COSTANTINO NIGRA SUI GRANDI TEMI DI POLITICA INTERNAZIONALE DI FINE OTTOCENTO
di Massimo Spinetti
1. Introduzione
Nel numero di dicembre 2011 della rivista tedesca “Deutsche Revue” apparve un articolo intitolato “Il Conte Nigra sulle questioni di politica internazionale – Ricordi e conversazioni di Sigmund Münz”.
L´autore era lo stesso scrittore e giornalista austriaco, che era vissuto vari anni in Italia, soggiornando a Roma, Milano e Venezia tra il 1885 ed il 1891. Era quindi diventato un esperto di questioni italiane e scrisse una serie di saggi sul nostro Paese quali "Aus dem Modernen Italien" (1889), "Aus Quirinal und Vatican" (1891), "Ferdinand Gregorovius und Seine Briefe an Gräfin Cætani-Lovatelli" (1896); "Italienische Reminiscenzen und Profile" (1898 e 1900), "Moderne Staatsmänner" (1901). Alcuni di tali libri furono editi in Austria ed altri in Germania. Verso la fine del 1891 Münz si stabilì a Vienna e collaborò con il "Neue Freie Presse", un importante quotidiano di ispirazione liberale-borghese, per il quale scrisse articoli sulla politica estera, specialmente sull´Italia.
E´ quindi naturale che Costantino Nigra, nella sua funzione di Ambasciatore del Regno d´Italia presso l´Impero Asburgico, abbia stabilito contatti con lui e sia entrato con lui in un rapporto di fiducia, che emerge dal contenuto dell´articolo. Che tale fiducia fosse ben riposta lo si evince dal fatto che l´articolo, consistente in ricordi di una serie di conversazioni confidenziali avute con il diplomatico italiano tra metà agosto 1895 e marzo 1897, è stato pubblicato solo a fine 1911, circa tre anni dopo la morte dell´intervistato, quando il suo contenuto non poteva più creargli imbarazzi.
Prima di riportare i contenuti delle conversazioni, Münz ricorda che Nigra, prima di assumere le funzioni di Ambasciatore a Vienna, era stato Ambasciatore negli altri punti nevralgici della politica europea e perciò conosceva una buona parte delle forze dominanti e delle personalità della politica mondiale. Ricorda che il nuovo Ministro degli Esteri in Russia, il Principe Lobanov, era suo amico personale dai tempi in cui era stato capo della missione diplomatica russa a Vienna, ma che aveva parimenti lavorato in stretto contatto con i due Ministri degli Esteri asburgici del momento, il Conte Kalnoky ed il conte Goluchowski. Münz conclude con la considerazione che il Conte Nigra era divenuto, dopo il ritiro del Principe Bismarck e del Conte Kalnoky dalla scena politica internazionale, la figura più esperta e storica della diplomazia della Triplice e che “non era certo secondo a nessuno tra i diplomatici della Triplice a saper giudicare i trascorsi con le sue vedute ad ampio raggio e gli scenari fattuali delle sue esperienze”. Münz conclude la parte introduttiva affermando che alcune di tali vedute “sono ancora attuali, sebbene da allora siano trascorsi molti anni e accaduti molti fatti. Alcune sono oggi superate, ma le fotografie del momento abbozzate dal conte Nigra possono mantenere ancora il loro valore attraverso l’interesse che suscita la personalità di statista di questo straordinario osservatore”.
2. La questione abissina e l´atteggiamento della Russia
Nell´agosto del 1895, quando ebbe luogo la prima conversazione confidenziale oggetto dell´articolo, si era all´indomani del ricevimento da parte del Ministro degli Esteri russo, Principe Lobanov, di una delegazione abissina. Tale visita si inquadrava nella politica di ricerca di aiuti che il Negus abissino Menelik II perseguiva per difendersi dall´imperialismo italiano, iniziato con l´occupazione di Massaua nel 1885 e che aveva poi esteso i suoi possedimenti prima alla fascia costiera fino a Assab, poi a varie località nell´entroterra, che portarono alla costituzione dell´Eritrea come colonia italiana, riconosciuta da parte abissina con il Trattato di Uccialli del 1889. Successivamente, a seguito di un intesa con l´Inghilterra, anche Cassala, situata in territorio sudanese e controllata dai Mahdisti, era stata annessa all´Eritrea.
Il testo italiano dell´articolo 17 del predetto trattato prevedeva che “Sua Maestà il Re dei Re d´Etiopia consente di servirsi del Governo di Sua Maestà il Re d´Italia per tutte le trattazioni di affari con altre potenze o governi”, istituendo in pratica un protettorato, mentre il testo in amarico si limitava a dare agli abissini tale facoltà. Il Capo del Governo italiano Crispi si affrettò a notificare la versione italiana del Trattato alle potenze firmatarie dell´Atto di Berlino dopo la Conferenza sull´Africa del 1884, provocando forte irritazione della parte abissina, che nel 1990 allacciò relazioni diplomatiche con l´Impero Russo e con la Francia, in maniera autonoma e senza darne preavviso all´Italia. Alle proteste di Roma, Menelik II replicò chiedendo una revisione del Trattato prima dei tempi stabiliti.
Ad aumentare la tensione era giunta l´invasione delle truppe italiane della regione di Tigrè, formalmente parte dell´Impero etiopico ma governata di fatto da un Ras locale. Quest´ultimo, fino ad allora nemico di Menelik, dopo essere stato sconfitto dagli italiani, aveva chiesto l´appoggio di quest´ultimo sottomettendosi a lui. Menelik sfruttò la contrapposizione di Russia e Francia alla Triplice ed all´Inghilterra per ottenere appoggi da Pietroburgo e Parigi, che di fronte alle rimostranze di Roma affermarono di non riconoscere il protettorato italiano ed il conseguente loro pieno diritto di mantenere relazioni con il Regno di Etiopia. La Russia inviò varie missioni in Etiopia, asseritamente scientifiche e religiose, alle quali fece seguito la fornitura di armi al Negus.
Da tenere presente che Pietroburgo era maldisposta nei confronti sia di Londra che di Roma anche per l´”Accordo Mediterraneo” firmato nel 1887 tra i due Paesi, che, oltre a prevedere l´appoggio reciproco rispettivamente sull´Egitto e la Tripolitania (quindi in chiave anti-francese), aveva anche una componente sgradita alla Russia laddove riaffermava la chiusura degli Stretti. Come se non bastasse, Russia e Inghilterra si erano trovati nel 1885, a seguito dell´avanzata russa in Asia centrale, fronte a fronte in Afghanistan, sul quale Londra esercitava una sorta di protettorato, e solo una divisione tra i due imperi delle terre oggetto si scontro aveva evitato la guerra.
Nigra disse nell´occasione: “Sicuramente la questione abissina riguarda più l’Inghilterra che l’Italia. Credo che l’Italia non scomparirebbe dalla carta geografica se fosse costretta a lasciare le coste del Mar Rosso. L’Italia in un certo senso sostiene la potenza inglese, la potenza in Africa di quell’Inghilterra che domina in Egitto ed in India. Agli interessi inglesi fece comodo più di un decennio fa che l’Italia andasse a Massaua. Le racconterò un episodio che getta luce sulla storia dell’occupazione italiana di Massaua e mostra l’interesse dell’Inghilterra nella stessa. Un giorno mi convocò il titolare del Foreign Office, Lord Granville, quando io ero Ambasciatore d’Italia a Londra, e mi pregò di telegrafare al Ministro degli Esteri Mancini che l’Inghilterra consigliava all’Italia di occupare Massaua. Poichè non volevo che l’Italia entrasse nell’avventura coloniale, aspettai tre giorni, prima di inviare una comunicazione alla Consulta. Questo fu in effetti un mio comportamento arbitrario. Avevo utilizzato i tre giorni per riflettere sui pro e contro. Poi non mi accontentai più di essere il semplice portalettere di Lord Granville, ma commentai nel mio rapporto a Roma la benevola offerta del Lord molto approfonditamente e consigliai alla fine un rigetto della stessa o almeno un rinvio della decisione definitiva. Ma Mancini, che era un politico sanguigno, si lanciò con avidità nell’avventura africana. Vede dunque che l’Italia è andata nell’interesse dell’Inghilterra sul Mar Rosso e se là ha esteso i suoi possedimenti fino a Cassala, questo è anche un interesse britannico, un interesse di quell’Inghilterra che domina in Egitto ed in India. Se la Russia ora si adopera per rendere difficile la vita agli italiani in Abissinia, ovvero appoggia il Negus contro l’Italia, le frecce che lancia agli italiani sono in effetti dirette verso il petto inglese. La Russia ha bisogno di una via marittima verso l’India e l’Asia orientale, per confrontarsi là con l’Inghilterra”.
