla quale aveva portato il suo contributo anche il Piemon- te, Re Vittorio Emanuele II volle recarsi in visita ufficiale a Parigi ed a Londra, accompagnato da tutto il suo seguito e dal capo del Governo, Conte di Cavour che desiderò che il giovane Nigra partecipas- se alla missione, dimostrando così quanto apprezzava il lavoro del suo collaboratore, o meglio segretario particolare.
Erano trascorsi appena due mesi dal gior- no delle nozze e Nigra partì, a metà no- vembre, salutando la giovane moglie, per la sua prima missione all’estero. Egli precedette la delegazione di qualche giorno, partendo in carrozza, per Chambery e Lione, da dove prese poi il treno per Pari- gi, poiché doveva predisporre, con le au- torità francesi, l’accoglienza della delega- zione sarda in arrivo a Parigi.
Dopo quattro giorni di permanenza nella capitale francese la missioni ripartì per l’Inghilterra.
Rientrato a Torino verso la metà di di- cembre, Nigra ebbe appena il tempo di trascorrere in famiglia le festività natali- zie, perché ai primi di febbraio dovette nuovamente preparare le valigie per un’- altra impegnativa trasferta che aveva per meta, anche questa volta, la città di Pari- gi. Nigra partì da Torino il 13 febbraio 1856, ormai nominato da Cavour suo capo di gabinetto in modo tale che potes- se affiancarlo e partecipare attivamente alle trattative dell’imminente Congresso. Si sistemò con il resto della delegazione piemontese all’Hotel de Londres di Parigi e si mise subito al lavoro, poiché doveva redigere le note per una decina di persone della delegazione Piemontese.
Durante la sua permanenza a Parigi, Nigra aveva molti compiti, oltre a stendere le note per la preparazione del Congresso, egli doveva curare la corrispondenza del Primo Ministro e condurre indagini cono- scitive sulla Corte francese. Fu in quell’- occasione che Nigra conobbe la Contessa di Castiglione, che si trovava a Parigi dal giorno di Natale del 1855, che gli fu per- sonalmente presentata da Cavour. Da lei ricevette le prime notizie sull’atteggia- mento dell’Imperatore e del suo entourage nei confronti del problema ita- liano. L’incontro ebbe luogo in casa di Lord Holland, che durante un soggiorno diplomatico a Firenze era diventato amico della famiglia Oldoini, quella di Virginia. Nigra definì Virginia di Castiglione una gran dama, assai scaltra e con un carattere da prima donna, bizzoso e quanto mai imprevedibile.
In quel periodo, Nigra ebbe da Cavour l’incarico di sorvegliare l’intraprendente Virginia, come una specie di guardia del corpo, di controllarne i movimenti e le spese per impedirle mosse che avrebbero potuto creare problemi diplomatici e poli- tici, ma egli stesso ebbe a dire che la cosa non risultò né facile, né sempre possibile, visto il carattere bizzoso ed imprevedibile della Contessa.
Al Congresso di Parigi fu dato scarso rilievo alla questione italiana, se ne parlò solo un paio di volte, a latere della firma del Trattato di pace del 30 marzo 1855, tuttavia Cavour portò l’attenzione sulla questione italiana e, nonostante l’opposi- zione dell’Austria, riuscì a fare inserire negli atti ufficiali un piccolo ma impor- tante memorandum sulla questione italia- na. Durante il soggiorno parigino, Cavour presentò a Nigra, il dottor Henri Conneau, medico personale dell’Imperatore Napo- leone III, molto influente a Corte e soste- nitore della questione italiana.
Al termine del Congresso di Parigi, Ca- vour proseguì per Londra e Nigra ritornò a Torino, dove Emerenziana era ormai al sesto mese di gravidanza. Quale premio per la sua fattiva attività parigina Nigra ebbe la nomina a Vice Console di prima classe nella carriera consolare di terza categoria, con uno stipendio annuo di 3000 lire ed il c onfe r imen t o dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, con il titolo di Cavalie- re. Il 17 luglio 1856 nacque il figlio di Nigra che fu chiamato Ludovico Gio- venale Costanti- no Corrado Lionello.
Nigra trascorse l’estate con la sua famiglia nella tranquil- lità di Villa Castelnuovo, ma già a metà di dicembre dello stesso anno partì nuo- vamente per Parigi, incaricato da Cavour di una missione segreta, la più importante della sua vita, che doveva vederlo diven- tare l’anello di congiunzione tra il Regno di Sardegna e la Francia, cioè tra Cavour e Napoleone III.
Giunto a Parigi, Costantino Nigra, il 19 dicembre si recò alla Legazione piemon- tese per incontrarvi il Marchese di Villa- marina, apparentemente per una missione di lavoro. A Parigi, Nigra incontrò e co- nobbe molte persone e si recò, quale sem- plice visitatore, alla Corte Imperiale, inol- tre s’incontrava in gran segreto con la Contessa di Castiglione, sua informatrice occulta, che scaltra ed intelligente cono- sceva tutto della Corte e degli intrighi politici e sentimentali connessi. Nigra ammise di avere provato una grande attra- zione per la bella e disinibita Contessa, ma affermò che i loro rispettivi incarichi imponevano un comportamento pubblico che doveva privilegiare gli interessi so- vrani dello Stato e che quindi il loro rap- porto, in quel periodo, fu improntato alla simpatia reciproca, ma mai sul piano sen- timentale, ancorché l’attrazione fisica fosse tale da coinvolgerli.
La Castiglione affidava al Nigra dei mes- saggi per Re Vittorio Emanuele II. La missione di “Nicchia” era infatti quella di diventare l’amante dell’Imperatore Napo- leone III per potergli strappare, nell’inti- mità, segreti e promesse ed avanzare pro- poste. Ella riuscì rapidamente nel suo intento tanto che nell’ottobre del 1856 l’Imperatore era follemente invaghito di lei. Tuttavia una sera ai primi d’aprile del 1857, mentre Napoleone III si recava ad un convegno amoroso con Virginia, ci fu un attentato all’Imperatore, forse opera dell’Imperatrice Eugenia, che desiderava sbarazzarsi dell’ingombrante rivale.
La Contessa, condotta al più vicino posto di polizia, fu immediatamente rilasciata per l’interessamento di Nigra che la indi- cò come facente parte della delegazione italiana, ma era fuor di sé. Nigra tenne sotto controllo la Castiglione per alcuni giorni, perché scoprì nella sua camera due pistole che senza dubbio avrebbe usato per vendicarsi e sparare all’Imperatrice Eugenia. La vicenda si concluse con l’e- spulsione della Castiglione dalla Francia. I rapporti franco-piemontesi furono poi turbati nel gennaio del 1858 dall’attentato operato contro l’Imperatore da Felice Orsini.
La coraggiosa lettera inviata a Napoleone III da Re Vittorio Emanuele II nella quale rivendicava l’amicizia verso la Francia e l’orgoglio di appartenenza ad un casato che per oltre 850 anni si era sempre van- tato di marciare a testa alta colpì favore- volmente Napoleone. A fine maggio dello stesso anno emersero i primi segni di di- sponibilità dell’Imperatore verso la causa italiana che culminarono l’estate succes- siva nell’incontro a Plombieres tra Napo- leone III e Cavour.
Nigra, dopo la sua prima esperienza pari- gina, era ritornato a Torino dove continuò con Cavour l’azione diplomatica che do- veva portare il Piemonte all’alleanza con la Francia di Napoleone III.
L’alleanza con la Francia
Costantino Nigra partì per Parigi il 25 agosto del 1858 per svolgere la sua mis- sione segreta, incaricato da Cavour. Giun- se a Parigi il 28 agosto successivo alle sei del mattino e subito si attivò per ottenere un’udienza con l’Imperatore Napoleone III che lo ricevette nella sua residenza di Saint Cloud il 31 agosto successivo alle 9.30 di mattino. L’Imperatore lo mise al corrente del contenuto dei colloqui avuti con Cavour a Plombières, che Nigra già conosceva perché Cavour stesso glieli aveva riassunti in una nota.
A quell’incontro seguirono giorni di intensa attività per Nigra che scambiò una fittissima corrispondenza con Cavour, inviata tramite corrieri speciali, funziona- ri del Ministero e persone di fiducia tra le quali lo stesso fratello di Costantino Ni- gra, Michelangelo.
