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PREMESSA

Il Generale Dante Adami  ( 1915 – 2009 ) , alto ufficiale dell’Arma dei Carabinieri ,  di origine  canavesana , oggi scomparso , nel corso della sua vita ha raccolto , gelosamente conservato e studiato corrispondenze e documentazione riguardanti  Costantino Nigra , anch’egli di origine canavesana , alcune pervenutegli dagli eredi Nigra , altre dalla Bottega di Erasmo , libreria specializzata in documenti storici .

I figli , il Notaio Giancarlo  e la Prof.ssa Maria Luisa  , che le hanno ereditate  , hanno sentito l’esigenza di metterle a disposizione affinché siano pubblicate e , quindi , eventualmente  esaminate da storici e studiosi  e di ciò occorre dare loro merito.

Si tratta di un vasto fondo di lettere o biglietti originali  inviati dal Nigra o a lui pervenuti , alcuni di argomento  strettamente personale o addirittura familiare , altri , invece , di interesse storico .

Fra le corrispondenze  pervenute al Nigra,  emissario di Cavour  in un primo tempo , poi ambasciatore dell’Italia Unita  a Parigi e da ultimo diplomatico a riposo a Venezia  ,  facenti parte del fondo Adami , vi sono in particolare , tre missive a lui inviate dall’ Imperatrice Eugenia ,  in tempi diversi ,  e una quarta , in concomitanza con la fuga della stessa  Imperatrice da Parigi nel 1870,  pervenutagli dall’ambasciatore austriaco a Parigi , Principe Richard di Metternich , figlio dell’ex cancelliere   Clemens di Metternich ,   che nel 1815 in qualità di Ministro degli Esteri  , e a tutto vantaggio  del suo paese , si riservò un ruolo di regia  nel Congresso di Vienna  , specie  nel disegnare l’assetto dei territori  europei  dell’era post napoleonica.

In alcuni Musei del Risorgimento ( Torino e Roma ) e presso il Centro Culturale di Castellamonte dedicato al Nigra    o presso le sedi di  altre associazioni intitolate  a personaggi risorgimentali (  ad es. Associazione Cavour a Santena  )  sono conservate numerose corrispondenze , alcune di natura privata , altre di argomento politico ,  fra Nigra e  personaggi risorgimentali .

Altre ancora  sono già state oggetto di raccolta e pubblicazione : ad es. il carteggio Cavour – Nigra[1],  o il carteggio Nigra - Visconti Venosta ( Ministro degli Esteri del Regno )[2] .

Le quattro lettere inedite che vengono qui presentate – tre di queste  tra le poche fra i due personaggi finora reperite  -  confermano  , in presa diretta , la lunga amicizia , svoltasi nell’arco di mezzo secolo fra l’Imperatrice Eugenia e Costantino Nigra  .

I libri di storia ancora  presentano , pur  con sempre minore rilievo ,   via via che gli avvenimenti si allontanano nel tempo e i principi ispiratori sono superati  da successive  esigenze ed evidenze storiche , i grandi  attori del Risorgimento Italiano  : Vittorio Emanuele II° ( 1820 – 1878 ) ,  Camillo Benso Conte di Cavour ( 1810-1861), Giuseppe Garibaldi ( 1807-1882 ) , Giuseppe  Mazzini ( 1805-1872) .

Personaggi , che  , da posizioni  diverse ,  hanno contribuito in modo determinante  all’unificazione territoriale e politica della penisola nella seconda metà dell’800 , in esito  alla  liberazione  di estesi territori  italiani dalla  diretta dominazione della corona  Austro – Ungarica ,  o indirettamente ,  tramite parenti della  famiglia imperiale  ,  così come imposta  dal Congresso di Vienna del 1815.

Con l’inesorabile trascorrere del tempo a stento si ritrovano  i nomi degli altri protagonisti dell’unificazione italiana ,  che, a volte ,  vi hanno pure giocato ruoli determinanti e nell’imminenza degli eventi entrarono nell’immaginario collettivo  , ma che oggi sono pressoché dimenticati  , ricordati  solo  in stinti toponimi lapidei  o in pubblicazioni  dei professionisti della storia.

Uno di questi nomi  è quello del canavesano della Valle Sacra  Costantino Nigra   , nativo di Villa Castelnuovo , oggi Castelnuovo Nigra , cui in passato sono stati dedicati  volumi o citazioni  da parte di storici e letterati , in onore del quale sorse il già citato Centro Studi di Castellamonte  e  vennero dedicate vie  in parecchi centri del territorio canavesano , ma che , al di fuori di questi ambiti  , è finito nell’oblio.