“Nella Conferenza di Berlino sull’Africa nell’anno 1884 – continuò Nigra – furono stabilite le formalità che le potenze europee dovevano osservare in casi in cui acquisiscano nuovi possedimenti in Africa. Fu statuito che, nel caso intraprendano la conquista di nuovi possedimenti, devono notificarlo alle altre Potenze. E’ ora sufficiente che queste Potenze ne prendano atto per rendere effettivo il possedimento africano. Quando l’Italia concluse il Trattato di Uccialli lo portò a conoscenza della Russia, questa formulò dapprima osservazioni, che l’Italia regolò. Alla fine però la Russia non sollevò più obiezioni, cioè ne prese atto come le altre Potenze. Del resto a lode del Ministro Lobanov va detto che il ricevimento della delegazione abissina a Pietroburgo era previsto già prima che il Principe lasciasse il posto di Ambasciatore a Vienna per quello ministeriale...”.
Pochi mesi dopo il colloquio di Nigra con Münz, iniziò la battaglia dell´Amba Alagi tra l´Etiopia e l´Italia.
3. La questione bulgara
Nell´agosto del 1895, quando ebbe luogo la prima conversazione confidenziale oggetto dell´articolo, si era all´indomani dell’instaurazione in Bulgaria di un nuovo corso a favore della Russia e del ricevimento di una delegazione dal Consiglio Nazionale bulgaro a Pietroburgo.
Come è noto, il Principato di Bulgaria era un'entità autonoma creata come uno stato vassallo dell'Impero Ottomano dal Trattato di Berlino del 1878. Come Principe, l´Assemblea Nazionale bulgara aveva eletto l´anno successivo, come soluzione di compromesso tra la Pietroburgo che chiedeva un principe russo e le altre Potenze che chiedevano il contrario, il principe tedesco Alessandro di Battenberg, nipote dello zar Alessandro II.
In Bulgaria fu adottata una costituzione democratica di livello avanzato, ed il potere passò in breve al partito liberale. Il principe Alessandro aveva tendenze conservative e sulle prime si oppose alla politica liberale attuata dal Primo Ministro Stambolov, propugnatore di un graduale allontanamento dalla Russia, fino ad allora considerata protettrice della Bulgaria. Poi, però, nel 1885, forse perchè si era legato sufficientemente al suo nuovo paese, passò ad appoggiare i liberali, causando notevole malcontento a Pietroburgo. Nell'agosto 1886 i russi fomentarono pertanto un colpo di Stato, nel quale Alessandro fu costretto ad abdicare e ad andare in esilio in Russia. A seguito della reazione di Stambolov i partecipanti al colpo di Stato vennero però costretti a fuggire dal paese e lo stesso Primo Ministro provò anche a riportare sul trono Alessandro, ma la forte opposizione russa costrinse il principe a rinunciare definitivamente al trono.
Nel luglio 1887 i bulgari avevano eletto Ferdinando di Sassonia-Coburgo-Gotha come nuovo principe. Ferdinando era il "candidato austriaco" e i russi si rifiutarono di riconoscerlo. Ferdinando inizialmente assecondò la politica di Stambolov, ma nel 1894 i loro rapporti di lavoro peggiorarono Il Primo Ministro si dimise e fu assassinato nel luglio del 1895. Ferdinando quindi decise di restaurare le relazioni con la Russia. Per sancire questo cambio di rotta, decise di far convertire il principe ereditario al trono bulgaro Boris alla fede ortodossa, fatto questo che irritò profondamente l´Imperatore d´Austria Francesco Giuseppe, che si considerava il protettore del cattolicesimo.
Queste le valutazioni di Nigra così come riportate da Münz.
“A Vienna avevano preso molto male il nuovo corso adottato in Bulgaria dal Principe Ferdinando. I bulgari avevano sbagliato ad irritare l’Austria-Ungheria. Questa era stata sempre leale alla Bulgaria. L’Austria-Ungheria non potette fare altro che lasciare fare i bulgari; l’Austria-Ungheria non poteva intervenire presso la Porta affinché il Sovrano riconoscesse ufficialmente il Principe. Ogni attiva iniziativa dell’Austria-Ungheria avrebbe causato un’energica richiesta di spiegazioni da Pietroburgo. L’Austria-Ungheria era l’amico disinteressato che desiderava l’indipendenza della Bulgaria. Diversamente la Russia. I bulgari non dovrebbero aver dimenticato che i russi li hanno allevati con gli scorpioni.
Ma anche la Russia ha certamente appreso molto dalla storia europea e bulgara dell’ultimo decennio. La Russia crescerà la Bulgaria d’ora in poi solo con la bacchetta. Io lo penso così: il rappresentante diplomatico russo a Sofia non si accontenterà di svolgere lo stesso ruolo del rappresentante inglese o italiano. Vorrà comandare. Egli vorrà essere più potente del rappresentante dell’Austria-Ungheria”.
Nigra passò poi a parlare del nuovo Ministro degli Esteri russo Principe Lobanov, osservando che quest´ultimo si era mantenuto nei confronti della delegazione bulgara molto riservato e che il suo stile diplomatico era calmo e fermo, anche se la scena in cui si stagliava la sua immagine era molto agitata e fluida. Era pertanto convinto che la Russia non avrebbe assunto atteggiamenti che potessero provocare reazioni pericolose per la pace.
4. La diplomazia russa ed i rapporti tra la Triplice e la Duplice Alleanza
L’improvvisa morte del principe Lobanov il 30 agosto 1896 nei pressi di Kiev, in una carrozza di un treno mentre viaggiava a seguito dello zar Nicola II, diede lo spunto a Nigra per effettuare una valutazione sulla sua successione alla guida della diplomazia russa nell’ottica dei rapporti tra la Duplice e la Triplice Alleanza. Questo è quanto Nigra osservò all’indomani della morte di Lobanov.
“Il Ministro degli Esteri russo di solito muore durante il suo ufficio. Se questo incarico dura a lungo, è in grado di fare del bene e del male. Dalla scelta del suo Consigliere si può indovinare molto del programma dello Zar.
Se Nicola II prende subito la propria decisione, darà subito un segnale se intenderà continuare la politica di Lobanov o se vorrà rinnegarla. Tra un mese lo zar Nicola II deve andare a Parigi. L’appena scomparso Principe Lobanov, durante una sua recente visita a Vienna al seguito dello Zar e della Zarina, venne a trovarmi ed ebbi l’impressione che per la visita a seguito della coppia imperiale sulle rive della Senna era deciso fermamente a respingere eventuali omaggi troppo calorosi alla fratellanza d’armi russa ed a non dare illusioni ai francesi sul grado di accondiscendenza cui andrebbero incontro se un giorno volessero cercare alleati sulla Neva.
I Gabinetti della Triplice Alleanza oggi riguardo l´alleanza franco-russa sono non solo tranquilli, ma –ciò che è più – informati. In primo luogo, le Potenze della Triplice Alleanza hanno la precisa informazione che in effetti esiste un trattato scritto, nel quale la Francia e la Russia stabiliscono il suo limite che, in caso di complicazioni, sarebbero in debito l´una con l´altra. Entrambi gli Alleati sono andati a scuola dalla Triplice Alleanza. Il Trattato dell´Alleanza che è stato concluso tra Parigi e Pietroburgo prende in considerazione solo l´aspetto difensivo.