Data l’estrema segretezza della sua mis- sione, Nigra doveva cercare di non desta- re sospetti neppure presso la stessa Lega- zione sarda a Parigi, capeggiata dal Mar- chese di Villamarina.
Uno dei problemi da risolvere per avviare a buon fine le trattative che portarono all’alleanza con la Francia era quello del matrimonio tra il cugino dell’Imperatore, il Principe Gerolamo, e la giovane figlia del Re Vittorio Emanuele II, la Principes- sa Maria Clotilde, chiesto a Plombières dallo stesso Napoleone III. Era un’unione difficile da realizzare per la grande diffe- renza d’età degli sposi, Maria Clotilde era molto giovane all’epoca, essendo nata nel 1843, ed era molto devota e propensa alla vita monastica, mentre il Principe Gerola- mo era un noto libertino, che conduceva una vita sregolata, ed era molto più anziano di lei. Interpellata da Vittorio Emanue- le II, la giovane Principessa aveva tutta- via risposto che prima di prendere una qualsiasi decisione avrebbe voluto vedere di persona il Principe Gerolamo Napoleone e se la sua persona non l’avesse ripu- gnata si sarebbe decisa a sposarlo, per contribuire al bene del suo paese ed alla gloria del padre. Occorreva quindi orga- nizzare anche il viaggio in Piemonte del Principe Gerolamo Napoleone.
Gli altri problemi erano quelli più pretta- mente politici e militari e riguardavano le spese per finanziare l’eventuale guerra tra l’Austria e la coalizione franco- piemontese, il comando delle forze arma- te, il pretesto che occorreva trovare per giungere alla dichiarazione di guerra, in modo da renderla giustificabile di fronte alla diplomazia ed all’opinione pubblica di Francia e dell’Europa.
Nigra fu convocato d’urgenza a Torino da Cavour, ma ripartì il successivo 21 set- tembre per Parigi, s’incontrò anche con il Principe Gerolamo Napoleone, che era reduce da una missione in Polonia dove si era recato per incontrare lo Zar di Russia in vista di un’alleanza con questa grande potenza.
In quei mesi Nigra ebbe diversi incontri a Parigi con l’Imperatore e con il Principe Gerolamo Napoleone per discutere i di- versi punti della nascente alleanza franco-piemontese.
Dopo aver incontrato l’Imperatore il 14 ottobre, Nigra ritornò brevemente a Tori- no il 18 ottobre successivo, consegnando al Re una lettera dell’Imperatore. Il 13 dicembre Nigra ebbe ancora un lunghissi- mo colloquio con Napoleone III. Poi ri- tornò a Torino per trascorrere le vacanze di Natale con la moglie ed il figlio, che soffrivano della sua continua lontananza, ma fu una pausa di breve durata perché il mattino del 31 dicembre era di nuovo a Parigi per continuare la sua importante missione ed incontrare nuovamente il Principe Gerolamo Napoleone e l’Impera- tore alle Tuileries. Tra i vari problemi che Nigra dovette affrontare vi era il fatto che il Marchese di Villamarina, tenuto all’o- scuro delle trattative condotte al suo posto dal Nigra, protestò con il Cavour. Inoltre occorreva mettere a punto il discorso del- la Corona che Re Vittorio Emanuele II avrebbe pronunciato davanti alle Camere in occasione del nuovo anno 1859, senza contare che a Parigi, se l’Imperatore era favorevole all’alleanza con il Piemonte, il ministro degli Esteri Walewsky era filo austriaco ed ostile alla causa italiana.
Il 10 gennaio 1859 Vittorio Emanuele II pronunciò nella sede del Senato di Sarde- gna il discorso della Corona che passò alla storia per la famosa frase del “grido di dolore”.
Il matrimonio tra la Principessa Clotilde ed il Principe Gerolamo
Il Principe Gerolamo partì da Parigi il 13 gennaio 1859 ed il 14 sera arrivò a Marsi- glia. Giunse a Torino nel tardo pomerig- gio del 16 gennaio. Era latore di una lette- ra dell’Imperatore per il Re e di una per Cavour, Nigra precedette il Principe a Torino. Aveva concluso la sua missione parigina.
Il 18 gennaio iniziarono i negoziati uffi- ciali tra la Francia ed il Piemonte. Il Prin- cipe Gerolamo incontrò per la prima volta la Principessa Clotilde il 17 gennaio, su- scitando in lei ammirazione tale che sciol- se le sue riserve sul matrimonio già il giorno successivo. Le nozze vennero quindi fissate per il 30 gennaio 1859 a Torino. Anche il trattato e la convenzione militare vennero conclusi senza particola- ri difficoltà. Nigra approfittò di essere a Torino per incontrare i vecchi amici, eu- forico per i successi politici del momento. Il matrimonio tra la Principessa Clotilde ed il Principe Gerolamo Bonaparte venne celebrato a Torino domenica 30 gennaio, nella Cappella Reale di San Lorenzo in Piazza Castello. Gli sposi partirono lo stesso giorno per Genova, due giorni do- po per Marsiglia e poi per Parigi. Il 5 feb- braio 1859 nel corso di un grandioso rice- vimento alle Tuileries, Napoleone III pre- sentò la Principessa Clotilde ai diplomati- ci stranieri, ai marescialli, ai generali ed ammiragli, ai grandi ufficiali della Coro- na ed ai componenti delle legazioni con sede a Parigi. Seguì un pranzo di gala offerto dal padre dello sposo, Re Gerola- mo, a Palazzo Reale.
La diplomazia e la guerra Seguirono mesi difficili perché l’Europa era venuta a conoscenza delle intenzioni franco-piemontesi e l’opinione pubblica si era rivoltata contro l’Imperatore. Sem- brava che l’esecuzione del progetto che doveva portare alla guerra dovesse essere momentaneamente sospeso.
L’opinione pubblica in Inghilterra ed in Germania era contraria alla guerra, come anche a Parigi la borghesia, la Borsa, e gli orleanisti. Un articolo uscito sul quotidia- no francese “Le Moniteur” sembrava ag- giungere ulteriori ostacoli. C’era poi il ministro Walewski che manovrava le car- te a favore dell’Austria.
Intanto Vittorio Emanuele II firmava, su proposta del Ministro della Guerra, il de- creto per la chiamata alle armi dei giovani di leva.
Il 10 marzo Nigra ebbe un colloquio con
Walewski che si dichiarò contrario ad ipotesi di guerra ed il giorno dopo ebbe un ulteriore colloquio con l’Imperatore. Nel frattempo, il 25 marzo 1859, Nigra partecipò, su incarico di Cavour, come Plenipotenziario alla conferenza sull’or- ganizzazione dei Principati Danubiani. La sua opera fu apprezzata ed egli ebbe la nomina a console di prima classe con un aumento di stipendio, che ora ammontava a 4.000 lire.
Sembrava che la diplomazia europea si orientasse verso un Congresso per discu- tere la questione italiana, dal quale però si voleva escludere il Piemonte. Nigra mani- festò ovviamente al Principe Gerolamo l’opposizione a tale esclusione, chieden- dogli di sostenere la causa sarda.
L’Imperatore sembrava in grave imbaraz- zo. Tutto pareva naufragare e Cavour scrisse una lunga lettera all’Imperatore, preparata con Nigra, frutto di una notte di lavoro e di discussione.
Si profilava un Congresso i cui negoziati avvenivano per via diplomatica. L’Au- stria però chiese ufficialmente come con- dizione alla partecipazione del Piemonte al Congresso una previa dichiarazione di disarmo dello stesso. Il 7 aprile Nigra ritornò a Torino dove rivide la famiglia, ma prima si incontrò con l’Imperatore, che lo esortò a confidare in lui, informan- dolo in via confidenziale che le operazio- ni di riarmo della Francia procedevano celermente.
La Russia intanto chiese l’esclusione del- l’Austria dal Congresso, mentre quest’ul- tima inviò un proclama di guerra al pro- prio esercito.