 COSTANTINO NIGRA ( 1828 – 1907 ) 

“Il bel Nigra , l’audace Nigra del ‘58-‘59, inviato trentenne dal Cavour a Parigi per assolvere le parti difficili che il marchese Villamarina non era in grado di sostenere; il fedelissimo che nel marzo del ‘59 aveva esortato il maestro a forzar la mano all’opinione francese , mediante un pronunciamento a Modena o Bologna  o nelle sole legazioni, interrompendo ad ogni costo il funesto  lavoro della diplomazia e dando fuoco alla miccia , che ancora nel  ‘66 aveva premuto  sul Lamarmora per deciderlo  all’azione e alla guerra; l’alto , biondo, elegante Nigra dai grandi occhi scintillanti , seduttore sottile e fortunato di cuori femminili , capace di rivestire anche la politica di leggiadria mondana recitando all’Imperatrice Eugenia , una sera del ‘63, sul placido laghetto di Fontainebleu, la barcarola di Venezia  viva e in attesa ; il Nigra già circondato di un alone in cui  leggenda e storia si frammischiano , e oggetto , come nessun altro fra i diplomatici, di simpatie ed antipatie , di alti riconoscimenti e di critiche aspre…“[3]

La presentazione non è di un cronista con  intenti apologetici , ma di Federico Chabod uno dei pilastri del nostro gotha storiografico , allievo di Benedetto Croce e maestro di Rosario Romeo e Renzo de Felice  , noto per la sua proverbiale cautela nei giudizi e  il rigoroso  rispetto delle fonti.

Sorpresa, alla maturità 2023 spunta Federico Chabod “L'idea di nazione” per  la traccia di tipo storico-politico - La Vallée Notizie

lo storico Federico Chabod

Nel presentare Costantino  Nigra , Chabod intende richiamare l’attenzione su un personaggio  dotato di un fascino particolare che gli valse un successo personale nella sua attività diplomatica  , ma  che  gli ha anche richiesto abnegazione e  grande dispendio di  energie ; successo che  , si potrebbe aggiungere , ha  pagato a caro prezzo nella vita familiare e privata .

Le vicende che hanno visto Costantino all’esordio della sua carriera   , insieme alla Contessa di Castiglione ( 1837-1899) , agire  presso la corte del secondo impero francese agli ordini di Cavour per realizzare gli accordi di Plombiers ( 21 luglio 1858 ) ( con tanto  di codici cifrati e armi camuffate )  , sono sufficienti  per renderlo un personaggio attualissimo ,  peraltro già descritto   nel   romanzo storico di  Salvator Gotta nel suo “ Ottocento “ [4],  trasposto dalla RAI  in una  serie televisiva del 1958 , di grande successo allora , che oggi appare un po’ datata.

Al Nigra del 58-59 , agente di Cavour , di cui parla  Chabod  , che agiva in regime di “diplomazia parallela” , in un primo tempo addirittura segretamente per eludere l’attenzione  dei giornali , specie quelli schierati contro l’intervento francese nelle questioni italiane  ,  dei servizi segreti austriaci e , anche ,  del capo della legazione sabauda  a Parigi , Conte Villamarina ,  succedette il Nigra diplomatico ufficiale  ,  che dopo la morte di Cavour nel 1861 ,  assurse  alla  carica di capo legazione a Parigi , bruciando  i tempi del rituale  “cursus honorum “ , proprio  in virtù del contributo dato all’intervento francese nella seconda guerra d’indipendenza e dell’ormai consolidato rapporto privilegiato con le maestà imperiali .

Alcuni anni dopo la caduta del secondo impero francese , Nigra fu mandato a ricoprire le posizioni apicali nelle ambasciate di S. Pietroburgo ( 1876 )  , Londra ( 1882 ) e Vienna ( 1885 )  ; si sarebbe poi ritirato a Venezia nel 1904 , non prima di  aver incassato la riconoscenza  per i  servigi resi nel  processo di unificazione  dell’Italia , dal re  Umberto I° ( 1844-1900 ) , che  nel 1882 lo insignì del titolo comitale ,  nel 1890 della nomina a Senatore del Regno e  del Collare dell’Annunziata nel 1892  .

Questa sua attività diplomatica fu molto apprezzata  dai Regnanti e Ministri  delle nazioni ove fu ambasciatore ,  che gli tributarono , oltre che  tangibile e documentata amicizia  ,  numerose onorificenze  e pubblici riconoscimenti.

Non mancarono , in patria , le manifestazioni di stima e le proposte di incarichi ai più alti gradi governativi  , tanto che  Chabod ricorda  ”  il rifiuto due volte pronunziato , di diventare Ministro degli Esteri . Una prima volta , nel giugno dell’85 , quando il dimissionario Mancini gli annunziò che avrebbe fatto il suo nome …  Una seconda volta , com’è noto , alla morte del Depretis , quando Crispi e lo stesso Umberto I° personalmente e vivamente insistettero perché egli assumesse  la responsabilità della politica estera italiana: e anche allora fu un rifiuto , netto e reciso .”[5]

Ancora nel 2010 ,  a distanza di più di 100 anni dalla sua scomparsa  , a riconoscimento dell’eccellenza della sua azione diplomatica ,  gli venne   intitolata  la nascente associazione dei diplomatici a riposo ( ASSDIPLAR ) e la più importante sala conferenze della Farnesina , ove campeggia un busto in terracotta realizzato dal ceramista  canavesano Roberto Perino .

Ma accanto alle indiscutibili doti di diplomatico ,  non  va dimenticata la sua attività di poeta , di filologo e di glottologo , rivolta principalmente  al territorio canavesano  , che gli valse  svariati riconoscimenti  anche internazionali  dalla   critica letteraria  e da varie associazioni culturali  e due  lauree “ honoris causa “ ,  concesse  dagli atenei di Edimburgo e Cracovia.