Esso stabilisce cosa la Russia dovrebbe fare nel caso la Francia sia attaccata da una o da due lati e stabilisce in quale misura la Francia presterebbe aiuto alla Russia qualora questa fosse attaccata da uno o da due fianchi. La forma ed il contenuto del Trattato tolgono ai francesi ogni speranza di rivincita in un prossimo futuro. Esso concede loro solo l´aspettativa che l´”intimità” con la Russia aumenterebbe così che a Pietroburgo si potrebbe acconsentire di passare da un patto difensivo ad un´alleanza anche offensiva. Perché non può esserci nessun dubbio che se nell´alleanza franco-russa non fosse superato il confine del patto difensivo, questo merito non verrebbe attribuito tanto agli inquilini che si sono avvicendati negli ultimi anni nel Palazzo governativo del Quai d´Orsay, quanto a Giers ed al suo successore Lobanov. Io sono stato abbastanza vicino al ministro scomparso durante suoi anni di Ambasciatore a Vienna per poter essere sicuro che egli era deciso a non lasciarsi spingere dai sanguigni della Senna su una strada che aprisse, attraverso piccole crepe, la vista su una possibilità di rivincita.
La penserà così sulle relazioni della Russia con la Francia anche il successore del Principe Lobanov? E non potrebbe egli essere un po´ piú tiepido del predecessore, che non sempre era capace di contestare la sua inclinazione per la Francia?
Tuttavia le due Potenze alleate centroeuropee hanno certamente un interesse a riflettere sull´uomo nuovo con riferimento alle sulle relazioni con la Francia, e a Vienna e a Berlino ci si chiede oggi sempre più: sarà egli russo moderato, come lo erano i due suoi predecessori, o sarà panslavista?
Tra i nomi illustri della diplomazia russa sarebbe da menzionare il Conte Sciuvalov. Lo Zar però difficilmente avrà voglia di richiamarlo dal posto di Governatore Generale a Varsavia e di metterlo in quello di Ministro degli Esteri. Sciuvalov era uno degli intimi del Principe Bismarck ed è persona gratissima presso l´Imperatore Guglielmo II così come lo era presso suo nonno Guglielmo I. Certamente la corte dello Zar non dovrebbe emanciparsi tanto dalla politica degli ultimi anni da far nominare come immediato successore del Principe Lobanov una persona che venga considerata dall´Eliseo come un avversario.”
Le previsioni di Nigra si rivelarono anche questa volta azzeccate: Nicola II nominò Ministro degli Esteri il Conte Michail Muriavev, Ministro Plenipotenziario a Copenaghen, che nei circa tre anni in cui ricoprì tale incarico seguì una politica contraddistinta dalla prudenza e dalla convinzione che una guerra europea avrebbe causato in Russia una grave crisi interna. Rafforzó l´alleanza con la Francia rinnovando con Delcassé l´accordo del 1891, che non ebbe più limiti temporali ad ebbe come obbiettivo il mantenimento dell´equilibrio; al contempo portò a termine un accordo con l´Austria-Ungheria sul mantenimento dello status quo nei Balcani, respingendo le proposte austriache di annettersi il Sangiaccato di Novi Pazar e la Bosnia-Erzegovina. Si impegnò inoltre per la convocazione nel 1899 della prima Conferenza sul Disarmo dell´Aja, nella quale proprio Nigra avrebbe rappresentato l´Italia. La sua morte improvvisa e non spiegabile dal punto di vista medico nel 1900 fu messa in relazione ad un´azione di movimenti panslavisti che avevano in lui un deciso avversario.
5. La questione armena
La questione armena era da poco assurta all´attenzione delle Cancellerie e dell´opinione pubblica europea quando Nigra, nell´estate del 1895, ne fece oggetto di conversazione con Münz.
All´inizio dell´ultima decade dell´Ottocento nell'Impero ottomano si contavano circa 2 milioni di armeni, in grande maggioranza cristiani appartenenti alla Chiesa apostolica armena, mentre altri armeni erano passati sotto gli imperi russo e persiano. In quanto minoranza religiosa in uno stato mussulmano, gli armeni secondo la legge coranica dovevano pagare tasse speciali; non erano ammessi nell’esercito, ma per l’esenzione dovevano contribuire alle spese statali; erano anche soggetti a pesanti prelievi sul raccolto e, infine, non avevano garanzie sul piano giuridico.
Dopo la guerra Russo-Turca (1877-1878) il governo turco aveva concesso una serie di miglioramenti e di riforme alle province abitate dagli armeni, ma il Sultano Abdul Hamid, preoccupato per possibili rivolte e spinte autonomistiche, aveva poi revocato le concessioni date ed attuò una dura politica di repressione. Costantinopoli incoraggiò sentimenti di odio anti-armeno fra i curdi, stanziatisi anche loro nel territorio nell'Armenia storica. Le angherie che dovettero subire dai curdi e l'aumento delle tasse imposto dal governo ottomano esasperò gli armeni fino alla rivolta, alla quale l'esercito del Sultano, affiancato da milizie irregolari curde, rispose assassinando migliaia di armeni e bruciandone i villaggi (1894). L´Inghilterra prima e la Russia e la Francia decisero allora di intervenire sul Sultano in favore degli armeni, mentre la Triplice restò passiva.
E` in tale scenario che Nigra afferma che “il Conte Kalnoky aveva avuto il merito, secondo molti, o la colpa, come piacerebbe dire a me, che sulla questione dell’oppressione degli armeni siano intervenuti presso la Porta a fianco dell’Inghilterra non la Triplice, ma solo la Francia e la Russia. Il capo della politica estera inglese, Lord Rosebery, si era adoperato a Vienna per avere il Conte Kalnoky come alleato nell’azione a favore degli armeni, ma il Conte Kalnoky fece capire al Lord che la questione armena aveva per l’Austria-Ungheria solo un interesse secondario. Il Cancelliere dell’Impero tedesco Principe Hohenlohe si associò alla risposta di Kalnoky in considerazione del fatto che la conduzione della politica della Triplice nei confronti della Turchia toccasse all’Austria-Ungheria e così anche l’Italia, per solidarietà nella Triplice, rinunciò ad affiancarsi all’Inghilterra, cosa che l’Italia fece molto a malincuore dato che era molto più vicina all’Inghilterra dei due Imperi Centrali. Casualmente erano rappresentati sulla scena delle crudeltà in Armenia attraverso i loro Consoli solo Inghilterra, Francia e Russia, così che queste tre Potenze presero in mano la protezione degli armeni. L’Italia si affrettò a nominare un Console, ma era troppo tardi. Le Potenze della Triplice diedero allora indicazione ai loro Ambasciatori a Costantinopoli, per non apparire del tutto indifferenti, di appoggiare i passi dell’Inghilterra e delle due Potenze ad essa associate”.
“Il Sultano Abd ul Hamid – proseguì Nigra – è un calcolatore. Se si dovesse confrontare con richieste a favore degli armeni da tutta Europa, concederebbe riforme, copiose riforme, nel senso degli Accordi di Berlino. Ma oggi riflette: l’Inghilterra è insieme alla Francia e alla Russia, che in effetti sono due nemici dell’Inghilterra. Alla Francia nemica dell’Inghilterra in Egitto, alla Russia nemica dell’Inghilterra in India, ad entrambe avversarie dell’Inghilterra nella costellazione generale della politica mondiale, sarebbe impossibile, se il Sultano omettesse di fare queste riforme, trarre gravi conseguenze, come la stessa Inghilterra, da questo comportamento di rifiuto del Padiscià. Quella illogica e autodisgregante Triplice, che si è piantata sul suolo armeno davanti al Sultano, non impone a questo niente. Ma il Sultano teme, e forse non a torto, che i conservatori del Bosforo possano ordire una congiura contro di lui se egli concedesse le riforme. Il Sultano teme per la propria vita”.
Già allora Nigra vedeva dunque nella mancanza di unità tra i Paesi europei l´impossibilità di far valere quei valori che nel continente ritenevano irrinunciabili.