La situazione improvvisamente precipitò. Il 9 aprile l’Austria annunciò l’invio di
50.000 uomini in Lombardia e richiamò le proprie riserve. Anche Napoleone III richiamò alle armi i suoi 125.000 uomini in congedo. Intanto il 15 aprile Nigra ri- tornò a Parigi. Mentre i volontari giunge- vano da ogni parte a Torino, l’Austria schierò sull’Adda le proprie truppe. Mentre Walewski tentava le ultime mosse per evitare la guerra, gli eventi precipita- vano ed il 23 aprile l’Ambasciatore au- striaco a Torino, Conte Buol, inviava una lettera al Cavour contenente un ultimatum
al disarmo ed allo scioglimento dei con- tingenti militari al Piemonte. Seguì, tre giorni dopo, il netto rifiuto di Torino. Giunse così la dichiarazione di guerra da parte dell’Austria. Napoleone III reagì, schierandosi a fianco dell’alleato piemon- tese contro l’Austria ed inviando in Pie- monte dieci divisioni armate. Era la tanto desiderata guerra del 1859!
Nigra era a Torino incaricato della “Direzione d’Affari d’Italia”, si recò quindi al Quartier Generale dell’Armata Francese, incaricato di occuparsi dei rap- porti amministrativi con l’armata france- se.
Il 15 maggio Nigra s’incontrò ad Alessan- dria con Napoleone III che si stava av- viando al campo di battaglia. Il 4 giugno ci fu la vittoria di Magenta, il 10 giugno il Re e l’Imperatore vennero accolti da rei- terati applausi alla Scala di Milano. Il 24 giugno si riprese l’offensiva ed a Solferi- no ebbe luogo una delle battaglie più cruente della storia di tutte le guerre, con 30 mila caduti e 10 mila feriti sui campi di battaglia. L’8 luglio i capi di Stato Maggiore austriaco e francese s’incontra- rono a Villafranca per discutere le condi- zioni dell’armistizio.
Villafranca e le sue conseguenze Napoleone III e Francesco Giuseppe s’in- contrarono il 9 luglio a Villafranca nella casa del Conte Gandini Morelli per discu- tere le condizioni della pace.
Cavour ebbe notizia dell’armistizio a To- rino tramite un telegramma dell’8 luglio a firma del Principe Gerolamo Napoleone e del Generale La Marmora e partì con Ni- gra per Monzambano la mattina del 9; vi giunsero verso mezzanotte e si presenta- rono al Re.
Vittorio Emanuele II incontrò Napoleone III la sera dell’11 luglio a Valeggio e fir- mò a Verona i preliminari con l’Imperato- re d’Austria, dopo Napoleone III, aggiun- gendo la frase: “per ciò che mi riguarda”. Consegnò poi a Nigra una copia dei preli- minari e proseguì per Monzambano dove l’attendeva Cavour.
Nigra fu presente al tempestoso colloquio tra Vittorio Emanuele II e Cavour, al ter- mine del quale Cavour rassegnò le sue
dimissioni dal ministero. Il Re accettò le dimissioni ed incaricò il Generale La Marmora di formare un nuovo esecutivo. A fine del 1859 il Re nominò Cavour primo Plenipotenziario per la Conferenza di Pace di Parigi, Nigra ebbe la nomina di Capo di gabinetto il 27 novembre dello stesso anno.
Intanto a Parigi il Conte Walewski venne sostituito con il Conte Thouvenel. All’an- tivigilia di Natale, Cavour venne richia- mato a guidare il governo e s’incontrò con Vittorio Emanuele II, che non aveva più visto dopo il drammatico colloquio di Monzambano. Erano passati sei mesi.
1860
Il 7 febbraio 1860, Nigra venne nominato Ambasciatore a Parigi: da quel momento egli rappresentava ufficialmente il Regno di Sardegna in Francia. A Parigi, Nigra fece base all’Hotel Bristol in Place Ven- dome. Incontrò subito il Principe Gerola- mo Napoleone ed il nuovo Ministro fran- cese Thouvenel, assai meno difficile ed ostico del suo predecessore Walewski. Il 13 febbraio Nigra incontrò Napoleone III. Sul tappeto vi erano importanti questioni da discutere: la cessione di Nizza e della Savoia e le annessioni nell’Italia Centrale. A Parigi, Nigra, su suggerimento di Ca- vour, frequentò assiduamente il salotto della Contessa di Circourt, ritrovo di per- sonaggi famosi di tutte le nazionalità, utile per conoscere gente di altissimo li- vello sociale, tra cui i banchieri Ro- thschild. Intanto continuavano i negoziati politici che dovevano portare alle trattati- ve di pace. Nigra incontrò anche la Prin- cipessa Clotilde ad un ballo in maschera nel palazzo del Conte Fould. Un punto particolarmente delicato era quello della Toscana e della sua annessione.
Il 25 marzo Nigra venne ufficialmente nominato Ministro Residente a Parigi. Aveva all’epoca solo trentadue anni! Contemporaneamente, su richiesta di Na- poleone III, l’Austria sostituì il proprio ambasciatore a Parigi. Al posto dell’anti italiano barone Hubner giunse il Principe di Metternich con la consorte Paolina, che si conquistò le simpatie della Corte e del
L'armistizio di Villafranca pone bruscamente fine alla seconda guerra d'indipendenza che frutta al Piemonte la Lombardia. A Parma, Modena, in Toscana ed in Romagna i governi provvisori reclamano l'annessione al Piemonte che nel marzo del 1860 viene sancita dai plebisciti.
Nell’immagine un reperto del Museo del Tricolore di Reggio Emilia: una coccarda tricolore con la scritta “annessione”, prodotta subito dopo la prima guerra d’indipendenza
Corpo Diplomatico accreditato alla Corte francese.
Mentre Garibaldi partiva per la conquista del Sud, nella notte tra il 5 ed il 6 magio 1860, a Parigi l’intera vicenda veniva seguita senza grandi emozioni. Nigra par- tecipava alla brillante vita di Corte, che era un susseguirsi di feste e di ricevimen- ti, stupendi balli in maschera, partite di caccia a Compiègne ed a Fontainebleau. Egli non era insensibile al fascino femmi- nile e le donne non erano insensibili al fascino che la sua figura di uomo e di diplomatico irradiava. Frequentava il sob- borgo parigino di Beaujou dove alcune bellissime giovani donne dell’alta società ricevevano l’elite maschile per feste più spregiudicate di quelle di Corte.
Teano
Per arrivare ad accattivarsi le simpatie dell’Imperatrice Eugenia, importante per la causa italiana, Nigra cominciò a con- quistare tutto l’entourage dell’Imperatri- ce. Egli aveva conoscenze nel mondo della finanza dov’era stato introdotto da- gli amici banchieri Rothschild.
Ai primi di maggio del 1860 anche l’Im- peratrice Eugenia sembrò meglio disposta verso l’Italia.
Nigra conobbe a Parigi, nel salone della Contessa di Circourt, la giovane e bella ventiquattrenne svizzera Adele d’Affry, già vedova di don Carlo Colonna, Duca di Castiglione Altibrandi, che frequentò as- siduamente nei momenti di libertà dagli impegni di lavoro e mondani e con la quale mantenne un’amicizia lunga e sin- cera. La bionda, bella e regale giovane Adele fu per Costantino un autentico col- po di fulmine. Condivideva con lei l’amo- re per l’arte che li legava spiritualmente. Nigra la introdusse, come artista, nel mondo incantato della Corte di Napoleo- ne III.
Nell’agosto del 1860 Nigra dovette occu- parsi, su incarico di Cavour, anche di una questione delicata che riguardava la con- dotta libertina del principe Gerolamo Na- poleone. Ebbe un lungo colloquio con la Principessa Clotilde che seppe essere sempre fiera e, pur vivendo tra incom- prensioni e sofferenze, non lasciava tra- sparire dolore o gelosia.
Mentre, dopo il ritiro del Re di Napoli a Gaeta, dopo il settembre 1860, Garibaldi sembrava intenzionato a marciare su Ro- ma, Parigi richiamava il suo ambasciatore a Torino, per protesta, ed anche Nigra fu richiamato il 21 settembre, non senza però chiedere un’udienza di commiato all’Imperatore, che gli fu accordata il 26 settembre 1860.
Napoleone III era rammaricato della rot- tura diplomatica e salutò Nigra con un caloroso “Au revoir, mon cher Nigra!”