Pur descrivendo i successi del Nigra come politico e letterato  , lo Chabod non può però esimersi dal  descriverne lo stato d’animo  successivo alla scomparsa del suo maestro Cavour, e ancor  più nella fase avanzata  della sua esistenza, così come appare in alcune corrispondenze confidenziali del Nigra stesso “ Disincantamento  , amarezze, stanchezza fisica e morale ; sentimento ferito  dall’asprezza della lotta politica , con le sue fatali ingenerosità , che , a vincerle nell’intimo , occorre animo sdegnoso e forte piu’ di quanto  in nostro per avventura non avesse; sentimento ferito  anche direttamente dai violenti attacchi  con cui la Sinistra ne criticò l’opera per anni  ed anni , fino al 76 , fino cioè al tanto richiesto allontanamento da Parigi dell’italiano amico di Napoleone III° e di Eugenia . Un po’ anche l’abito diplomatico , con il suo scetticismo su  uomini e cose e il suo diffidare della troppa passione , che conduce agli scatti di nervi e guasta il mestiere. Tutto questo con delusioni e amarezze familiari erano , certo , alla base del suo atteggiamento disincantato e stanco ; ed erano anche prova  di quanto la presenza viva , continua , eccitante e sferzante di Cavour  avesse saputo trasfigurare i suoi collaboratori , facendone  uomini d’azione , inebriandoli quasi e lanciandoli pieni d’audacia nella mischia.

Chabod ,  approfondendo i motivi  del “ disincantamento” del Nigra ,  prosegue :

Era come un intiepidirsi della vita interiore ; e a determinarlo non era solo  il disincantamento personale . C’era di peggio : ed era che l’Italia quale si presentava ad unità compiuta  non incarnava davvero gli ideali della vigilia .

…Aggiungi la sensazione,  penosa , di essere messo in disparte , di essere ormai un sopravvissuto , buttato su di una spiaggia solitaria dalle onde incalzanti dei grandi eventi : sensazione che …nel Nigra poteva sorgere dopo il ‘70 ( caduta del II° impero n.d.r. )  , soprattutto dopo il ’76 ( trasferimento da Parigi a S. Pietroburgo n.d.r.  ) , e che era , anch’essa poco idonea  a predisporre alla comprensione e all’indulgenza.

Questo stato d’animo , dunque , dovette entrare per qualche cosa nel disincantamento del Nigra . Certo era tutt’altro che infrequente … in altri , meno illustri amici e conoscenti , piemontesi anch’essi ; e al D’Azeglio  e a suo pessimismo si rifaceva  apertamente uno di essi , il Govean , che lamentava in una lettera al Nigra , nel 1879, il decadimento del costume politico  italiano :

“ Mancati i grandi scopi  che guidarono gli italiani negli anni andati , vennero fuori gli scopi particolari . E , come diceva Azeglio , i nuovi venuti trovando  la tavola apparecchiata , mangiarono le portate . Poi vennero quelli  che portarono via posate e tovaglioli . Ora, dico , io , sono altri venuti in cucina che si disputano tegami , ramini e paiuoli , e Dio sa con che mani . “[6]

Nigra , ritirato  nella  casa che si era fatto costruire a  Venezia , oggi  Hotel Ca’ Nigra  ,  in precarie condizioni  di  salute , seguito attentamente  dall’ex Imperatrice con visite dirette o tramite emissari e sempre  con amicizia ed affetto , come testimoniano  le  inedite missive qui presentate   ,  dopo una prima crisi  nel 1905 , morì il primo luglio  1907 nonostante  un tentativo estremo di trasferimento al clima di  Rapallo il 22 giugno 1907 su un’unità da guerra , il cacciatorpediniere Elba , messo a disposizione  dalla Regia Marina Militare .

L’IMPERATRICE EUGENIA DE MONTIJO  ( 1826-1920)

Eugenia de Montijo, l'imperatrice devota di Lourdes

Eugenia de Montijo imperatrice di Francia

Eugenia de Montijo (Granada5 maggio 1826 – Madrid11 luglio 1920), diciannovesima contessa di Teba e decima contessa di Montijo, fu imperatrice consorte dei Francesi dal 1853 al 1870 e in virtù del suo matrimonio con Napoleone III fu l'ultima sovrana di Francia.

Nel 1849 Eugenia conobbe Luigi Napoleone Bonaparte, presidente della Repubblica francese nell'hôtel di Matilde Bonaparte, poi all'Eliseo.

Colui che era allora solo il "principe-presidente",  fu ammaliato da Eugenia fin dal primo incontro.

L'assedio sentimentale di Luigi Napoleone ad Eugenia durò due anni : si racconta  che Napoleone , dopo averla scorta di mattina affacciata alla finestra del suo appartamento di Compiègne, incontrandola  a pranzo, le avesse  chiesto da dove bisognava  passare per arrivare nella sua stanza per stare assieme a  lei : Monseigneur, rispose Eugenia, bisogna passare per la Cappella!...-

L'atto di matrimonio civile fu registrato al Palazzo delle Tuileries nella Sala dei Marescialli, il 29 gennaio 1853 alle 20. Il matrimonio religioso si svolse a Notre Dame de Paris il 30 gennaio 1853.