6. La questione turca e l’Europa.
Nel settembre 1896, un anno dopo il colloquio tra Nigra e Münz sulla questione armena, il massacro perpetrato contro la popolazione di quell´etnia continuava a costituire motivo di emozione nell´opinione pubblica europea, particolarmente quella inglese. Sotto la pressione di quest´ultima, il Premier Lord Salisbury all´indomani dell´eccidio annunciò di aver messo a punto un piano di divisione dell´Impero Ottomano e che Londra sarebbe intervenuto nei Dardanelli e nel Bosforo. Certamente contando sull´appoggio russo, il Sultano annunciò a sua volta che era pronto a difendere gli Stretti se gli inglesi avessero tentato di impadronirsene.
Nell´agosto 1896 l´Inghilterra sembrava ancora orientata per azioni coercitive contro il Sultano e a metà settembre queste furono le considerazioni di Nigra così come riportate da Münz.
“Tenga presente – mi disse Nigra – che non esiste alcuna positiva proposta dell’Inghilterra per la soluzione della questione turca. Tutto quello che è di pubblico dominio in questa direzione proviene dall’opinione pubblica inglese, non dagli ambienti del Governo britannico. E’ un dato di fatto che l’Inghilterra sia in questo momento isolata in Europa. Peraltro, le Potenze sono convinte che l’Inghilterra non intraprenderà alcuna azione specifica nei confronti del Sultano. Sir Philip Currie, Ambasciatore inglese a Costantinopoli, che dopo l’ultimo massacro degli Armeni ha visto a Londra Lord Salisbury, sembra essere ritornato a Costantinopoli senza un incarico specifico del suo governo. L’irritazione inglese non si tramuterà per il momento in alcun fatto concreto. Di certo non esiste in questo momento alcun concerto europeo. L’unità dell’Europa, che nella soluzione delle agitazioni cretesi si era pure mostrata sensibile, è ancora una volta svanita ed è difficile da dire per quanto tempo. Comunque dobbiamo costatare che l’Europa continentale ha una sensibilità diversa verso le agitazioni sul Bosforo. L’intesa che esiste tra l’Austria-Ungheria e la Russia sulla salvaguardia dello status quo in Oriente torna senz´altro utile per un accordo tra La Triplice e la Duplice. L’Austria-Ungheria appare come mandataria sia della Germania che dell’Italia, la Russia come mandataria anche della Francia se si tratta di raggiungere un accordo continentale nei confronti della Turchia. Ma nella costellazione europea, oggi nell’iniziativa sulla questione orientale la Duplice è più forte della Triplice, la Russia è più forte dell’Austria-Ungheria.
L’attuale entente tra le Potenze continentali in generale ed in particolare tra Austria-Ungheria e Russia consiste nel fatto che è stato deciso che non ci sia nessuna Potenza che agisca separatamente in Oriente e che in ogni fase acuta ognuna cerchi un’intesa con l’altra.
L’invio delle flotte europee attualmente in atto verso le acque turche è il risultato conseguente ad uno scambio di vedute che hanno avviato le Potenze continentali. Peraltro non dobbiamo cadere nell’errore di pensare di essere davanti ad una formale azione congiunta europea o, meglio, continentale. Si tratta di una misura estrema di ogni singola Potenza di natura profilattica. Ogni singola Potenza vuole, quando viene l’ora del pericolo per i cristiani nell’Impero Ottomano, avere le navi sul posto per proteggere i propri sudditi. Le Potenze avrebbero quindi, senza che esista oggi una decisione comune, intrapreso i preparativi per una tale eventualità. La sfiducia verso il governo turco non è più solo da parte inglese. Ma è certo che la questione della rimozione del Sultano Abd ul Hamid non ha trovato alcun posto nelle riflessioni delle Potenze. Se la Russia in effetti appare il posizione di guida nel concerto continentale, sarebbe illogico dedurre che a Pietroburgo si desideri la caduta del Sultano. Difficilmente un altro Sultano sarebbe uno strumento così malleabile come il Sultano Abd ul Hamid. Ma anche le altre Potenze sono sagge a sufficienza per comprendere che un Sultano intronizzato dall’Europa non avrebbe alcuna autorità sui mussulmani. Del resto cosa altro si rimprovera a Abd ul Hamid a parte l’assenza di autorità? Si passerebbe insomma dalla pioggia alla gronda se si destituisse il Padiscià in carica e si insediasse un successore, alla cui caduta seguirebbe presto una rivolta. Certamente, se Abd ul Hamid fosse rovesciato da un sommovimento interno, come dai rivoluzionari giovani turchi, l’Europa seguirebbe con tranquillità gli eventi attendendosi che il Sultano che gli succederebbe sia in grado, con mano più ferma, di attuare riforme garantite con la firma. Forse scompariranno anche questa volta la nubi minacciose sull’Impero Ottomano. Ma non si può negare che l’atmosfera della politica internazionale sia di nuovo pesante”.
Anche questa volta Nigra aveva previsto il giusto. La contrapposizione anglo-russa portò in effetti a sfiorare la guerra ma alla fine portò ad una abbandono degli armeni al loro destino. Inoltre, l´ipotesi di un rovesciamento di Abd ul Hamid da parte di rivoluzionari turchi avvenne puntualmente, anche se solo nel 1809.
7. La questione orientale e la Russia.
Poco dopo il suddetto colloquio tra Nigra e Münz sulla questione turca e l’Europa, Nicola II visitò la Germania, l´Austria, la Francia e l’Inghilterra, dove fu ospite per un certo tempo della Regina Vittoria nel castello di Balmoral in Scozia. A Parigi il monarca russo fu oggetto di un’accoglienza grandiosa, nell’evidente intento di Parigi di dare risalto ai rapporti particolarmente stretti con Pietroburgo.
Münz riferisce che dopo la conclusone del soggiorno a Balmoral dello zar, così si espresse Nigra:
“Ora che la fanfara francese sulla visita dello Zar a Parigi si è acquietata, urge ricercare per la questione orientale, che per i suoi sviluppi diplomatici resta sempre attuale, nuove soluzioni e l´appianamento delle difficoltà sorte a seguito dei recenti disordini a Costantinopoli. Non bisogna di certo prepararsi a grandi fatti. Al programma del Principe Lobanov, che era fermamente deciso a non somministrare alla malata Turchia alcuna medicina a forza, si atterrà anche il suo successore, chiunque egli sia. Sarebbe uno statista straordinariamente maldestro se egli si lasciasse strappare dalle mani la posizione dominante sull´Europa, che in modo particolare la Russia esercita sulla questione turca. La Russia non ha certamente in programma nei prossimi tempi di far passare le sue navi attraverso il Bosforo.
E´ vero che il Generale Tshikatshev ha intrapreso un viaggio informativo verso Costantinopoli, e che egli ha risposto ad un appello del Sultano ed un incoraggiamento dell´Ambasciatore Nelidov. Ma proprio dalla possibilità che il Generale si possa muovere a Costantinopoli come sul suolo patrio deriva per il governo russo la riflessione che tale situazione potrebbe essere pregiudicata da un´azione troppo affrettata, e che tale possibilità si realizzerebbe comunque con un processo lento ma sicuro. La Russia non vuole che i frutti, che vanno a maturarsi, siano colti dall´albero anzitempo. La Russia si è riservata un momento successivo per impossessarsi di Costantinopoli.
A Balmoral lo Zar ha recentemente acquisito la certezza, mentre era in visita dalla Regina Vittoria, che l´Inghilterra non ha alcun interesse materiale sulla Turchia. Lord Salisbury però ha spiegato che ogni giorno potrebbe portare nuovi orrori e che non potrebbe ricadere sull´Inghilterra la responsabilità di nuove atrocità. Il Premier britannico non voleva avere la presunzione di esprimere a Sua Maestà il proprio pensiero sul Sultano e sugli armeni; ma come interprete dell´opinione pubblica di tutto l´impero britannico, che si era manifestata unanime attraverso i vari capi dei partiti, raccomandò allo Zar di dire una parola forte così che a Costantinopoli si affermasse l´autorità dell´intera Europa per impedire nuove violenze contro i cristiani in generale e contro gli armeni in particolare.
