Carteggio tra Costantino Nigra e Antonio Gallenga

Antonio Gallenga (Parma, 4 novembre 1810 – Llandogo, 16 dicembre 1895) è stato un giornalista, scrittore e patriota italiano.

Partecipò al moto rivoluzionario di Parma del 1831, da cui dovette fuggire. Entrato in contatto con Giuseppe Mazzini, si iscrisse alla Giovine Italia e venne incaricato di pugnalare il re di Sardegna Carlo Alberto con uno stiletto dal manico in lapislazzuli, ma non eseguì il compito.

Nel 1836 emigrò in Nord America, approdando a New York per poi trasferirsi a Boston. Qui insegnò italiano privatamente e presso la School for Young Ladies di David Mack ad Harvard. Nel 1839 si trasferì a Londra, dove si mantenne lavorando come giornalista e rimase in contatto con Mazzini, anch'egli esule nella capitale inglese. Nel 1848 rientrò in Italia e si adoperò per l'annessione di Parma al Regno di Sardegna. Nel 1854, grazie al sostegno di Cavour, venne eletto deputato. Fu poi rieletto nella VII Legislatura e nell'VIII Legislatura (quest'ultima era la prima del Regno d'Italia, 18 febbraio 1861 - 7 settembre 1865). In seguito continuò a lavorare come giornalista per il Times di Londra, del quale fu corrispondente per vent'anni. Seguì la seconda guerra d'indipendenza, la spedizione dei Mille, la guerra di secessione americana, la guerra austro-prussiana del 1866 e la guerra franco-prussiana del 1870-71.

LETTERE DA ANTONIO GALLENGA A NIGRA

(Fondo Nigra Museo Risorgimento di Torino - a cura di Roberto Favero)

Località indecifrabile, 15 febbraio 1883

Caro Conte Nigra, ho ricevuta la lettera della E.V. dell'11 del corrente nella quale Ella mi fa parte di un dispaccio del Ministro degli Esteri Mancini, molto lusinghiero verso di me. Prego l'E.V. di gradire i miei più sinceri ringraziamenti e al Ministro e alla E.V. E rimango sempre a disposizione del Governo e dell'Ambasciata ove Io poassa in alcun modo essere utile.   Devotissimo  A. Gallenga

Località sconosciuta, 5 luglio 1883

Ill.mo Sig. Conte, mi permetta di rallegrarmi con V.E. del felice ritorno dai disagi e dai perigli delle feste moscovitiche. Verrei a trovarla, al malgrado della distanza, se non temessi di distrarla dalle molte e gravi occupazioni. Ella sa che Io son sempre ai suoi ordini, tanto quando sono in città, come ora sino a sabato, quanto  in campagna dalla quale una lettera o un telegramma può sempre richiamarmi, quando mi dia la speranza che l'opera mia possa esserle utile. Devotissimo A. Gallenga

The Falls - Chepstow,  30 ottobre 1890

Caro Conte Nigra, mi perviene oggi per via di Perugia la gentilissima sua del 24, in data d'Acqui, e non saprei in quali parole Io potere degnamente ringraziarla di aver avuto la bontà di ricordarsi di me e di darmi opportunità di contraccambiarle le più cortesi espressioni. Ciò ch'Ella mi scrive per rapporto alla fuga e sopravvivenza di Re Edoardo II d'Inghilterra mi riesce estremamente nuovo sorprendente e interessante, tanto più che mi sono molto occupato del misterioso avvenimento a cui ella si riferisce e mi trovo quasi dirimpetto all'antico e quasi intatto Castello di Berkeley, attraverso il Levern (piccolo fiume della Scozia ndr), e nella Contea di Gloucester, sorella di questa di Monmouth. Se il Re fuggì, se fu ospite del Papa ad Avignone e al Castello di Melazzo, sotto la protezione dei Visconti, crederei che cenno di queste vicende potersi trovare negli archivi del papato, sia ad Avignone sia a Roma ed a quelli di Milano e Pavia ed Acqui ed a Melazzo (cittadina in provincia di Alessandria ndr) stesso. Senza qualche documento di questa natura, temo che la tradizione del Castello, per quanto meravigliosa, non potrebbe leggermente trovar fede. Io però tradurrò e scriverò al sig. Walter, proprietario del Times, la sua narrativa e l'iscrizione del Castello. Vorrei bene ch'Ella potesse aggiungere a che data, in che lingua e in che caratteri, e da chi quella iscrizione sia stata posta. Se ciò ch'Io mando al sig. Walter in stampa le sue  novelle e le farò anche pervenire il giornale in cui si stampi. Le ringrazio di nuovo della buona memoria e aggiungo ch'Io, già da mia nuora, la Mary Gullarda Stuart, ebbi notizia della visita ch'ella ebbe la gentilezza di fare alla mia famiglia al Palazzo Gallenga o al Mandoleto, ove la di Lei presenza non è, e non sarà per andar da tempo esser dimenticata e dove si spera che la visita possa essere ripetuta e prolungata. Gradisca tutta la mia servitù e sincera stima e amicizia e mi creda suo devoto  A.Gallenga