L’intermezzo napoletano
Il 26 ottobre 1860 ci fu l’incontro di Tea- no tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi. Il 26 dicembre 1860 Cavour nominò Nigra “Inviato straordinario e Ministro Plenipo- tenziario per le Regioni del Sud Italia” dove il Principe di Carignano svolgeva il ruolo di reggente.
Nigra era “segretario Generale della Luo- gotenenza”, che in sostanza significava governatore di quelle province. Giunse a Napoli con il Principe di Carignano il 28 gennaio ed nei quattro mesi durante i qua- li rimase a Napoli incontrò grandi diffi- coltà di ogni ordine a causa degli abusi e del disordine amministrativo indescrivibi- le. Poi, allorché il Principe di Carignano rinunciò al suo incarico e fu sostituito, anche Nigra ritornò a Torino. Durante la sua permanenza a Napoli, Cavour incari- cò Nigra di avviare delle trattative di ri- conciliazione con la Chiesa, dopo l’an- nessione dei territori pontifici.
Al suo ritorno da Napoli, Nigra ricevette l’insegna di Grande Ufficiale dell’Ordine Mauriziano.
La morte di Cavour L’improvvisa morte del Conte di Cavour avvenuta il 6 giugno 1861 privò Nigra del suo maestro e del suo sostenitore.
Nel novembre del 1861, Nigra dette le dimissioni dalla Massoneria, associazione nella quale era entrato negli anni cinquan- ta su presentazione di Cavour. Egli rima- se a Torino al Ministero degli Esteri, in attesa di nuovi incarichi. Con la ripresa dei rapporti diplomatici con la Francia, alla fine di luglio del 1861, Nigra riprese
il suo posto di Ambasciatore a Parigi, e fu accolto calorosamente a Corte, nel mondo finanziario ed in quello diplomatico.
La gondola
Nel parco imperiale di Fontainebleau, per effettuare romantiche e sentimentali e- scursioni sul lago venne fatta arrivare, grazie all’intervento della Legazione Ita- liana, una gondola a sei posti, guidata da un autentico barcaiolo di Venezia al quale l’Imperatrice Eugenia chiese di cantare una canzone. Dato che il gondoliere non aveva né voce né repertorio, Nigra si of- ferse di comporre una canzone. Nacque così, due giorni dopo, la “gondola” che alla sera, al chiaro di luna, lo stesso Nigra declamò.
I versi della poesia vennero dedicati da Nigra all’amica Adele Castiglione Colon- na, che aveva partecipato all’indimentica- bile serata. “La gondola” conteneva chia- re allusioni alla povera città di Venezia, ancora irredenta.
“ Me battezzò dell’Adria l’irata onda marina, me la fatal Regina dei Dogi a te inviò.
Ire, speranze e lagrime d’un popolo infelice, o bionda Imperatrice,
innanzi a te porrò.
….
Donna, se a caso il placido tuo lago, a quando a quando teco verrà solcando
il muto Imperator, digli che in riva all’Adria povera, ignuda, esangue geme Venezia e langue
ma è viva…e aspetta ancor.”
Per allietare i pranzi di Compiégne, offer- ti dalla famiglia imperiale, il 19 dicembre Nigra fece giungere da Torino un cesto con una trentina di splendidi tartufi delle Langhe, che donò all’Imperatrice Eugenia con una lettera d’accompagnamento nella quale dava consigli gastronomici sull’uso degli stessi.
La Convenzione di Settembre Nigra fu molto impegnato dal momento del suo ritorno a Parigi fino al 15 settem- bre 1864, allorché appose la propria fir- ma, per conto dell’Italia, alla famosa “Convenzione di Settembre” con cui la Francia s’impegnava a ritirare le sue trup- pe da Roma, pur rimanendo la città nelle mani del Papa. L’Italia, per ottenere il graduale ritiro da Roma delle truppe che la Francia teneva in presidio, si obbligava ad impedire con la forza qualsiasi attacco conto il territorio pontificio. La Conven- zione fu firmata il 15 settembre 1864.
Ai primi di ottobre del 1865, Nigra orga- nizzò la visita a Parigi del Principe Um- berto. Sul piano internazionale stava e- mergendo la figura di Bismarck che cer- cava, in caso di guerra tra Prussia ed Au- stria, la neutralità da parte di Napoleone III.
Nel 1865 Nigra tornò in Italia in seguito all’improvvisa morte del padre, scompar- so il 12 luglio 1865, all’età di ottant’anni.
ne la cessione di Venezia, solo dopo avere fatto con- quiste sicure ed equiva- lenti in Germania, cioè pensava alla Slesia Prus- siana.
La questione di Venezia si risolse con lo scoppio della guerra del 1866, inizialmente tra Austria e Prussia, alla quale s’ag- giunse la dichiarazione di guerra dell’Italia il 20 giugno contro l’Austria. La guerra si concluse il 2 ottobre con la cessione del Veneto dall’Austria a Napoleone III, che a sua volta, lo girò all’Italia.
Il 7 dicembre Re Vittorio Emanuele II entrò trion- falmente a Venezia.
Dal 1866 al 1870
Nel 1866 Nigra fu colpito da un altro lutto: la morte della madre alla quale egli dedicò una delle sue composizioni poetiche più delicate.
Alla fine del 1867 la vita diplomatica assunse aspet- ti più tranquilli, permet-
Monumento a Re Vittorio Emanuele II nel palazzo del Municipio di Torino
La questione di Venezia
La questione di Venezia era sempre og- getto di interesse e s’inseriva nel com- plesso gioco della diplomazia europea tra Austria, Prussia, Francia ed Italia. Nigra, che aveva conosciuto Bismarck sin dai tempi della sua prima missione parigina, lo rincontrò all’inizio degli anni sessanta e ne intuì le doti, poi si rividero a Parigi nel novembre del 1865 e Nigra gli espres- se il parere che le politiche di Prussia ed Italia avrebbero dovuto correre parallela- mente, trovando il consenso di Bismarck. Dato che l’Austria non avrebbe ceduto le Venezie se non in seguito ad una guerra, Nigra si rese conto che era necessario che l’Italia si preparasse a questa eventualità, approfittando del momento in cui l’Au- stria si sarebbe trovata tra due fuochi: quello sul fronte prussiano e quello sul fronte italiano.
Ma la Francia osteggiava la guerra che la stessa Austria scongiurava. Napoleone III avrebbe voluto risolvere la questione del- le Venezie con un Congresso, tuttavia ai primi di giugno del 1866 l’Austria fece sapere che avrebbe preso in considerazio-
tendo agli ambasciatori una maggior par- tecipazione alle feste ed alla vita di socie- tà. Nigra, a quell’epoca frequentò il salot- to di Juliette Lambert Adam, praticò la caccia, spesso invitato dal Principe Gero- lamo Bonaparte, frequentò uomini d’affa- ri, poeti e romanzieri da Balzac a George Sand, da Dumas a Flaubert, e la tenuta dei Rothschild a Rambouillet.
A primavera del 1866 Nigra fondò, con l’approvazione dell’Imperatore, la Società di Beneficenza che aveva lo scopo di so- stenere gli italiani esuli e diseredati.
Un’altra personalità che Nigra frequentò era la Principessa Matilde, sorella del Principe Gerolamo Napoleone, aperta- mente filo italiana, recandosi spesso nella sua residenza di campagna a Saint Gratin. Matilde si contrapponeva all’Imperatrice Eugenia, strenua sostenitrice del potere temporale del Papa. I rapporti italo- francesi erano sempre condizionati dalla “questione romana” e Nigra si recò nell’- ottobre 1867 ad incontrare Napoleone III a Biarritz.
Nel 1869, trovandosi a Baden Baden, Nigra ricevette l’invito del Re di Prussia, Guglielmo I, che si trovava a Karlsruhe,
che volle sondarlo sulla eventuale inten- zione di Napoleone III di fare guerra alla Prussia.
Sempre nel 1869, Nigra fu incaricato di ripartire tra la Francia e l’Italia le spese relative ai lavori del traforo del Monceni- sio e di dirimere, con le altre potenze eu- ropee, la vertenza tra la Grecia e l’Impero Ottomano. Trovò anche il tempo di com- pletare una ricerca su un codice del seco- lo IX, conservato nella biblioteca dell’U- niversità di Torino. Si trattava di un com- mentario all’Evangelo di San Marco, nel- la lingua dei Celti quando invasero l’Italia settentrionale.