Le spiegazioni di Lord Salisbury si sono mosse nella direzione di difendere l´Inghilterra davanti allo Zar dalle accuse sollevate da tutta l´Europa di seguire o voler seguire una politica di isolamento sulla questione orientale.
In effetti negli ultimi giorni nelle Cancellerie europee si è verificato un cambiamento improvviso nel giudicare i fini dell´Inghilterra. Specialmente a Roma e a Vienna si è inclini a credere nel disinteresse dell´Inghilterra e di ritenere che non richieda alcun brandello dell´impero turco e che non coltivi alcun piano attribuitole da romanzieri di voler navigare con le proprie navi sui Dardanelli. Si, io appartengo a quelli che considerano perfino la politica inglese come si è espressa negli ultimi mesi come più diritta e più coerente di quella che pratica la restante Europa, che si muove in zigzag continui e continua a modificarsi”.
Sulla questione cretese – continuò Nigra – non si è isolata tanto l´Inghilterra dall´Europa quanto molto più l´Europa dall´Inghilterra, che ha vegliato sull´onore dell´Europa in modo molto più attento di essa stessa. Riavvicinandosi all´Inghilterra, l´Europa ha contribuito alla soluzione della questione cretese. Anche questa volta si arriva alla conclusione che l´Europa, se prende la via diritta che l´Inghilterra le mostra, padroneggia il Sultano.
Se nello Zar si mantiene l´impressione che il più moderato, il più esperto ed il più anziano dei diplomatici russi, von Staal, gli ha suscitato con le sue esposizioni e con i suoi consigli a Balmoral, dove ha assecondato Lord Salisbury, l´Europa verrà presto a sapere che il soggiorno idilliaco di Nicola II nei monti scozzesi ha contribuito alla soluzione della del problema turco ben più del pomposo e rumoroso incontro dello Zar con il Presidente della Repubblica francese.
Per quanto si possa parlare anche di isolamento dell´Inghilterra, si annuncia però un´ampia fruttuosa collaborazione nella soluzione dei compiti che la diplomazia europea deve svolgere nei confronti della Turchia, come nel caso della Francia, che oggi anche in Oriente è una timida seguace della politica russa. Alla Francia, che non esce dallo schema della Duplice Alleanza, non deve certo ora essere ricordato che un tempo, e cioè parecchio dopo la guerra di Crimea, ancora a metà degli anni ottanta, quando sosteneva la Grecia contro la Turchia e così anche contro l´intera Europa, svolgeva una politica orientale autoctona.
L´influenza inglese quindi è da ringraziare se fra non molto si realizzeranno passi concreti per influire sulla Turchia. Le Potenze stanno per ottenere dalla Porta nuove riforme non solo per i sudditi cristiani del Sultano ma anche, quello che è più importante, stanno insistendo sull´attuazione di quelle riforme, finora promesse ma non realizzate. Ma parallelamente a queste azioni ufficiali dell´Europa, dalle quali l´Inghilterra non resterà fuori, quelle Potenze che hanno stabilito con la Porta un rapporto di fiducia o di clientela, cioè lo Zar, dovrebbero significare al Sultano che su di lui ricadrebbe la responsabilità se dovesse scorrere del sangue per le vie di Costantinopoli.
Questo è lo stato delle cose, ed esso risulta più come frutto del soggiorno familiare dello Zar a Balmoral che dalle sue apparizioni scenografiche lungo la Senna ed alle manovre nei campi catalani.”
8. La questione cretese e l’Europa.
missione Principe Giorgio)…………………………………………………………………………………………………….
La conquête de la Crète par l'Empire ottoman s'achève en 1669 par la prise de Candie (actuelle Héraklion). La Crète devient alors une province ottomane. Après l'indépendance de la Grèce en 1821, la Crète aspire à une union avec la Grèce et la population se révolte à plusieurs reprises contre l'occupant turc à la fin du XIXe siècle, notamment en 1866 et 1878 et espère attirer l'attention des grandes puissances européennes sur le sort de la Crète.
Les dernières années d'occupation ottomane
En 1895, le massacre d'Arméniens en Anatolie choque l'opinion publique et force les grandes puissances européennes à s'intéresser au sort de la Crète. Pour montrer sa bonne volonté, la Porte remplace alors le gouverneur de Crète en place, par un chrétien, Alexandre Karatheodoris. Cependant, les Turcs crétois, opposés à cette nomination, multiplient les massacres de chrétiens afin d'obliger Karatheodoris à démissionner. En réaction, une assemblée révolutionnaire se constitue sous l'impulsion du consul général de Grèce.
Le 3 février 1895 (julien), des représentants des diverses provinces crétoises (Apokoronas, Kydoniai, Sphakia, Rethymno et Aghios Vasileios) se réunissent à Klema près de La Canée. Ils rédigent un mémorandum qu'il envoient à la Grèce et aux grandes puissances. Ils demandent la désignation d'un gouverneur chrétien pour l'île. Ils souhaitent aussi un contrôle du pouvoir ottoman par les grandes puissances. Ils veulent en fait placer l'île sous la protection de celles-ci1.
La tension augmente. Le 27 novembre 1895 (julien), un premier affrontement sérieux a lieu à Vryses près d'Apokoronas entre des Crétois membres du « Comité de transition » et 3 000 hommes des troupes ottomanes commandées par Tayyar Pacha. La bataille dure toute la journée. Les Grecs obligent les Turcs à se replier après avoir perdu 200 hommes1.
Le 11 mai 1896, des Grecs de La Canée et des alentours sont massacrés. Des incidents similaires ont lieu à Héraklion. Ces événements poussent les puissances européennes à intervenir et à accentuer la pression sur la Porte pour qu'elle fasse de nouvelles concessions. Au mois d'août, des volontaires grecs sont envoyés sur l'île par le gouvernement d'Athènes1.
À La Canée, les consuls des grandes puissances fournissent une constitution aux représentants chrétiens de Crète. Les principaux points de cette constitution sont : la nomination par le sultan, pour cinq ans, et sur accord des grandes puissances, d'un gouverneur chrétien ; le nombre d'emploi réservés aux chrétiens doit être le double de ceux réservés aux musulmans ; la gendarmerie crétoise doit être réorganisée et dirigée par des officiers européens ; l'île est garantie d'une pleine indépendance économique et judiciaire sous la protection des grandes puissances.
Si la tension s'apaise quelque temps, elle se ravive à mesure que l'Empire ottoman tarde à mettre en œuvre la constitution. À la mi-janvier 1897, les massacres reprennent, la résidence de l'évêque de La Canée est incendiée ainsi que les quartiers chrétiens.
Intervention de la Grèce puis des grandes puissances
Article détaillé : Révolte crétoise de 1897-1898.
Vue de La Canée en 1897 après l'incendie de la ville par les Turcs
Ces nouveaux massacres de chrétiens par les musulmans provoquent l'intervention de la Grèce qui envahit l'île, la proclame occupée et unifiée à la Grèce le 1er février 1897.
Dès le 29 janvier 1897 (julien), une Assemblée générale des Crétois, réunie à Tzermiadon, dans la province de Lasithi, avait proclamé l'énosis1. Le même jour, une flotte grecque autour du croiseur Sphakteria accompagné de six torpilleurs quittait Le Pirée pour la Crète, avec pour objectif de soutenir les insurgés2.
Le 2 février (julien), un corps expéditionnaire grec de 2 000 hommes commandés par le colonel Timoléon Vassos débarque à Kolymbari, près de La Canée. Le 6 février, il prend le fort de Voukolia dans cette ville. Le lendemain, le chef de guerre crétois Chatzemichales Giannares prend Agia et Leivadia. Le 9 février, les Crétois font flotter le drapeau de la Crète autonome au sommet du Profitis Elias à Akroteri. Les troupes turques de Souda sont prises pour cible, mais aussi les navires des grandes puissances ancrés dans le port. Un croiseur russe réussit à abattre le drapeau crétois au sommet du Profitis Elias2.