Luigi Eugenio Napoleone, unico figlio di Napoleone III e di Eugenia, nacque il 16 marzo 1856.

Con la sua bellezza, il suo fascino e la sua eleganza Eugenia contribuì al successo del regime imperiale. Ebbe un'amicizia stretta con la principessa Pauline von Metternich, moglie dell'ambasciatore austriaco a Parigi, che giocò un ruolo importante nella vita culturale e sociale della corte

Eugenia , come Maria Antonietta  nel secolo precedente , influenzò la moda : quando nel 1855 iniziò ad indossare le crinoline , tutta l’Europa seguì il suo esempio e quando alla fine  degli anni 60 le abbandonò , su consiglio del suo stilista Charles Worth , le donne lo seguirono nuovamente .

L'interesse di Eugenia per la vita di Maria Antonietta ebbe conseguenze sulle mode e sull'arte del tempo: l'imperatrice infatti, oltre a indossare abiti ispirati al XVIII secolo, prediligeva arredamento e mobilio in stile neoclassico, caratteristico del regno di Luigi XVI.

Per la sua educazione e per la sua intelligenza, era spesso consultata dal marito  sulle importanti questioni di Stato, ed ebbe la reggenza durante le assenze di Napoleone, nel 18591865 e 1870.

Da cattolica fervente  e di idee conservatrici, l'influente Imperatrice contrastava tutte le tendenze liberali della politica di Napoleone III .

In particolare osteggiò, per devozione al papa, la politica filo-italiana di Napoleone III, tanto più che la prima fase dell'alleanza francese con i piemontesi era nata sotto l'egida della relazione dell'Imperatore con la Contessa di Castiglione , che ebbe un ruolo talmente rilevante  come favorita dell’Imperatore , anche se la loro storia durò solo un biennio ,   che ancora oggi se ne possono ritrovare i cimeli e la mobilia  nella sala a lei dedicata al Castello di Compiègne , uno dei teatri dei fasti imperiali .

Nonostante l’avversione all’alleanza con  il Piemonte , che rischiava ai suoi occhi di mettere il pericolo la dinastia imperiale , l’Imperatrice  conservò  per mezzo secolo nei confronti del suo rappresentante Costantino Nigra amicizia e affetto .

Nel 1859  Eugenia , in assenza  dell’Imperatore che condusse l’esercito francese nella campagna italiana  per la  seconda guerra d’Indipendenza  , tenne la reggenza dell’Impero. 

Quando il Secondo Impero francese crollò a seguito della sconfitta subita dalla Francia nella Guerra franco-prussiana (1870-1871), l'Imperatrice , ancora reggente ,  dovette fuggire , anche con l’aiuto del Nigra ,  e trovò rifugio    in Inghilterra , ove si riunì col figlio ad Hastings .

L'imperatore , imprigionato dal Prussiani dopo la battaglia di Sedan , fu  infine liberato e il 20 marzo 1871 ,   sbarcato a Dover ,  raggiunse la moglie a Chislehurst , nel Kent , e i sovrani esiliati e il figlio vissero insieme da quel momento  nella tenuta di  Camden Place ,  affittata da Eugenia  già dal settembre dell’anno precedente , ma probabilmente su indicazione   del  marito che vi aveva vissuto in anni giovanili .

In Inghilterra la coppia imperiale ritrovò la perduta serenità coniugale e condusse una vita da ricchi borghesi: Napoleone III vendette le sue proprietà in Italia e il ricavato fu investito con successo dall'imperatrice che  si dimostrò un'ottima amministratrice; i suoi investimenti e la vendita dei suoi gioielli privati garantirono alla famiglia la stabilità economica.

Il Principe Imperiale venne mandato a studiare prima al King's College di Londra, poi all'Accademia militare di Woolwich, dove si dimostrò un ottimo studente.

Il 9 gennaio 1873  Napoleone III° , già  curato per una grave forma di calcolosi ,  morì e fu sepolto a Saint Mary, la chiesetta cattolica di Chislehurst.

All'inizio del 1879 Luigi decise di andare a combattere sotto la bandiera inglese in Sudafrica, nella guerra contro gli Zulu. Seppur contraria, l'imperatrice riuscì a ottenere i permessi necessari dalla regina Vittoria. Il 27 febbraio 1879 Eugenia disse addio a suo figlio: non lo avrebbe mai più rivisto perché il  1º giugno 1879 il Principe Imperiale perse la vita  in uno scontro con gli  Zulù.

Dall’inizio degli anni ‘80 l'imperatrice passò la sua vita spostandosi fra tre punti focali: Farnborough Hill nell’Hampshire  , proprietà che intanto aveva acquistato nel 1881 ,  dove visse e fece allestire le tombe della famiglia imperiale nell’annessa Abbazia di St. Michael  , Cap Martin nel  Sud della Francia e il mare.

Infatti , non sopportando i rigidi inverni inglesi, Eugenia decise di comprare uno yacht, il Thistle, con cui intraprese numerosi viaggi nel Mediterraneo, visitando molti paesi (tra cui l'Italia, la Grecia, l'Egitto, la Turchia).