La situazione internazionale si fece pre- occupante nel luglio del 1870, quando giunse la notizia che il Principe Leopoldo di Hohenzollern aveva accettato l’offerta al trono di Spagna. Il 19 luglio la Francia dichiarava guerra alla Prussia.
Nigra tentò di compiere un’azione di con- ciliazione e di moderazione, ma i suoi sforzi risultarono vani. Intervenne tuttavia per scongiurare un intervento militare italiano a fianco della Francia, motivan- dolo con la nostra lontananza dai campi
di battaglia e con l’impreparazione del nostro esercito.
Questa posizione intransigente non gli venne perdonata da Re Vittorio Emanuele II, che da buon padre, era in ansia per la sorte della figlia, la Principessa Clotilde, che faceva ormai parte dei destini della famiglia imperiale francese, ma Nigra si era reso conto che un intervento italiano sarebbe stato per l’Italia un suicidio inuti- le anche verso la Francia.
La fine del Secondo Impero
La sconfitta di Sedan del 4 settembre del 1870 segnò la fine del Secondo Impero francese. Questo improvviso mutamento dello scenario permise all’Italia, previo il ritiro delle truppe francesi da Roma, di fare occupare la Città Eterna dalle truppe del generale Cadorna e di conquistare la città, ponendo fine al potere temporale dei Papi.
A seguito della disfatta di Sèdan, l’Impe- ratrice Eugenia aveva assunto a Parigi la reggenza e la sua situazione si faceva difficile sul piano della sicurezza perché domenica 4 settembre i parigini avevano invaso il Parlamento e disperso il Corpo Legislativo, mentre la folla tumultuava sotto le finestre delle Tuileries, dove si trovava l’Imperatrice.
Fu lo stesso Nigra, insieme all’Ambascia- tore d’Austria a Parigi, Riccardo di Met- ternich, che misero in salvo l’Imperatrice. Non potendo farla uscire in pieno giorno dai cancelli delle Tuileries, contro i quali si accalcava la folla, le fecero attraversare gli appartamenti interni del Louvre che, attraverso l’intero edificio, giungevano alla Piazza Saint Germain Auxerrois, an- ch’essa gremita dalla folla, ma meno vigi- lata. L’Imperatrice prese il braccio di Metternich, mentre Nigra offrì il suo alla fedele dama di compagnia, Madame Le- breton, in modo che le due donne, protet- te dal velo che copriva i loro volti, si av- viarono, in compagnia di Nigra e di Met- ternich, sulla piazza di Saint Germain. Metternich fermò un fiacre mentre l’Im- peratrice si avvicinò a Nigra dicendogli: “Prendete il mio braccio, vi accorgete che sto tremando?” Solo un ragazzino la rico- nobbe, ma Nigra ebbe la presenza di spi- rito di spingerlo da parte dicendogli con fare disinvolto se quello gli pareva un luogo da Imperatrici, in modo che egli non potesse dare l’allarme e le due donne poterono così salire sulla carrozza salva- trice.
L’Imperatrice Eugenia, grazie alla prote- zione dell’amico dottor Evans, s’imbarcò il 7 settembre su uno yacht diretto al por-
to inglese di Hastings, in Inghilterra.
Il 5 settembre aveva lasciato Parigi anche la Principessa Clotilde, ostentando le livree della casa regnante, su una carrozza scoperta, rispettosa- mente salutata dalla folla che si apriva al suo passaggio.
Nigra rimase a Parigi quale Ministro Plenipotenziario ancora sei anni, anche per non dare adito al sospetto di essere stato, anziché il rap- presentante dell’Italia, l’a- gente dell’Imperatore Napo- leone III.
Ai primi di gennaio del 1873 giunse la notizia della morte di Napoleone III, in una villa a Chislehurst, una cittadina inglese nei pressi di Londra. Nel 1873, Nigra venne anche in Italia, a Castellamonte, dove ebbe modo di coltivare la sua passione letteraria e di proseguire la raccolta dei canti popolari del Piemonte.
Ambasciatore a San Pietroburgo
Nel 1876, con l’avvento del governo della Sinistra di Agostino Depretis, il Re Vitto- rio Emanuele II impose al Nigra il trasfe- rimento dall’Ambasciata di Parigi a quel- la di San Pietroburgo. Il Re aveva agito su pressioni del genero, Principe Gerola- mo Napoleone, che aveva accusato Nigra di non avere fatto il possibile per convin- cere il governo italiano ad allearsi con la Francia nella guerra del 1870.
Nel giugno del 1876 Nigra lasciava Parigi per San Pietroburgo. Prima di raggiunge- re la sua nuova destinazione, si fermò, ai primi di luglio, ad Ems, dove si trovava l’Imperatore Alessandro II, che lo invitò a pranzo. Il giorno dopo arrivò nella locali- tà termale tedesca anche l’Imperatore Guglielmo I di Prussia, zio dello Zar, per fare visita all’augusto nipote e s’incontrò anch’egli con Nigra.
Giunto via mare a San Pietroburgo, Nigra prese possesso, qualche giorno dopo il suo arrivo, della Legazione Italiana che si trovava in Quai de la Cour, e ne conobbe i componenti. Venne poi presentato al- l’Imperatore per l’udienza di accredita- mento ed ebbe, nell’occasione, un collo- quio di venti minuti con lo Zar. Il 20 di- cembre, partecipò alla cerimonia di o- maggio dei diplomatici accreditati, alla quale seguì il 19 gennaio 1877, il sontuo- so ricevimento imperiale. Gli anni tra- scorsi da Nigra a San Pietroburgo furono anni di grande serenità e di tranquillità caratterizzati da pochi impegni diplomati- ci, in modo che egli ebbe molto tempo da dedicare ai suoi studi letterari ed alle bat- tute di caccia. Nigra riprese così la raccol- ta dei canti popolari del Piemonte che aveva iniziato nel lontano 1854 e comple- tò in quegli anni il carme “La Rassegna di Novara”, alla cui stesura lavorava già da dieci anni e che fece pubblicare a sue spese, a beneficio della “Società degli Ossari di San Martino e Solferino”, a ri- cordo del grande Re Carlo Alberto e dei suoi valorosi soldati caduti nella campa- gna del 1849. Questo poemetto di 234 versi sciolti fu pubblicato per la prima volta nel 1875, ebbe un grande successo editoriale, fu tradotto anche in russo e recitato in molti circoli, teatri ed accade- mie militari.
È una specie di leggenda epica, di storia e fantasia, nella quale Nigra immagina che ogni anno, alla vigilia dei Morti, Carlo Alberto sorga a mezzanotte dal suo sepol-
San Pietroburgo: museo dell’Ermitage
cro di Superga “appoggiato sulla lunga spada”, e d’intorno a lui accorrano i suoi capitani caduti nelle patrie battaglie. Il Sovrano sale quindi in groppa al suo can- dido destriero di guerra, e scende giù a corsa dal colle con i suoi compagni, fin- ché giunge sul campo di Novara ed ivi passa in rassegna i morti guerrieri. Con particolare precisione vengono enumerate le schiere che via via s’avanzano e passa- no, mentre il Re si pianta immobile nel vallo: prima i Carabinieri, “del Re custodi e della legge”, poi i Bersaglieri, condotti da La Marmora, le Guardie, i 18 Reggi- menti di Fanteria, i 6 di Cavalleria, le Guide, l’Artiglieria, comandata dal Duca di Genova. Passano ordinati e rapidi, co- me solevano viventi, finché sorgono in cielo “i primi albori della fredda aurora”. Allora,
“ A poco a poco
si spopolano cavalli e cavalieri e all’incerto crepuscolo confusi
van balenando in bianche righe i nudi scheletri.
Ancor palleggiano le lancie
le scarne destre e librano i fucili. Premon gli acuti femori le vuote
italiano dell’elegia di Puskin intitolata “Il Profeta”, considera- ta ancora oggi la migliore tradu- zione in italiano di questa poe- sia.
Nigra ritornò nei periodi di con- gedo più volte in Italia, passando per Parigi, per curare i propri affari. Ritornò poi in Italia, per partecipare alle esequie a Roma di Re Vittorio Emanuele II, mor- to il 9 gennaio 1878.