L'Empire ottoman demande alors l'intervention des puissances européennes. La France, la Grande-Bretagne, l'Italie, la Russie, l'Autriche et l'Allemagne envoient des navires de guerre et des contingents à La Canée, Candie, Réthymnon et Sitia3. Les puissances européennes refusent de reconnaître le rattachement de la Crète à la Grèce et adressent un ultimatum à la Grèce afin qu'elle retire ses troupes. Elles proposent même la solution de l'autonomie pour l'île le 17 février 1897. La Grèce refuse cette idée ainsi que celle d'une principauté.
Le considerazioni seguenti di Nigra, formulate a metà febbraio 1897, trattano la soluzione perseguita dalla Grecia della questione cretese e in generale le aspirazioni panelleniche dei greci.
“Su quanto gravida di conseguenze sarà per la posizione della Grecia nel mondo – non so ancora se in senso favorevole o sfavorevole – la missione del Principe Giorgio vorrei invitare ad evitare di tirare conclusioni affrettate, che possono essere tratte da politici eccentrici che si dedicano alle congetture riguardo alla pace europea. Il lavoro dei diplomatici somiglia in questo momento a quello di un pompiere che deve isolare un edificio da un incendio. Dobbiamo spegnere e spegnere e subito isolare, nei limiti del possibile, Creta dal complesso della questione orientale.
Ma proprio questa à al momento la grande difficoltà, e allora… Tutti gli sguardi sono indirizzati a Pietroburgo. Ma cosa si pensa là sull´iniziativa della Grecia? Nessuno sa, e neppure i diplomatici russi presso le corti europee lo sanno, con quale spirito si è espresso lo Zar Nicola con suo zio, il Re Giorgio di Grecia, durante la loro permanenza comune a Copenaghen l´autunno scorso. Nessuno ha ancora saputo se lo Zar ha incoraggiato nelle sue aspirazioni il Re ellenico o ha tenuto a bada, con promesse in tempi migliori, le sue aspirazioni.
E´anche pur sempre possibile che Re Giorgio pensi di avere un appoggio morale dallo Zar ed abbia conseguentemente avviato la sua audace iniziativa. Il Re ellenico è stato in autunno anche a Vienna ed ha parlato anche qui di Creta; a Vienna però, questo è sicuro, gli hanno fatto intendere a livello autorevole che la Grecia si dovrebbe comportare con pazienza e con calma. Così forse raccoglierà in tempi tranquilli il frutto che oggi non è ancora maturo.
Sarebbe del tutto singolare se Re Giorgio si dovesse sentire “adulto” per le simpatie russe sulla questione panellenica. Nessuna Potenza si è tanto pronunciata come la Russia per l´integrità della Turchia, per lo meno sotto il regime Lobanov. Dovrebbe oggi la Russia, mostrandosi favorevole all´annessione di Creta da parte della Grecia, sconfessare la politica degli ultimi due anni?
Un´annessione di Creta significherebbe oggi accendere tutte le pretese nazionali e rivoluzionarie nell´intero Impero turco. Dopo quello che è accaduto negli ultimi anni nessuna Potenza può in questo momento assumersi la responsabilità di commettere un attentato all´integrità della Turchia.
Per di più in questo momento è difficile dire con precisione cosa farà l´Europa a favore della Turchia o a favore della Grecia, ma questo tutti gli statisti avveduti dovrebbero tenerlo in mente: nessuna misura sarebbe impopolare abbastanza da non essere adottata se si trattasse di salvare ancora la pace in Europa, e questo ora e per un po’ di tempo ancora. In diplomazia anche le medicine palliative sono utili.
Certamente, in alcuni Paesi dell´Europa, come possibilmente in Inghilterra ed in Italia, l´opinione pubblica è molto favorevole ad un´annessione di Creta alla Grecia e là gli statisti devono operare in modo equilibrato per il mantenimento dell´integrità della Turchia, al che la stampa ed il Parlamento tuoneranno contro. Gli statisti si chiedono: che succederà se noi lasciamo che le richieste dei greci siano esaudite? Allora scoppierà la sollevazione in Oriente su tutta la linea. Perciò i diplomatici sperano che riuscirà ancora loro di spegnere il fuoco cretese e di conservare la pace europea.
Una cosa però sia certa: in qualsiasi modo si evolvano le cose, esiste tra le Potenze della Triplice, anche sul problema orientale, la migliore intesa. Ognuna delle tre Potenze è al corrente di cosa le altre due farebbero nel caso di una conflagrazione. In ogni caso più che la Germania sono interessate sugli sviluppi in Oriente l´Austria-Ungheria e l´Italia. A Vienna si conoscono esattamente le intenzioni dell´Italia, a Roma si conosce con precisione in programma dell´Austria-Ungheria nell´eventualità di un sovvertimento in Oriente.”
9. Le ambizioni panelleniche della Grecia e il futuro di Costatinopoli.
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Nigra si espresse, nel marzo 1897, pesando attentamente le parole: “I greci non sono con le loro attuali rivendicazioni troppo esagerati. Certamente Creta sarà solo l´inizio di un´affermazione di ulteriori ambizioni. Si sente dire che il governo greco avrebbe consegnato armi alla gente di Chios e di altre isole dell´arcipelago. Questo è un segno che la Grecia ritiene che sia venuto il momento per prendersi tutte le isole del Mar Egeo. Eppure cosa sono queste pretese rispetto a quelle che una volta, nel corso di un colloquio, mi espose il vecchio Rangabé? Questo noto diplomatico greco mi disse, parlando della questione orientale e delle difficoltà di una sua soluzione: “Conosco una ricetta con la quale il malato Oriente guarirebbe e l´Europa sarebbe sollevata dalla più pesante delle sue preoccupazioni. Si proclami semplicemente un imperatore greco a Costantinopoli”. Con questo il coltissimo e non sconsiderato greco voleva dire che l´Europa dovrebbe, ricollegandosi alle antiche tradizioni, creare un impero bizantino, un impero greco proclamando il re greco Imperatore a Costantinopoli. Ora, sogni così eccessivi non possono essere presi sul serio da politici pratici. Eppure bisogna fare i conti con queste fantasie come un elemento dell´ambizione greca. Proprio perché le pretese di ellenicità, che son si limitano alle isole ma si estendono anche alla terraferma, sono così grandi, c´è sempre vicino il pericolo che i greci possano accendere il fuoco nell´edificio fatiscente dell´impero turco. Oggi non vogliamo perdere la speranza che il problema cretese rimanga localizzato. La diplomazia farà di tutto affinché la crisi cretese non faccia degenerare l’avanzante malattia dell´impero ottomano. Peraltro nessuno si arrischia a dire con certezza che le Potenze europee riusciranno a salvare ancora a lungo l´integrità dell´impero turco, sia essa anche formale. Lo sfacelo può compiersi presto e non esiste Potenza in Europa che non sia preparata alla possibilità di un rapido processo di dissoluzione della Turchia e non abbia avviato una riflessione su questa evenienza. Sì, e dico di più: non solo gli statisti dei singoli Paesi, che sono intenzionati a prendersi l´eredità della Turchia, hanno già preso le loro decisioni pro foro interno sulle loro possibili pretese, ma gli statisti delle Potenze amiche si sono pure scambiate le idee tra di loro. Proprio perché questo scambio di idee lascia indovinare quanta gelosia da Potenza a Potenza esploderebbe nell´ora della liquidazione, la preoccupazione di tutta l´Europa è diretta a che il processo di decomposizione si allunghi ancora un po´…
Già l´enorme problema non suscita più spavento come prima grazie al fatto che l´Europa ne ha rimandata la soluzione. La questione orientale non offre oggi quell´aspetto terribile che aveva già ai tempi della guerra di Crimea; sì, il rapporto dell´Europa al problema: “chi deve prendere a Costantinopoli l´eredità del morente impero ottomano?” oggi non presenta alcun lato scabroso come venti anni fa, quando scoppiò la guerra russo-turca.
Oggi tra gli statisti giudiziosi quasi non ci sono dissensi che la Russia abbia l´unico diritto al possesso di Costantinopoli. La Russia era già stata in grado, in occasione dell´ultima guerra con la Turchia, di mettere le mani su Costantinopoli.