The Falls - Chepstow,  5 novembre 1890

Caro Conte Nigra, Ricevo oggi la gent. sua. Il Times di ieri, 4 nov (mio 80 anno compiuto), porta la traduzione della lettera di V.E. e dell'iscrizione di Castel Melazzo, Acqui. Appena Io sia certo del di Lei arrivo a Vienna le manderò ivi il giornale. E intanto proseguirò le mie indagini coi nuovi dati che ricevo dalla seconda iscrizione del Castello.

La ringrazio dell'estratto dalla Perseveranza e della promessa dell'invio de La Chioma di Berenice. Io non posso dirle quanto credo che debba esserLe grata tutta l'Italia delle sue pubblicazioni dei Canti Popolari del Piemonte. Io ne conosceva un buon numero quando abitavo a Torino dal 1854 al 1864. Ma l'anno scorso, da Perugia, me ne mandò una più nuova e ricca edizione mia nuora da Perugia. Fortunato Costantino Nigra che può giovare in tanta guisa alla Patria! Mi occupo anch'Io da più di un anno a scriver lettere al giornale La Nazione di Firenze che tendano a far conoscere agli italiani che cosa sia la Nazione Inglese. Le mie lettere non portano altra firma che Gg. Mi rallegro del di Lei ritorno a Vienna. Quasi temevo che le cure della salute potessero indurla ad abbandonare la sua gloriosa carriera. Oh! Perché mai non ci vedemmo più a lungo a Londra? Ella doveva sapere come Io l'avessi veduta e quanto stimata in Piemonte nei bei tempi di Cavour.  Mi creda di cuore dell'E.V. servitore ed amico.  A.Gallenga

The Falls - Chepstow,  10 novembre 1890

Caro Conte Nigra, le mando a Vienna per la posta d'oggi il Times del 4 corrente che contiene a pagina 10 la lettera di cui le feci cenno nell'ultima mia del 5. Quel giorno stesso Io mandai al Times tradotto, un estratto della lettera inviatami dall'E.V. da Milano, ma finora questa seconda lettera non è comparsa nel giornale; mi farò un dovere e un onore nel mandarglielo. Quel giorno stesso Io scrissi al signor John Anthony Froude, com'Ella sa, il più accreditato scrittore di cose storiche quanto all'Inghilterra ora vivente, e ne ricevetti risposta che, per parte sua, Egli è convinto, sulla testimonianza di Thomas Walt Ingham, Monaco Benedettino  del secolo XV, la cui cronaca va dal 1273 al 1422, il cui racconto serve di testo a tutti gli storici susseguenti, che Edoardo II morì veramente assassinato a Berkely Castle e che se alcuno si presentò ad Avignone, sia a Melazzo presso Acqui, esso non poteva che essere uno dei molti impostori che non mancano mai di impersonificare un illustre estinto quando ci sia da guadagnare qualche cosa col porre in dubbio l'autenticità della sua morte. Per parte mia, contavo che il racconto di Walsingham mi sembra per molti capi inverosimile, ma non è che dietro un ragionamento critico, il quale non reggerebbe di fronte all'Autorità di Froude e dell'opinione pubblica in Inghilterra. Io le scrivo a Vienna perché Ella mi annunziò imminente la sua partenza per Milano, ma ora penso che la venuta in Lombardia di Caprivi[1] e Crispi le abbia fatto prolungare il soggiorno a Milano. Ma confido che all'Ambasciata di Vienna lettere e giornali per l'E.V. non possano andar perduti. Mi abbia in memoria se posso servirla e mi creda suo servo ed amico   A.Gallenga