A Parigi aveva conosciuto, negli ultimi anni della sua permanen- za, l’affascinante Contessa Eli- sabetta de Margarit Albrizzi ed aveva, da San Pietroburgo, inva- no, tentato di stabilire con lei una corrispondenza, negli anni ottanta finalmente riuscì a rista- bilire i contatti con l’amica Con- tessa Elisabetta Albrizzi, con la quale intrattenne uno scambio epistolare.
Nigra era in fitta corrispondenza anche con il fratello Michelan- gelo, che si occupava dei proble- mi di famiglia e dei rapporti con il figlio di Costantino, Lionello,
La Regina Vittoria in un ritratto giovanile
equine coste; e sotto ai radianti elmi s’infoscan le scavate occhiaje; insolito clangor metton le tube imboccate dall’aride mascelle, come squillo d’Arcangelo.
Col Brando
l’ombra regal dà l’ultimo saluto alle spente falangi e si dilegua nei primi raggi del nascente sole”
Alla funerea rassegna non sono presenti solo i segnati dalla bianca croce savoiar- da, ma vi assistono in un drappello a sé “vario d’ordine e d’armi e di divise”, quanti pugnarono e caddero per la Patria, quanti per lei morirono sul patibolo e nel- le carceri: i martiri dello Spilberg, i difen- sori di Venezia e di Roma, i Caduti di Curtatone, i vincitori in Sicilia e sul Vul- turno, le vittime delle Cinque Giornate. Anch’essi, qualunque fosse la fede che nutrirono, piegano le loro insegne a salu- tare il Re Sabaudo perché “ormai uno è il vessil dall’ultima Alpe all’Etna”.
Nigra approfondì anche la conoscenza degli scrittori e dei poeti russi, attirato soprattutto da Puskin, anche perché di lui a San Pietroburgo, aleggiava ancora un alone emotivo dovuto alla sua prematura e tragica scomparsa avvenuta nel 1837. Nigra, che conosceva il russo, ne apprez- zò i componimenti e fece la traduzione in
al quale Costantino inviava, tramite Mi- chelangelo, l’appannaggio mensile, ma che con la sua vita sregolata deludeva il padre anche perché tardava a laurearsi ed accumulava debiti.
Nigra utilizzava i congedi annuali estivi per curarsi dei malanni della salute, con- tratti a causa del clima freddo di San Pie- troburgo, alla stazione termale francese di Aix-les-Bains, in Savoia, sulle rive del lago di Bourget.
Nel 1882 finalmente Lionello si laureò, ed il governo decise di trasferire Nigra da San Pietroburgo a Londra.
Ambasciatore a Londra
Nigra lasciò San Pietroburgo a malincuo- re, perché in quegli anni trascorsi nella città degli Zar aveva avuto una cordialis- sima accoglienza, nessuna difficoltà poli- tica, ottime relazioni ufficiali.
Re Umberto I volle concedere al Nigra, in segno di gratitudine per l’opera svolta, il titolo di Conte con decreto motu proprio in data 21 dicembre 1882. Fresco del suo nuovo titolo nobiliare, Nigra si insediò nella sua nuova Ambasciata di Londra a fine 1882, in Queen’s Gate 35.
Ai primi di maggio del 1883 tuttavia Ni- gra ritornò in Russia, a Mosca, per rap- presentare l’Italia all’incoronazione del nuovo Zar Alessandro III, succeduto al
padre Alessandro II, ucciso in un attenta- to terroristico nel marzo del 1881.
Una delle prime cose che Nigra fece in Inghilterra, fu quella di recarsi a fare visi- ta all’Imperatrice Eugenia, che non incon- trava da una decina d’anni, nella sua resi- denza di Chiselhurst, nella Contea di Kent.
Dato che anche il clima di Londra, con le sue nebbie, non favoriva i malanni bron- chiali di Nigra, egli si recava spesso a Parigi, dove ritrovava le sue amicizie ed incontrava la Contessa Elisabetta Albriz- zi, con la quale si era legato sentimental- mente.
Gli impegni diplomatici a Londra erano per Nigra assai maggiori di quelli a San Pietroburgo.
Egli seguiva epistolarmente le vicende del figlio Lionello, che era divenuto inge- gnere minerario ma che aveva effettuato investimenti sbagliati.
Nel gennaio del 1883, forte del suo titolo di Conte, Nigra chiese ed ottenne un’u- dienza privata dalla Regina Vittoria. Il 16 gennaio 1883 la Regina lo ricevette nella sua residenza di Farnborough Hill e l’in- trattenne amabilmente.
Da Londra, Nigra si occupò delle gestio- ne delle proprietà familiari ed acquistò il castello adiacente alla villa paterna a Ca- stelnuovo, di proprietà dei Conti di San
Martino. Venne a conoscenza, con grande dolore, del matrimonio effettuato in se- greto da suo figlio Lionello il 17 novem- bre 1884 con una giovane della Valchiu- sella, Teresina Martin Perolin. Gli sposi si stabilirono nella villa della madre Eme- renziana Vegezzi Ruscalla, sulla collina di Torino.
Nel 1885 Mancini offrì a Nigra l’opportu- nità di ricoprire la carica di Ministro degli Esteri, ma Nigra, ormai lontano dall’Italia da oltre ventisette anni, declinò la presti- giosa offerta. Il posto di Ministro degli Esteri venne ricoperto da Carlo Felice Nicolis, Conte di Robilant, che aveva, fino a quel momento, la prestigiosa carica di Ministro Plenipotenziario italiano a Vienna.
Fu così che Re Umberto I, in accordo con il neo Ministro del Esteri di Robilant, offrì a Nigra il trasferimento alla sede diplomatica più prestigiosa del momento: Vienna, rimasta vacante. Pur lasciando Londra a malincuore, Nigra si sentì grati- ficato per la nomina nella prestigiosa sede di Vienna, che costituì per lui un forte richiamo al quale non seppe resistere. Dobbiamo ricordare che il 20 maggio 1882 l’Italia aveva sottoscritto con l’Au- stria e con la Germania, a Vienna, il Patto della Triplice Alleanza, proprio tramite il Ministro Plenipotenziario Carlo Felice di Robilant, patto che ci legava agli Imperi Centrali.
L’Ambasciata italiana a Vienna era situa- ta a Palazzo Pallfy, in Josefplatz 1.
Nigra fu ricevuto per gli auguri del Capo- danno del 1886 con gli altri ambasciatori dall’Imperatore Francesco Giuseppe. Vienna era all’epoca la capitale mondiale della diplomazia e per Nigra erano fre- quenti i viaggi di lavoro per le riunioni annuali a livello europeo dei corpi diplo- matici, tra i quali ci fu una seduta delle Delegazioni a Budapest con uno sfarzoso ballo al castello di Buda alla presenza dello stesso Francesco Giuseppe.
Dotato di notevoli mezzi economici, Ni- gra fece molti investimenti nella sua terra natale; fece costruire la tomba di famiglia a Villa Castelnuovo, fece restaurare la casa paterna per suo figlio Lionello. Il 25 marzo 1893 ebbe il grande dolore causato dalla morte dell’amato fratello Michelan- gelo e fece erigere una cappella mortuaria che raccogliesse le sue spoglie accanto a quelle dei suoi genitori, donò una somma di denaro ai suoi nipoti. Continuò ad inte- ressarsi di letteratura.
Si occupò, su incarico di Re Umberto I delle pratiche relative al matrimonio del
Principe ereditario Vitto- rio Emanuele con la Prin- cipessa Elena del Monte- negro, sondando la di- sponibilità all’unione dei genitori della futura spo- sa, i Principi del Monte- negro.
Non era del resto la pri- ma volta che Re Umberto I si rivolgeva a Nigra per una questione matrimo- niale. Già nel 1892 quan- do si era profilata l’even- tualità di un matrimonio tra il Principe Vittorio Emanuele e la Principes- sa Maud di Galles il So- vrano era ricorso alle doti diplomatiche di Costanti- no Nigra, persona tenuta in altissima considerazio- ne da Re Umberto I per la profonda competenza negli affari internaziona- li. Nigra aveva fatto pres- sioni sulla diplomazia vaticana a seguito delle quali papa Leone XIII aveva accettato di ricono- scere la validità del matri- monio, purchè dopo la
Principessa si fosse convertita al cattoli- cesimo.