“Sua Maestà vorrà forse”, dissi a suo tempo io, che ero ambasciatore a Pietroburgo ed avevo spesso l´occasione di avvicinare lo Zar, “prendere possesso di Costantinopoli”?
“No”, rispose lo Zar Alessandro II risoluto, “la Russia non farà questo e farsi dire: quello che il mondo vaneggia di un preteso testamento di Pietro il Grande è una sciocchezza. Questo testamento di Pietro il Grande non esiste.”
“E chi, allora, Maestà, si prenderà Costantinopoli? Quale stato, voglio dire, deve essere escluso oltre alla Russia? Forse i greci?”
“Essi sono a questo i meno predestinati”, replicò lo Zar Alessandro II.
Non so se lo Zar Nicola II la pensi come suo nonno, o se sarà più pronto a cogliere i frutti che la Russia potrebbe lasciar cadere a terra senza alcuna resistenza. E` chiaro che la Francia vorrà quello che piace alla Russia. Se la Russia volesse occupare Costantinopoli, questo sarebbe accolto di buon grado a Parigi. Anche l´Italia non vedrebbe malvolentieri i russi a Costantinopoli. Perchè se i russi si stabiliscono là, entra nella sfera del Mediterraneo una nuova Potenza dotata di enormi risorse. Alla Francia, che minaccia sempre più di dominare nel Mediterraneo e di proporsi prepotentemente sulle coste dell´Africa, sarebbero così poste delle briglie che limiterebbero le sue ambizioni commerciali e politiche. Compariamo ora il sistema politico inglese in Egitto e quello francese a Tunisi. A Tunisi un enorme protezionismo che quasi paralizza le vecchie relazioni commerciali degli italiani con i territori del Bey, in Egitto un dominio che non è avvertito come duro dagli altri stati del Mediterraneo. Se la Russia si stabilisce sul Bosforo, dalla sua flotta del Mar Nero si svilupperà senz´altro una grande e forte flotta mediterranea da far concorrenza a quella francese e così toglie il pericolo che gli italiani siano sopraffatti nel Mediterraneo dai francesi.
Per quanto riguarda Costantinopoli, così essa finisce di essere l´eterno pericolo per il mondo, perché sotto lo scettro russo non sarebbe più un desiderato bottino di caccia, ma si restringerebbe ad un´entità di limitata importanza, diciamo ad una città sorella di Odessa.
Questo lo sanno anche gli inglesi, che un tempo erano quelli che più si opponevano all´idea che la Russia prendesse possesso di Costantinopoli, e anche l´Austria lo consentirebbe. Essi, se solo possono rimanere in Egitto, lasciano oggi che i russi prendano Costantinopoli.
Gli inglesi avrebbero potuto ostacolare con successo le aspirazioni russe al Bosforo se si fossero schierati a fianco della Triplice Alleanza. Questo non lo hanno voluto e così hanno decretato la posizione predominante della Russia in Oriente. Solo una Quadruplice Alleanza, comprendente la Triplice più l´Inghilterra insieme, sarebbe stata in grado di influire sulla soluzione della questione orientale. Tale unione a quattro avrebbe forse portato anche ai russi il decisivo sostegno della Germania, che entra in gioco non appena appare un problema orientale. L´Inghilterra con il suo isolamento ha causato il quasi superamento del vecchio antagonismo con la Russia, Tutte le Potenze sono dalla parte della Russia.
E´nella mani della Russia prolungare o accorciare il filo della vita dell´Impero turco. L´Italia non avrà alcun motivo di creare problemi alla Russia quando questa crederà che è venuto il momento di provocare la a lungo attesa catastrofe sull´Impero turco.”
Commentando la parte finale delle considerazioni di Nigra, Münz scrisse quanto segue: “Così Nigra, che ammise che all´Italia non sarebbe dispiaciuto se la sua politica orientale avesse veleggiato sotto la bandiera russa. Del resto tutta l´Europa piegava allora le ginocchia davanti alla Russia. Soprattutto sull´allora Capo del Governo Marchese di Rudinì, che ebbe un incontro molto discusso con Giers, rimase sempre un´impronta russa nella politica estera. Il versatile marchese siciliano credette, come tutti i fedeli all´alleanza in Italia, di poterla conciliare con quella con le Potenze Centrali.”
En avril, la guerre qui éclate entre la Grèce et la Turquie oblige la Grèce à retirer ses troupes de Crète pour les utiliser sur le continent. Les Grecs, battus par l'armée turque formée par l'Allemagne demandent la médiation des grandes puissances5. S'éteint alors l'espoir d'une union avec la Grèce et les leaders crétois n'ont d'autre choix que d'accepter l'autonomie.
Autonomie de la Crète
Arrivée du prince Georges à Souda, le 9 décembre 1898.
Les grandes puissances ne quittent pas la Crète pour autant : si l'Allemagne et l'Autriche évacuent leurs navires et se détournent de la question crétoise à cause de leur intérêt croissant pour la Turquie, la Grande-Bretagne, la France, la Russie et l'Italie maintiennent leurs troupes afin de restaurer l'ordre et introduire des réformes. Elles divisent l'île en quatre parties, qu'elles administrent séparément, la capitale La Canée étant administrée conjointement. Cette administration par un conseil d'amiraux des puissances européennes est reconnue par l'assemblée crétoise3. Le 26 novembre 18985, les grandes puissances proposent au poste de gouverneur de Crète le prince Georges de Grèce, second fils du roi des Hellènes.
Le Haut-commissaire doit reconnaître la suzeraineté du sultan sur l'île, assurer une participation proportionnelle des Grecs et des Turcs dans l'administration et organiser une gendarmerie dans le but d'assurer l'ordre sur l'île. Un conseil exécutif, dont fait partie Elefthérios Venizélos, est chargé de l'administration de l'île jusqu'à l'arrivée du prince. Ce conseil exécutif est d'ailleurs témoin du dernier événement dramatique de la présence ottomane. Le 25 août 1898, une émeute turque aboutit au massacre de sept-cents chrétiens, de dix-sept soldats britanniques chargés de la sécurité du conseil exécutif, et du consul britannique en Crète2,7. Les soldats turcs sont alors priés de quitter l'île : le dernier quitte l'île le 2 novembre 1898. Le prince Georges arrive le 9 décembre, accueilli par les amiraux des flottes européennes. Les puissances lèvent le blocus de la Crète et seuls quelques contingents européens restent5. De nombreux musulmans quittent alors la Crète : le recensement de 1900 estime la population musulmane à 1/9e de la population, contre un tiers en 18815. L'autonomie est considérée par les Crétois comme provisoire et seulement une étape sur la route de l'union avec la Grèce. Cependant, les grandes puissances ne souhaitent pas de changement de statut de l'île, qu'elles considèrent comme un bon équilibre entre leurs ambitions en Méditerranée orientale et leur volonté d'entretenir de bonnes relations avec l'Empire ottoman6.
Le gouvernement du prince Georges nomme un comité de seize membres (douze chrétiens et quatre musulmans) chargé d'élaborer une constitution, la première de l'île6. La Constitution de l'Assemblée crétoise est adoptée le 9 janvier 18998. Des élections sont organisées et désignent 138 députés chrétiens et 50 musulmans3. De 1898 à 1904, la Crète connaît une période de paix, même si les avis divergent au sein de la population sur l'avenir à donner à l'île3. Le gouvernement crétois dote l'île d'une monnaie (la drachme), d'une banque, de timbres et d'une gendarmerie8. Mais la constitution crétoise accorde trop de pouvoirs au prince Georges qui commence à rencontrer des oppositions8.
Le gouvernement dispose d'une complète autonomie en matière d'administration interne et financière. Les habitants de Crète jouissent d'une nationalité différente de celle de l'Empire ottoman. Un drapeau crétois, imité du drapeau grec, est adopté : une croix blanche qui divise le drapeau en quatre parties, trois quarts sont bleus, le quatrième est rouge avec une étoile blanche en son centre, un symbole de suzeraineté du sultan6.
La rébellion de Therissos
Article détaillé : Révolte de Therissos.