The Falls - Chepstow,  2 dicembre 1890

Caro Conte Nigra, ricevo oggi la sua del 24. Ritengo per ora lo stampato di A. Germain. A ciò che spetta la resurrezione o morte di Edoardo II d'Inghilterra Io non ho maggior interesse dell'E.V. anzi non è che per servir lei che Io mi sono finora adoperato in questo argomento. Confesso però che, come amante degli studi storici, una volta che Io sono in ballo non mi ritrarrei e se credessi di poter essere utile. Sono d'accordo con lei su tutti i punti cioè, in primo luogo, dubito che possa provarsi storicamente l'uccisione del Re. Il racconto non stà sull'autorità del Walsingham ma su quella di un cronista anteriore e forse non sincrono. Nel racconto stesso trovo però trovo le seguenti improbabilità: 1° che i signori incaricati dell'uccisione del Re erano sopra ogni cosa ansiosi che il fatto rimanesse segreto, e per ottener questo intento gli passarono per l'ano un ferro rovente attraverso una cannuccia la quale impedisse l'azione del fuoco sino a che il ferro rovente gli entrasse nelle viscere di modo che ne seguisse la morte interna senza che ne rimanesse alcuna traccia al di fuori e sembrasse una morte naturale. 2° la conseguenza di questa incredibile ma non impossibile atrocità fu, secondo la cronaca, l'accorrere al castello di Berkeley, alle grida del tormentato, di tutto il vicinato al quale al mattino furono aperte le porte e mostrato il Re morto "somigliantissimo a quel che era in vita ma col volto orribilmente distorto" dalla tortura che aveva sofferto. 3° con tutto ciò il cadavere fu (non molto dopo) condotto a Gloucester ed ivi sepolto. La data della morte e quella della sepoltura non sono ben determinate. Ora secondo me 4° le persone incaricate dell'uccisione avevano bensì missione di impossessarsi e di perpetuare la prigionia della persona del Re, ma non è ben certo che le loro istruzioni si estendessero fino ad un ordine espresso di farlo morire. 5° quest'ordine bisognava che l'indovinassero e quand'anche non dubitassero fosse quella la volontà della Regina e di Mortimer, non erano però certi che la Corte rimanesse per anni o per mesi alla testa del paese e che, in un rovescio qualunque di fortuna, la nazione non facesse indagini sulla morte misteriosa del Re e scoprendoli non punisse gli uccisori. 6° il miglior piano d'azione pei carcerieri del Re era di far credere alla di lui morte ma farlo sparir dal mondo ed averlo sempre alla mano tanto da poter produrlo vivo ogni qual volta che divenisse necessario ed opportuno, soltanto alla vista di chiunque potesse rivelarne il soggiorno. L'esecuzione di un tal progetto di uccisione sarebbe stata bestiale, e se a dar polvere negli occhi era necessario non solo uccidere ma torturare colui che voleva esporsi come il Re morto, lo stratagemma fu non meno stupido che disumano. Ciò però si rendeva nondimeno compatibile con l'evasione e con la supposta morte del Re. Se non ché il supposto Re fuggitivo suggerì che il morto sepolto in sua vece a Gloucester fosse il Portiere del Castello, ucciso dalla mano stessa del Re e senza metter l'allarme nel Castello.  In tutto il resto il racconto di Manuel De Fiasco è plausibile; e si può ammettere che Egli vedesse il supposto Re che per più di 15 giorni fu ospite di Papa Giovanni XXII in Avignone. Il male è che la lettera del Fiesco è senza data né porta la data dell'arrivo o della partenza del supposto Re, né alcuna di quelle dei suoi susseguenti viaggi da Avignone a Parigi, di là in Brabante, a Colonia, attraverso Germania a Milano, di là a Meluzzo (presso Acqui), per due anni e mezzo, poi a Cecina (presso Voghera) nella provincia di Pavia; a Cecina dimorò per altri due anni, sempre rinchiuso, dopo di ché il Fiesco nulla ha più a dire di lui, sia che fosse morto, sia che fosse traslocato altrove dove morisse sconosciuto e dimenticato. Accettando il racconto di Fiesco come perfettamente autentico, malgrado la mancanza di date, resta sempre il dubbio se, tanto il Papa come il suo notaio, vedessero il Re o un avventuriero qualunque che lo personificasse. Per giungere alla verità di un fatto così scabroso gioverebbe: 1° rimontare alla sorgente del racconto tragico di Berkeley per sapere  su che veramente si fondino le cronache di Walsingham e C.  2° vedere il cartolario originale da cui è attinta la narrativa del Fiesco. Pel primo scopo se si affidasse a me mi converrebbe andare a Londra ed esaminare tutti i cronisti di quella età. Pel secondo bisognerebbe che Io potessi mettermi in comunicazione col signor A. Germain e perciò ch'Io sapessi dove scrivergli il che farei volentieri. Il suo opuscolo non porta altro che il di lui nome e non il nome dello stampatore od editore. In Inghilterra non saprei a chi dirigermi ma a Parigi dovrebbe essere persona conosciuta. Penso che, oltre la narrativa di Manuele De Fieschi si trovano, in questo opuscolo, note importanti tratte da sorgenti inglesi che si riferiscono a molti fatti sincroni e relativi al fatto principale che ci interessa. Dalle quali mi pare che si rilevi: 1° che per molti anni l'opinione pubblica rimase in dubbio sull'uccisione di Edoardo II.; che probabilmente la parte che Mortimer avesse sia nella morte sia nella evasione di Edoardo III mise quel Re in sospetto e in avversione di quel ruolo di mandante e fu probabilmente una delle ragioni che lo condussero al supplizio. 2° che Malhavar che fu uno dei custodi del vecchio Re e si credette uno dei colpevoli della di lui vera o supposta uccisione, rimase per lungo tempo in uggia a Re Edoardo III e non rientrò nel suo favore che dopo molti anni ottenendo da lui il perdono di quel che aveva fatto durante il regno del padre accordandogli col perdono anche una mercede che poteva aver meritato, sia come autore dell'uccisione che come l'autore dell'evasione. La prego caro Conte Nigra di perdonare la sterminata lunghezza di questa lettera che Io temo non potrà o non vorrà leggere da un capo all'altro, e mi dichiaro sempre suo devotissimo   A.  Gallenga