Tuttavia nonostante le insistenti manovre di Nigra in favore dell’unione con la Principessa Maud, il progetto si arenò perché la Regina Margherita, più intransi- gente dello stesso pontefice, aveva e- spressamente richiesto che la futura nuora si fosse convertita prima del matrimonio, mentre la Casa Reale inglese avrebbe acconsentito all’abiura solo dopo le noz- ze. L’azione diplomatica di Nigra nella vicenda delle nozze tra Vittorio Emanuele ed Elena del Montenegro è testimoniata dal carteggio intercorso tra lo stesso Ni- gra e Re Umberto I.
Il primo atto di questo carteggio è un di- spaccio segreto, in linguaggio cifrato, che Umberto I inoltrò, dalla reggia di Monza, alle 17.25 del 25 giugno 1896 a Costanti- no Nigra, ambasciatore d’Italia a Vienna, città dove si trovava Nicola del Montene- gro, di ritorno dalle celebrazioni per l’in- coronazione di Nicola II. Il dispaccio di- ceva: “Principe di Napoli a Mosca ha trovato molto simpatica principessa Elena del Montenegro e desidererebbe sposarla. Regina ed io approviamo questo progetto di matrimonio. Principe di Montenegro
Re Umberto I
trovandosi Vienna, bisognerebbe sapere se questo matrimonio corrisponda alle idee della Principessa Elena innanzi tut- to, e poi alle sue. Ci sembrerebbe neces- sario che la conversione della Principessa alla religione cattolica preceda il matri- monio; se la cosa si presentasse altrimenti si potrebbe suscitare degli imbarazzi che comprenderete perfettamente; bisogne- rebbe dunque sondare anche su questo punto importante il Principe prima della sua partenza, senza tuttavia farne una questione sine qua non. Non si tratta, be- ninteso, che di preliminari, il cui segreto deve essere assolutamente mantenuto dall’una e dall’altra parte. Se la soluzione sarà favorevole il principe si riserva di recarsi a Cettigne egli stesso per trattare direttamente il matrimonio . Voi, mio caro amico, avete tuta la nostra fiducia e vi prego perciò di accollarvi personal- mente questa missione molto delicata che assolverete, ne sono sicuro, con l’abilità e la devozione che ci avete sempre testimo- niato. Mille amicizie. Umberto.”
Nigra fu di una solerzia senza pari. La sua risposta giunse appena ventiquattro ore dopo. “Ho sondato il Principe del Monte- negro. L’ho trovato ben disposto a dare il
suo consenso e molto lusingato nell’ono- re. Le sue parole mostrano che la Princi- pessa Elena consentirebbe ugualmente. Il Principe desidera che si celebri il matri- monio e che la conversione abbia luogo più tardi. Ma io gli ho detto che la Princi- pessa non potrebbe entrare a Roma senza essere cattolica. Il Principe comprende questa necessità e mi ha lasciato capire che si presterebbe a tutti gli accomoda- menti possibili. Egli desidera che il Prin- cipe di Napoli vada a Cettigne, gradireb- be anzi che egli arrivasse ad Antivari il 9 luglio nostro stile. Siamo rimasti intesi che gli scriverei a Cettigne per informarlo se tale viaggio è possibile. Prego V.M. di telegrafarmi in merito in caso affermati- vo. Sarà bene che il Principe sia accom- pagnato da qualcuno che sia in grado di trattare con fermezza e competenza la questione della religione”.
Rispose il Re il 29 giugno: “Vi rivolgo innanzi tutto i miei ringraziamenti più vivi per il modo con cui avete così felice- mente iniziato e pressoché condotto a termine la negoziazione di cui avete voluto incaricarvi. Il Principe di Montenegro ha fissato una data e penso che non sarà difficile ritardarla di qualche giorno.
Quanto a designare una persona presso il Princi- pe di Napoli per regolare le condizioni del matri- monio, mio figlio non vuole, tanto più che il segreto potrebbe essere mantenuto ancora meno facilmente. Io divido il suo pensiero e vi prego, caro Nigra, di trattare voi stesso a fondo la questione della religione che tanto ci interessa. Mi urge ricevere la vostra risposta su questi due punti. Mille amicizie. Umberto.”
Manca la risposta del Nigra, ma dal successivo dispaccio del Re, il 4 luglio se ne arguisce facilmente la sostanza. “Vi ringrazio del succes- so che avete conseguito in merito al viaggio. Non afferro bene le idee del Principe di Montenegro che vorrebbe fare prece- dere il matrimonio ortodosso a quello cattolico. Ammettendo che la con-
versione si faccia dopo la pubblicazione ufficiale del matrimonio, risulterebbe che si celebrerebbe a Roma il matrimonio civile e religioso. Datemi il vostro parere e ditemi pure se sarebbe possibile, mal- grado le difficoltà che mi avete segnalato, di trattare ancora questo affare con il Principe del Montenegro, prima del viag- gio del Principe reale, cosa questa che mi farebbe un gran piacere e libererebbe mio figlio da una seria preoccupazione duran- te la sua visita. Vogliate intanto ripetere nel vostro prossimo telegramma le ultime frasi del precedente. Ancora grazie, mio aro Conte, e mille amicizie- Umberto.” Lo stesso giorno giunse la risposta del Nigra: “Le idee del Principe Nicola, così come mi pare di capire, sarebbero queste: egli non ritiene opportuno che sua figlia lasci la famiglia senza essere sposata; d’altro canto la celebrazione del matrimo- nio cattolico a Cettigne farebbe una catti- va impressione in tutto il mondo slavo. Malgrado ciò, ispirandomi con piacere al desiderio di Vostra Maestà, potrei scrive- re al Principe Nicola secondo le intenzio- ni di Vostra Maestà”.
Il 6 successivo Umberto avvertì Nigra che non poteva dargli nuove direttive, perché ancora la Regina non aveva espresso la sua opinione sul dispaccio. Replica Nigra informando che era opportuno proseguire le trattative con Cettigne per via di Brin- disi, perché la via tra Vienna e il Montenegro era lunga e le lettere rischiavano di venire aperte; questo perché Umberto aveva espresso il desiderio di rivolgersi direttamente a Nicola. Fra il 23 luglio e l’11 agosto il Re scrisse al Principe di Montenegro e ne ebbe risposta, di cui informò così il Nigra: “Desidero informarvi che il Principe di Montenegro ha risposto alla mia lettera nel modo più soddisfacente. Noi siamo d’accordo su tutti i punti. Vi ringrazio una volta ancora di tutti i vostri buoni uffici e dell’interesse che ci avete dimostrato. Molte amicizie. Vostro affezionato Umberto”.
Accordo su tutti i punti voleva dire prati- camente che il Principe Nicola del Montenegro aveva ceduto su tutti i punti: Ele- na sarebbe uscita di casa senza sposare ed avrebbe abiurato alla sua religione prima del matrimonio.
Nigra ai primi di giugno del 1892 aveva ricevuto da Re Umberto I la nomina a Grande Ufficiale dello Stato con il confe- rimento del Collare della Santissima An- nunziata, nomina che lo faceva diventare “cugino del Re”.
In questo periodo ebbe anche il tempo di completare il vocabolario dei termini val- dostani che pubblicò a sue spese, alla fine del 1896, e che comprendeva oltre mille- duecento vocaboli in puro dialetto valdo- stano.
Venne nominato Capo di Delegazione per l’Italia alla Conferenza fissata all’Aja per il luglio 1889, alla quale parteciparono ventisei paesi e che si svolse sotto la dire- zione dello Zar Nicola II.
Aveva nel frattempo acquistato una pa- lazzina sul Canal Grande a Venezia, sul rio Marin, già appartenente al Conte di Bardi della Casa Ducale di Parma, per poter stare vicino alla donna che divenne la compagna ideale della sua maturità e con la quale aveva una relazione che du- rava ormai da diversi anni, che da sempli- ce amicizia, si era trasformata in un rap- porto più intimo: la Contessa Albrizzi.
Con lei Nigra divideva i momenti della sua permanenza a Vienna, entrambi si recavano nella dimora estiva della Con- tessa al castello di Enn, nel Tirolo, vicino a Bolzano o nella sua villa ad Este, vicino a Padova “Villa Elsa”.