Nel 1891 all'hotel di Cap Martin, vicino a Mentone, incontrò l'imperatrice Elisabetta d'Austria ( la famosa  Sissi ) , in costante fuga da Vienna, soprattutto dopo il suicidio del figlio a Mayerling. Le due imperatrici, conosciutesi già in precedenza , furono avvicinate dalla vecchiaia e dalle sofferenze per la perdita dei figli  e divennero confidenti.

Nel 1892 fu completata la costruzione della Villa Cyrnos, a Cap Martin ,  decorata con le  insegne imperiali , che dava direttamente  sul mare.

Eugenia vi passò molto tempo sia con la regina Vittoria sia con Sissi , tant'è che Cap Martin fu soprannominato “ le Cap des Impératrices”.

Non perse mai di vista gli svolgimenti politici europei, fu sempre una gran lettrice di quotidiani e invitava spesso gli ambasciatori stranieri nelle sue residenze.

Alla notizia dell'ultimatum dell'Austria alla Serbia nel 1915, l'imperatrice Eugenia si preparò ad affrontare la futura guerra con risolutezza. Scoppiata la guerra, offrì la Villa Cyrnos alle autorità francesi perché ne facessero un ospedale, ma l'offerta fu rifiutata.

Allora decise di trasformare la stessa Farnborough Hill  , in un ospedale militare, aiutando l'Intesa da semplice privata cittadina . Un'ala della casa divenne dunque un ricovero per gli ufficiali feriti.

Dopo la guerra , nel dicembre 1919 partì per Cap Martin, da cui mancava ormai da molti anni e dopo una  tappa a Parigi proseguì’ il   viaggio , verso la natia Spagna :   a Siviglia ricevette la visita del re e della regina di Spagna, sua figlioccia.

Si stabilì poi a Madrid, al Palacio di Liria, dove ricevette le visite di molti suoi connazionali che desideravano vedere «la più grande spagnola del loro tempo»

Era sua intenzione tornare a Farborough a metà luglio del 1920, ma il 10 luglio si sentì male durante la colazione e fu messa a letto. Aveva preso un'infreddatura che le fu fatale alla sua età. Di notte ricevette l'estrema unzione e alle otto del mattino dell'11 luglio 1920 si spense. Aveva novantaquattro anni.

NAPOLEONE III°

Portrait of Emperor Louis Napoleon III - Auguste Boulard

Napoleone III imperatore di Francia

Dopo la definitiva sconfitta di Waterloo nel 1815 , le potenze europee  vincitrici , Austria , Prussia  e Inghilterra , relegarono l’imperatore dei Francesi , Napoleone Bonaparte , sull’isola di Sant’ Elena, dove morì il 5 maggio 1821 .

Nel frattempo  deposero  dal trono   il figlio del Bonaparte  ,   Francesco Giuseppe ,    che per pochissimi giorni , dopo l’abdicazione a suo favore da parte del padre , aveva detenuto  la corona di Francia  come Napoleone II°  .

Anche i numerosi parenti in discendenza  diretta e collaterale, detti i Napoleonidi , vennero , a loro volta , allontanati   dal suolo francese , per evitare che  contendessero  diritti dinastici al restaurato potere della casata  borbonica  ,  alla quale erano appartenuti gli ultimi re di Francia.

Dopo alcuni decenni  di  esilio , tuttavia ,  i discendenti più diretti del Bonaparte   :  Carlo Luigi , Girolamo e Matilde ,  in quanto figli di fratelli e , quindi, nipoti  dell’imperatore ,   ebbero l’occasione di tornare sulla scena della storia e rinverdire i fasti imperiali .

Carlo  Luigi  , nato nel 1808 , era figlio terzogenito di Luigi Bonaparte ( fratello di Napoleone ) e di Ortensia di Beauharnais.  Vissuto  in esilio  fra  Roma e Firenze    , dove la famiglia aveva acquisito possedimenti al tempo in cui regnava in  Italia    , aveva da sempre coltivato la speranza   di  un ritorno trionfale a Parigi  .

Fin da giovane aveva  tramato  contro  l’impero Austro - Ungarico  che , sul suolo italiano  , dopo il frazionamento territoriale e la restaurazione   imposta dal Congresso di Vienna del 1815 , esercitava il potere  con pugno di ferro , incurante delle istanze autonomistiche espresse dagli strati piu’ illuminati della popolazione  , che mal  sopportavano la sudditanza dallo straniero .

In giovane Carlo Luigi ,  pur non avendo   ancora  avere chiaro il percorso da seguire  per recuperare ai Bonaparte  l’impero francese , per  comprensibile  spirito di rivalsa e naturale inclinazione alla cospirazione ,   partecipò  attivamente ai moti carbonari con i  più  coraggiosi  patrioti che si alimentavano del verbo mazziniano e promossero  i moti del 31 , che ottennero scarso successo ma ,  nel contempo ,  scatenarono  la feroce  repressione austriaca.

Per uno strano gioco del destino , ancora giovinetto  , Carlo Luigi  era stato  affidato alle cure e alla tutela  dell’ illustre  avvocato fiorentino  Ranieri Lamporecchi   , nonno , per parte della figlia Isabella ,  della futura Contessa di Castiglione e futura sua amante .

Tornato segretamente  a Parigi con la madre ,  il re Luigi Filippo di Orleans gli  concesse di rimanervi  e lui  non  cessò mai di complottare , più o meno segretamente  ,  per deporlo dal trono  e  riportarvi un Bonaparte .