Au printemps 1905, une insurrection éclate contre le gouvernement crétois. Elle est menée par Elefthérios Venizélos qui dénonce la corruption de l'entourage du prince Georges et l'incapacité de ce dernier à faire accepter aux grandes puissances l'idée d'annexion de la Crète par la Grèce5. La rébellion éclate le 10 mars 1905 et regroupe les opposants de Georges de Grèce l'accusant d'autoritarisme et de mesures anti-démocratiques. Mais l'idée conductrice de cette rébellion est le rattachement de la Crète à la Grèce. L'opposition décide de ne pas prendre part aux élections prévues le 20 mars et qui doivent désigner les 64 députés crétois, plus dix désignés directement par le prince Georges. Ce dernier décrète alors la loi martiale, mais la présence de deux gouvernements parallèles amène à un semblant de guerre civile et quelques affrontements font quelques victimes dans la région de La Canée.
Les grandes puissances, réalisant la perte de soutien populaire de Georges, organisent des négociations. Une commission internationale se rend sur l'île et préconise la refonte de la gendarmerie crétoise afin qu'elle soit dirigée par des officiers grecs, et le retrait des forces internationales présentes sur l'île depuis 1897.
Après ces événements, le prince Georges démissionne de ses fonctions le 12 septembre 1906.
Il est remplacé par Alexandre Zaimis, ancien président du conseil hellénique, pour une durée de cinq ans. L'assemblée constituante lui soumet la nouvelle constitution le 2 décembre 1906. En juillet 1907, les troupes européennes se retirent après avoir obtenu des garanties concernant le sort de la population musulmane.
L'Énosis
Mais Alexandre Zaimis ne va pas au bout de son mandat de cinq ans. En 1908, deux évènements précipitent la fin du Haut commissariat de Crète : l'annexion de la Bosnie-Herzégovine par l'Autriche-Hongrie et la déclaration d'indépendance de la Bulgarie, qui annexe au passage la Macédoine orientale. Le 23 septembre 1908, profitant de l'absence de Zaimis, une réunion à La Canée vote l'union avec la Grèce. Des votes similaires s'organisent dans toute la Crète les jours suivants. Le 25 septembre, les membres du gouvernement crétois jurent allégeance au roi des Hellènes et l'Assemblée de Crète ratifie l'union, annule la constitution crétoise et la remplace par la constitution grecque. Un gouvernement provisoire est instauré.
Par peur de représailles turques, le gouvernement grec ne reconnaît pas de façon officielle l'union de la Crète à la Grèce. Malgré les protestations de la Turquie, les puissances européennes ne réagissent pas, se contentant de refuser l'accès des députés crétois au parlement grec. Le début de la Première Guerre balkanique ouvre les portes du Parlement grec aux députés crétois, mais ne signifie pas encore l'union formelle. Il faut attendre la victoire grecque en 1913 pour que l'union soit officielle. Le 14 février 1913, les drapeaux de la Turquie et des grandes puissances sont remplacés par des drapeaux grecs hissés sur la forteresse de La Canée (devenue capitale) en présence du roi Constantin Ier de Grèce et d'Elefthérios Venizélos. Mais surtout, le Traité de Londres stipule que le Sultan abandonne ses droits sur l'île de Crète.
La période de l'indépendance est créative dans tous les domaines de la vie économique et intellectuelle. De nombreux travaux d'infrastructure sont réalisés, des bâtiments publics ou privés luxueux sont construits. À Rethymnon, par exemple, l'activité intellectuelle prospère comme le prouvent les salles de cinéma ou les théâtres.
10. La composizione pacifica delle controversie internazionali.
A metà agosto del 1895 Nigra affrontò con Münz il tema della composizione pacifica delle controversie internazionali, che era stata ……………………………………………………..
Queste quanto scrive nell’articolo Münz sull’argomento.
“”Il discorso cadde sulla Corte Internazionale di Giustizia per la composizione delle controversie di diritto internazionale, per la quale la più recente Conferenza Interparlamentare di Bruxelles tanto si è adoperata. “Io sono – disse Nigra – un politico realista e non credo che un Tribunale Internazionale sia in grado di decretare la pace perpetua. Tuttavia la possibilità che l’istituzione del Tribunale Internazionale oggi o domani si realizzi non voglio negarla a priori. Naturalmente il Tribunale dovrebbe aver sede in una città di uno Stato neutrale. E potrebbe a mio avviso con il tempo conquistarsi un campo d’azione e comporre conflitti di confine ed altre questioni internazionali e diventare un efficace strumento giuridico della diplomazia e della pace mondiale, senza tuttavia poter garantire tale pace in modo durevole. Sarebbe in pratica costituita un’istituzione permanente per risolvere in futuro problemi per la cui composizione le Potenze interessate avrebbero precedentemente ricorso ad una corte di arbitrato. Tuttavia le grandi questioni della politica internazionale sarebbero, come lo vedo io, rimesse alla spada fino a nuovo ordinamento della materia. Vorrei solo ricordarLe una cosa: nel 1870 comparve l’Ambasciatore inglese a Parigi, Lord Lyons, a nome del suo governo davanti a Napoleone III e gli offrì, dopo che l’Ambasciatore inglese a Berlino aveva adempiuto allo stesso incarico presso il re Guglielmo di Prussia, la mediazione dell’Inghilterra sulla questione della candidatura Hohenzollern in Spagna. L’Inghilterra si richiamò nell’occasione al Congresso di Parigi del 1856, che in una delle sue sedute aveva discusso la soluzione delle controversie internazionali tramite arbitrato. Napoleone III rigettò recisamente l’offerta inglese. Venne la grande guerra... E così sarà anche in futuro. Non sempre ci si accontenterà del verdetto di una Corte di Arbitrato e nemmeno di appellarsi alla stessa. La Corte Internazionale di Arbitrato avrà da occuparsi, se verrà creata, fino a che non subentri un nuovo ordinamento della materia, di questioni minori di quelle come quella bulgara e quella armena.”””
La Convenzione dell'Aia del 1899 fu un trattato internazionale negoziato alla conferenza di pace tenuta a L'Aia in Olanda (anche nota come Prima conferenza dell'Aia per differenziarla dalla seconda del 1907). Insieme alle Convenzioni di Ginevra, le convenzioni dell'Aia sono state tra i primi tentativi di formalizzare leggi per i tempi di guerra e definire i concetti di crimini di guerra all'interno del diritto internazionale. Una terza conferenza era stata pianificata per il 1914, successivamente spostata al 1915, ma non ebbe mai luogo per lo scoppio della Prima guerra mondiale.
Lo sforzo maggiore, in entrambe le conferenze, fu quello di istituire un tribunale internazionale vincolante, per l'arbitrato obbligatorio onde risolvere le controversie internazionali, che avrebbe dovuto rendere inutile il ricorso alla guerra. La Conferenza del 1899, considerata generalmente un successo, focalizzò gli sforzi verso il disarmo generalizzato.
La conferenza di pace, venne proposta il 29 agosto, 1898 dallo zar Russo Nicola II.[1] Nicola ed il Conte Mikhail Nikolayevich Muravyov, suo ministro degli esteri, si mossero perché la conferenza si svolgesse il più rapidamente possibile.
La conferenza si aprì il 18 maggio 1899, giorno del compleanno dello zar. La convenzione venne firmata il 29 giugno dello stesso anno, ed entrò in vigore il 4 settembre 1900.
La Convenzione consisteva in quattro sezioni principali e tre dichiarazioni addizionali (per qualche motivo la quarta sezione è identica alla prima dichiarazione):
- I: Risoluzione pacifica dei conflitti internazionali. Questa sezione include la creazione della Corte permanente di arbitrato.
La Corte permanente di arbitrato (CPA) è un'organizzazione internazionale fondata nel 1899 per facilitare la risoluzione delle controversie fra stati. Ha sede a L'Aia, nel palazzo della Pace, che ospita anche la Corte internazionale di giustizia e l'Accademia del diritto internazionale.
La corte è stata costituita con le convenzioni dell'Aia del 29 luglio 1899 e del 18 ottobre 1907.