A lei Nigra dedicò la prefazione della sua traduzione in poesia della Chioma di Berenice di Callimaco.
Nigra, a causa del suo matrimonio, non poté tuttavia sposare la Contessa Albrizzi né adottare le due figlie che lei aveva avute dal matrimonio con il Conte Albrizzi, morto prematuramente.
Nigra volle portare nella sua casa di Ve- nezia tutti gli oggetti ed i mobili che ave- va nella dimora parigina, tra i quali il bu- sto di Vittorio Emanuele II ed i ritratti di Cavour e dell’Imperatrice Eugenia, con il calco in marmo della sua mano sinistra, e la scrivania appartenuta a Napoleone I, avuta in dono dall’Imperatore Napoleone III. Il 4 dicembre 1899, Re Umberto I nominò Costantino Nigra Senatore a vita. A Vienna continuava la sua attività di ambasciatore tra le tante incombenze. Ma in città ferveva anche il divertimento. In occasione di un corso floreale al Prater di Vienna, organizzato dalla brillante Paoli- na di Metternich, Nigra, che vi partecipa- va con Maria Pansa moglie dell’amba- sciatore italiano a Budapest, aveva fatto allestire una carrozza ornata di tuberose, gardenie e violette di Parma, in onore della bella ambasciatrice nativa di quella città, ottenendo un grande successo. Nigra si recò poi a Brno, a visitare lo Spilberg, e prima di entrare nella fortezza morava volle trascrivere nel registro dei visitatori gli ultimi quattordici versi del carme che aveva composto in occasione della morte di Silvio Pellico, nel lontano 1854.
”...Oh! Benedette del Castel Moravo funeree grotte infami! Benedetto Spilbergo, espiatrice ara, custode delle implacate italiche speranze, circo di nuovi martiri, Calvario di nuove croci! In fondo al tenebroso carcere vive occulta, alimentata d’Italo sangue, l’inconsunta face che un dì risplenderà sulle redente città d’Ausonia. E nelle negre torri, vegliate indarno, al prigionier d’accanto, scolta dell’avvenir, messo dei cieli, formidabile arcangelo immortale, muta e non vista, Libertà si posa.”
Era solito effettuare battute di caccia con l’Imperatore, che un giorno lo convocò a Corte per annunciargli di avergli voluto regalare una piccola tenuta di caccia nei pressi di Vienna. A Vienna, Nigra compose una serie di poe- sie bucoliche che riunì sotto il nome di “Idilli”, nitidi e brevi quadretti di sapore agreste.
Nel 1902 fece parte del Consiglio direttivo dell’XI Conferenza Internazionale Europea, che si tenne a Vienna.
Il 2 gennaio 1904 Costantino Nigra fece visita alla Principessa Matilde poco prima della sua morte, a Parigi, dove incontrò l’Imperatrice Eugenia che non vedeva ormai da molti anni e che vegliava la mo- rente. L’incontro fu l’occasione per rian- dare con la memoria agli anni dell’epopea parigina ed ai legami di forte amicizia e di stima reciproca che avevano unito Nigra e l’Imperatrice.
Nigra, ormai stanco, aveva chiesto al ministro Prinetti di essere collocato a riposo e dopo due anni di insistenza epistolare ottenne finalmente il congedo con decreto del 28 gennaio 1904.
Gli ultimi anni
Nigra potè così dedicarsi interamente ai suoi studi, all’attività di senatore e a curare i suoi reumatismi ed i malanni bronchiali. Fece visita, tornato in Italia, agli scavi di Pompei, trascorse un po’ di tempo nel sud, a Napoli, e nella primavera del 1904 si trasferì a Roma nella sua abitazione a Trinità dei Monti e poi a Venezia.
Nel novembre del 1904, Re Vittorio Ema- nuele III lo convocò a palazzo reale per consultazioni relative a problemi di politi- ca estera, fatto che lo riempì d’orgoglio. Nel periodo in cui soggiornava a Roma frequentava i salotti intellettuali della Contessa Lovatelli e di Donna Laura Minghetti, dove conobbe Carducci del quale era estimatore.
Trascorreva le estati a Venezia ove fre- quentò la più colta gentildonna di Vene- zia, la Contessa Adriana Marcello Zon, In qualità di senatore a vita partecipò alle sedute del senato inaugurali delle legisla- ture parlamentari. Nel 1867 aveva acquistato a Roma il villino Crispi a Trinità dei Monti, sua dimora per i soggiorni romani nel periodo invernale.
L’8 agosto 1900 ebbe il triste compito di commemorare a Vienna Re Umberto I. Nigra era coetaneo dell’Imperatore.
A Venezia, nell’estate del 1905, Nigra ebbe l’onore di ricevere la visita dell’Im- peratrice Eugenia, giunta nella città con il suo yacht e che era ospite dell’amica Contessa Anna Morosini. Nigra e l’Imperatrice trascorsero qualche giorno insieme ed egli le fece da guida nella città dei do- gi. Visitò poi molte altre località italiane anche per fare le cure termali.
Un ultimo grande onore lo ricevette quan- do Re Vittorio Emanuele III lo invitò, come padrino, al battesimo del Principe ereditario Umberto, nato a Racconigi nel 1904. Nel 1906 la sua salute peggiorò ancora e nel 1907 si ammalò seriamente, tanto che suo figlio Lionello si trasferì a Roma da lui.
Nell’estate del 1907 Nigra si recò a Rapallo nella cittadina del Tigullio fu breve. Nigra morì a Ra- pallo il primo lu- glio 1907 alle 2- 3.30, da tre setti- mane era entrato nel suo ottantesi- mo compleanno.
Quando il lume della sua anima si andava lentamente spegnendo, uno yacht attraccò a Rapallo ed un’Im- peratrice scesa dall’imbarcazione, salì a Villa Tigullio. Per evitare il lungo viaggio in tre- no, viaggiò in un vagone riservato da Ro- ma a Civitavecchia, dove s’imbarcò il 22 giugno 1907 su un’unità da guerra della Marina Militare Italiana, il cacciatorpedi- niere Elba, che lo portò a Rapallo.
A Rapallo, in suo omaggio, sventolava il tricolore sulla Villa Tigullio, dimora scel- ta per la sua residenza, mentre dalle navi si rispondeva all’omaggio con ventun tiri a salve da un cannone di bordo, com’era consuetudine per i decani del Corpo degli Ambasciatori ed i Collari dell’Annunziata. Dopo un breve saluto all’equipaggio, raggiunse Villa Tigullio, dove lo attene- vano il figlio Lionello e la nuora con il nipotino Costantino.
Da Venezia, una mano di donna, inviò un cuscino ricamato, che conteneva una ciocca di capelli fulvi, su cui fu appoggia- ta la testa di Costantino Nigra, addormentata per sempre.
I funerali di Costantino Nigra si svolsero a spese dello Stato a Rapallo il 4 luglio in mattinata. Intervennero il Duca di Udine in rappresentanza del Re, il ministro Tit- toni in rappresentanza del Governo e de- legazioni ufficiali di Camera e Senato giunte da Roma. Tra le personalità presenti il più volte ministro degli Esteri Emilio Visconti Venosta. Per espressa volontà dell’estinto resero gli onori militari sei plotoni di bersaglieri preceduti dalla fanfara del 4° Reggimento. Dopo il caro funebre, nettamente separato dal corteo che seguiva, c’era il fedelissimo maggiordomo Antoine recante un cuscino di velluto scuro su cui spiccavano il Collare dell’An- nunziata, il Gran cordone dei Santi Maurizio e Lazzaro, quello della Co- rona d’Italia e due medaglie della prima guerra d’Indipendenza alla quale Nigra aveva partecipato ventenne.
Al termine del rito religioso, celebra- to nella chiesa di San Francesco, il feretro venne deposto su uno speciale vagone ferroviario parato a lutto che giunse la sera stessa a Torino.
Da qui la salma proseguì in forma strettamente privata per Villa Castel- nuovo, paese natio di Nigra, dove fu tumulata nella tomba di famiglia che Costantino Nigra aveva fatto costruire, e nella quale già da tempo riposavano i suoi genitori e l’amato fratello Michelangelo.
Carlo Bindolini