Nel febbraio del 1848,  lo scoppio della cd. “seconda  rivoluzione francese “ aveva costretto re Luigi Filippo ad abdicare , perché incapace a fronteggiare il vasto dissenso diffusosi  tra la popolazione e l'esercito.

Carlo Luigi si candidò così  alle elezioni politiche del 1848  e divenne Presidente e poi , con un colpo di mano ,  Imperatore di Francia  nel 1851  con il nome di Napoleone III° e  con al fianco la sposa ,  Eugenia di Montijo  , appartenente ad  una delle piu’ illustri  famiglie dell’aristocrazia spagnola.

Se con la corona imperiale aveva raggiunto lo scopo di riportare i Bonaparte al potere  , gli rimaneva ancora  il desiderio  di vendetta nei confronti dell’Austria , specie se l’avesse consumata    conquistando   un maggior potere per la Francia  bonapartista in Europa. 

Camillo Benso Conte di Cavour ,  primo ministro del piccolo Regno di Sardegna ,   abile statista , gran conoscitore e manovratore di uomini e audace “ tessitore” dell’Unità d’Italia   ,  comprese e cercò di veicolare a favore di Casa Savoia  il desiderio  di grandezza per il secondo impero  e di vendetta nei confronti dell’Austria , riuscendo così a coinvolgere Napoleone III°   con il suo esercito  nella seconda guerra d’indipendenza del ‘59 , pur ottenendo , in quel frangente ,   solo  la liberazione della Lombardia . 

Nel 1870 Napoleone III° avviò la sfortunata guerra nei confronti della Prussia del Cancelliere Bismarck , che gli costò , con la sconfitta , anche la perdita della corona imperiale francese , a cui sarebbe seguita  la  proclamazione della c.d. terza repubblica.

Visse esule in Inghilterra fino al 1876  , anno in cui morì,  lasciando la moglie Eugenia ed il figlio .

 LE CORRISPONDENZE INEDITE DEL FONDO ADAMI

  1. CORRISPONDENZA INVIATA DA EUGENIA A COSTANTINO NIGRA – senza data – presumibile giugno 1859 – 3 fogli – fondo Gen. Dante Adami – acquisizione  dalla Bottega di Erasmo con il n. 56

TRADUZIONE :

Mio caro Ministro , l’’Imperatore mi ha appena detto che ha fatto scrivere ieri a Vienna  per il prolungamento della sospensione  delle ostilità .

Quanto alla Vostra ultima proposta di evacuazione del Veneto da parte degli Austriaci, posta come condizione  alla conclusione dell’armistizio e fondata  sull’evacuazione  del Tirolo  da parte delle truppe Italiane in seguito  al movimento di concentrazione  delle Vostre forze, non si è creduto che fosse possibile  farla accettare e , di conseguenza , ci si è astenuti dal proporla a Vienna.

Io Vi scrivo queste poche righe  per ordine dell’Imperatore affinché non vi siano malintesi .

Credete mio caro Ministro a tutti i miei sentimenti   EUGENIE

 IL CONTESTO STORICO

La datazione ,  mancante ,  si può ricavare dal tenore del messaggio .

Si parla di “ sospensione delle ostilità “   già avviata e di “ armistizio”  da raggiungere.

E’ da supporsi che si riferisca alla sospensione delle ostilità in seguito alla battaglia di Solferino del  24 giugno 1859 nei pressi di Mantova  e dell’armistizio che poi sarà firmato a Villafranca l’11 e il 12 luglio successivo .

Quella di Solferino  fu una battaglia  sanguinosa , combattuta il  24 giugno 1859 fra l'esercito austriaco e quello francese durante la seconda guerra d'indipendenza , contestualmente alla battaglia di S. Martino , alla quale parteciparono anche i soldati dell'esercito piemontese.

A seguito della carneficina che ne seguì -  i morti si  contarono a decine di migliaia - i comandi  delle  forze belligeranti si risolvettero a interrompere le ostilità e cominciarono a trattare per raggiungere l’armistizio , che venne firmato a Villafranca  da Napoleone III di Francia e Francesco Giuseppe I d'Austria l'11 luglio 1859 , da Vittorio Emanuele II° solo il giorno successivo ; armistizio che pose le premesse per la fine della seconda guerra d'indipendenza e la pace di Zurigo del  10 Novembre 1859.

Il messaggio dell’imperatrice si può quindi collocare fra le due date del  24 giugno ( battaglia di Solferino )  e l’11 luglio ( firma dell’Armistizio )  ,   e venne inviato da Parigi , ove Eugenia reggeva le sorti dell’impero in nome dell’Imperatore , che guidava l’esercito francese sui campi di battaglia.

Occorre aggiungere che mentre Napoleone III° , pur nominalmente uscito  vincitore della battaglia ,  fu impressionato dalle perdite subite , dai costi della guerra  e dalla consapevolezza  che  in patria il partito dei non interventisti stava fomentando la stampa e  le proteste del popolo francese e fu da subito indotto a ricercare una via d’uscita dalla guerra , invece il Conte di Cavour , che guidava il governo sabaudo , insistette in modo addirittura furioso  presso  il re  Vittorio Emanuele II° , che aveva guidato l’ esercito  ,  affinché rinunciasse a firmare  l’armistizio , anche a costo di proseguire la guerra con il solo esercito sabaudo , pur integrato dei numerosi patrioti giunti da ogni parte d’Italia .