The Falls - Chepstow,  11 dicembre 1890

Caro Conte Nigra, la ringrazio della sua dell'8 e delle cortesi parole a favore della vita inglese. Scrissi quelle lettere a richiesta dei Peruzzi che sono tra i pochissimi amici che mi restano in Italia. Tra esse ve ne è ora una che comparve ne La Nazione, in data del 20 maggio, intitolata "Lingua e letteratura inglese" nella quale appunto si accennava il contrasto fra la fertilità letteraria di questo paese e la sterilità del nostro, e se ne accennavano le troppe ovvie ragioni. Io però dietro il suggerimento di V.E. ritornerò su quel soggetto. Il Barbera non si è deciso sulla convenienza di pubblicare una seconda serie di quelle lettere. Se finisce col tirarsi indietro ne farò offerta a qualche altro editore, Treves o altri a Milano. Una delle ragioni per cui non si stampa e non si scrive in Italia è perché non si legge, perché vi è nulla leggibile, e non vi é perché non vi é chi paghi lo stampatore o l'autore. Per me mi son fatto un patrimonio in Inghilterra. Non ho mai avuto uno spazio in Italia, né mai un cenno di stima o di amore. Ingrata Patria? Mi rallegro di veder V.E. tra i senatori e rimango sempre devoto servitore ed amico. A Gallenga

The Falls - Chepstow,  24 dicembre 1890

Caro Conte Nigra, ricevo la gent. sua del 19 in data da Vienna colla lettera di James de Froude[2], il verso latino colla traduzione francese, entrambi senza data e senza scrivere che Io gliela rimandi e son pronto a farlo.