Fra questi il Generale Giuseppe Garibaldi , che li guidava nella formazione dei Cacciatori delle Alpi,  concentrata  , con marce forzate , nei territori del Tirolo con un “ movimento di concentrazione”  cui fa cenno l’imperatrice nel suo messaggio a Nigra .                                                                                                                                                            Per tornare al contenuto del messaggio , si può’ supporre che  il Nigra ,  su  indicazione di Cavour che  , dopo gli sforzi diplomatici ,  lo straordinario investimento di risorse  e di vite umane   , mirava ad ottenere  oltre alla liberazione del territorio lombardo anche quella del territorio  veneto,  avesse richiesto che l’armistizio fosse concluso solo a condizione della liberazione del Veneto, proponendo come contropartita il ritiro delle truppe “ italiane” ammassate in Tirolo.

In riferimento alla concentrazione delle truppe italiane in quei territori  , rimandiamo ad alcune ricostruzioni di un testimone oculare  , Giovanni Battista Ruffini[7] , ufficiale dei cacciatori delle Alpi:

Nel corso della seconda guerra di indipendenza italiana lo Stato maggiore austriaco di Vienna, allertato dalla vittoria italiana nella battaglia di Montebello del 20 maggio e in special modo da quelle di Giuseppe Garibaldi con i suoi Cacciatori delle Alpi a Varese e San Fermo del 26 e 27 maggio quest'ultimo peraltro fiancheggiando i franco-piemontesi sulle Alpi sembrava mirasse a penetrare in Trentino, decise, con ordine del 31 maggio, di muovere da Linz verso il Tirolo meridionale l'intero 6º Corpo d'Armata. L'intasamento dell'unica strada ferrata che da Innsbruck raggiungeva, tramite il passo del Brennero, la città di Bolzano, costrinse i reparti ad una marcia forzata e solamente verso la metà di giugno tutte le forze mobilitate raggiunsero la zona di operazioni ove il tenente feldmaresciallo Paumgartten, comandante interinale del Corpo, pose il suo quartier generale a Trento.

e  di Livio Marchetti [8] :

L'armata franco-piemontese, dal canto suo, non era affatto intenzionata a condurre alcuna operazione offensiva di penetrazione verso il Trentino. Difatti, accordi segreti tra Vittorio Emanuele II e Napoleone III consideravano il Tirolo meridionale parte integrante della Confederazione germanica quindi, per non irritare ulteriormente l'imperatore Francesco Giuseppe e la Prussia, ogni azione venne preventivamente esclusa se non lo sgombero di tutti quei reparti austriaci operanti nella fascia di confine lombarda da Ponte Caffaro a passo del Tonale affidando il compito alla 4ª Divisione dell'esercito regolare sardo comandata dal generale Enrico Cialdini.

Sembrerebbe  , quindi , che la movimentazione delle truppe avesse solo valore dimostrativo e/o diversivo , ma, nelle intenzioni del Nigra , poteva  essere spesa quale moneta di scambio per ottenere  la liberazione del Veneto da parte delle truppe austriache.

Evidentemente l’Imperatore riteneva , però , che la condizione proposta dal Nigra - liberazione anche del Veneto in cambio del ritiro delle truppe italiane dal sud Tirolo -  non avesse alcuna possibilità di essere accettata  da parte del governo austriaco  e pertanto non l’aveva neppure girata a Vienna  , sentendo però  l’esigenza di avvisare ,  attraverso l’Imperatrice ,  il Nigra, “ affinché non vi siano malintesi.”

Al di là dell’interesse storico  del contenuto del messaggio , il dato che viene confermato  è che Nigra , trentenne ,  nel 1959 era ormai ,  a tutti gli effetti , il punto di riferimento privilegiato  delle comunicazioni che intercorrevano fra Torino e Parigi e che non passavano più attraverso i canali ufficiali dei rispettivi  ministeri  degli affari esteri e dei rappresentati delle legazioni , che , anzi , probabilmente ne erano all’oscuro.                                                                

L’altro dato confermato è che il Nigra godeva di un rapporto di eccezionale familiarità con entrambe le maestà imperiali , tanto che l’Imperatore si preoccupava di dare conto al  Nigra delle sue decisioni , se non personalmente , attraverso la sola  persona  dell’imperatrice. Va  poi notato che Eugenia si rivolgeva  a Nigra chiamandolo “Ministre” , che in gergo diplomatico veniva  usato genericamente per riconoscere , di fatto , un potere di rappresentanza, anche quando non di nomina  ufficiale.

A tale  straordinaria attività di “ diplomazia parallela “ da parte del Nigra  ha dedicato una relazione il Prof. Gilles Pecout, rettore della “Sorbonne” e docente di storia risorgimentale  , nel corso del convegno tenutosi presso l’Ambasciata d’Italia a Parigi in data 14 aprile 2018  .