Ma quanto al copione non so Io da che punto cominciare. Letto tutto e da ciò che ho potuto leggere in tutte le opere storiche che ho presso di me sulla storia inglese, Io ho ritenuto grave dubbio che la morte di Edoardo II avvenisse al Castello di Berkeley  come lo descrivono le cronache, e perciò davo le mie ragioni. Supponendo che l'E.V. abbia ricevuto il Times  che Io le mandai a Vienna, e dove davo, tradotta in inglese, la parte della di lei lettera che si riferiva alle rivelazioni di Melazzo. Tre o quattro giorni dopo comparve una seconda mia lettera nello stesso giornale in cui si citava la nuova iscrizione pervenutami in una seconda sua lettera. Sotto la mia seconda lettera il Times stampò una lettera anonima nella quale si dichiarava ex cathedra, che la morte di Re Edoardo II a Berkeley Castle era un fatto storico su cui non poteva cader dubbio. E nello stesso senso mi rispose anche il distintissimo storico J.A. Froude, al quale mi rivolsi chiedendo se col far dette indagini si potesse recare in luce ciò che poteva esserci di vero. Io diedi all'E.V. ragguaglio di tutto l'operato e poi aspettai sue nuove da Vienna ove Io la credeva arrivato sano e salvo da parecchie settimane. Io non ho la minima difficoltà a credere il documento Fieschi perfettamente genuino; e i molti fatti a cui si riferisce in ciò che avveniva in Inghilterra durante il regno di Edoardo III, sono conformi alla verità storica. Mi resta sempre il dubbio che l'individuo che si presentò al Papa in Avignone e che poi nelle apparizioni in Piemonte e Lombardia fosse o non fosse il personaggio ch'Egli si annunziava. Se perciò Ella non creda opportuno di ottenere dal signor Germain il permesso di mettere in luce il suo documento Io non posso che rinviarlo a V.E. e così farò appena Ella mi onori di una sua risposta decisiva. Non mi è pervenuta da Milano la sua pubblicazione di cui Ella mi mandò cenno critico estratto dalla ................ Mi creda Caro Signor Conte sempre devoto  A.Gallenga

The Falls - Chepstow,  30 dicembre 1890

Caro Conte Nigra, tante grazie della sua del 25. Mi rincresce della morte del sig. A. Germain e più della perdita di tempo cagionata a V.E. nel far ricerca di lui. Non v'é dubbio che con coraggio e pazienza si verrebbe a capo di trovare, e in Inghilterra e in Francia, i documenti che potessero apportar luce sulle circostanze della fine tragica di Re Edoardo II d'Inghilterra e Io lo farei volentieri, se fossi giovane e potessi viaggiare e fermarmi in tutti i luoghi opportuni e se potessi, secondo l'espressione di Balilla domandar "Chi mi paga"?  Potrei anche aggiungere "Chi mi ringrazierebbe?" se riuscissi nell'impresa. Confesso che Io sperava che la di lei lettera stampata nel Times avesse creato qualche interesse in questa buona gente inglese. Ma no, chi è morto è morto, e salute ai vivi. Vi sono nella storia d'Inghilterra, d'Europa e del Mondo cento fatti storici di cui premerebbe sapere il vero più che sul conto della morte di quel povero Re dannulla. Ma oramai non si tratta più di verificare le cronache del XIV secolo, basta bene sapere ciò che si debba credere delle asserzioni che ci si affacciano nelle colonne del Times  e dei suoi confratelli. Tutto sta in fondo al pozzo. Le rimando con molti ringraziamenti l'opuscolo del defunto signor Germain e con un Buon Capodanno ed offrendole qualunque servizio in cui possa valere, la prego di credermi sempre dell'E.V.  devotissimo A.Gallenga

[1] Leo von Caprivi, nome completo Georg Leo Graf von Caprivi di Caprara di Montecuccoli (Charlottenburg24 febbraio 1831 – Skyren6 febbraio 1899), è stato un generale e politico tedesco, successore di Otto von Bismarck nella carica di Cancelliere dal 1890al 1894.

[2] James Anthony Froude (23 Aprile 1818 – 20 Ottobre 1894) fu uno storico inglese, autore di novelle, biografo ed editore del Fraser's Magazine.