Il convegno aveva   per argomento :  L'alleanza tra regno di Sardegna e impero di Francia nel processo di unificazione dell’ Italia –  e la  relazione del rettore Pecout [9]  : “ Costantino Nigra  al centro della diplomazia parallela di Cavour : la preparazione dell’unità d’Italia da Parigi “.

Annota il rettore Pecout :“… tra le peculiarità  della diplomazia cavouriana inconfutabile risulta l’uso della diplomazia parallela. Non direi che la diplomazia parallela sia una novità , però è caratteristico della fine del decennio e del periodo della transizione unitaria  il suo uso sistematico da parte di Cavour.

Nigra ne diventa il protagonista eminente , cardinale .

Si osserva  prima di tutto dal 1856 al 1858 una quasi frenetica mobilità di Nigra tra Torino e Parigi , un moltiplicarsi di missioni brevi , segrete o non segrete , un moltiplicarsi  che dà un’idea della prossimità politica delle due capitali non solo geografiche , con incontri nel mondo della finanza , con incontri frequenti a Torino o a Parigi per preparare l’alleanza . E qui arriva la missione famosa dell’agosto 1858 , sino al gennaio 1959.

L’invio di Nigra è stato presentato come la risposta  ad una richiesta dell’Imperatore a Cavour , richiesta quindi , da parte di un sovrano , di un consigliere personale di fiducia . Questo è un meccanismo classico non della nuova diplomazia , ma della diplomazia di antico stampo .

E quindi questo ci fa anche dire che la famosa rivoluzione diplomatica cavouriana è prima di tutto intera accettazione e padronanza dei meccanismi discrezionali legati alla volontà dei sovrani , quando possono essere utili .

L’accenno che fa Gilles  Pecout  agli “ incontri con il mondo della finanza” si riferisce alle relazioni che il Nigra intrecciò , con mandato pieno da parte di Cavour ,  con i vertici delle primarie  banche sulla piazza di Parigi ,  in funzione del prestito indispensabile per le esauste casse del Piemonte  nell’affrontare le spese di guerra : fra essi i Rothschild , padre ( James )  e figlio ( Alphonse ) .

Di diversa natura , e parzialmente anche con diversa  finalità , le relazioni che intrecciò con i Rothschild , padre e figlio ,  la Contessa di Castiglione , il secondo agente operante negli ambienti parigini  su mandato di Cavour  , che ebbe occasione di frequentare , contemporaneamente  , sia l’imperatore sia  il giovane Rothschild , riuscendo disinvoltamente a far conciliare interessi patri e interessi privati .

…nel fitto incartamento raccolto dal prefetto di polizia Pietri , per conto dell’imperatrice Eugenia, contro l’odiata contessa toscana  nel 1858 , figuravano le note dei prestiti concessi a Virginia dal giovane Rothschild. Pietri scriveva infatti  nei suoi rapporti che la Contessa  raccontava ad Alphonse , nei loro focosi incontri , tutto quanto l’Imperatore si lasciava sfuggire in un’altra alcova , consentendo ai Rothschild  di sapere prima  degli altri le mosse  della politica finanziaria dell’impero.[10]

Nigra , per parte sua , continuò a frequentare i Rothschild  con confidenzialità nel corso di tutta la vita  [11]  e ,  probabilmente , a sua volta ,  trasse da essi anche  preziose notizie e utili consigli su operazioni finanziarie e  investimenti ,  che gli permisero di accumulare un notevole patrimonio, di cui facevano parte  la casa di Venezia affacciata sul Canal Grande – che compare nella copertina posteriore -  e quella di Roma su Piazza di Spagna.

2. CORRISPONDENZA – DALL’IMPERATRICE EUGENIE A COSTANTINO NIGRA –   datata Biarritz 15 7 bre – n. 2 fogli - fondo Gen. Dante Adami – acquisizione  dalla Bottega di Erasmo contraddistinta con il n. 55 –

Traduzione : Biarrytz 15 settembre

Signor Ministro , Vi ringrazio  molto dei versi  che mi avete spedito e che io mi sono affrettata di mostrare al Signor Panizzi  , egli li ha trovati affascinanti , e io gli ho promesso di copiarli per lui . Spero che non vi dimentichiate di inviarmi la “Monaca di Monza “ appena l’’avrete ricevuta , perché  sarebbe impossibile  di procurarla qui . Noi abbiamo un tempo molto bello e il mare è magnifico . Ho ritrovato  il mio sole del midi . Credete Signor Ministro a tutti i miei sentimenti . Eugénie

La lettera è datata solo nel giorno e nel mese , ma non nell’anno  , che però , si puo’ collocare in un’epoca di  non molto successiva alla prima lettera : infatti Eugenia gli si rivolge ancora con il titolo di “Ministre” , mentre dal 1860 , con il trasferimento del Conte Villamarina ad altra sede , Nigra sarà nominato  ufficialmente ambasciatore  .

Il tono e i contenuti sono però completamente differenti rispetto alla lettera precedente del giugno 1859 , che era stata inviata per trattare argomenti politici su incarico dell’Imperatore .

Il tono , in questo caso ,  è del tutto confidenziale , così come gli argomenti , che si possono definire letterali , perché riguardano dei versi inviati dal Nigra ad Eugenia  e la richiesta dell’invio di un romanzo , che ella suppone introvabile in Francia e di cui , evidentemente ,  i due devono aver parlato in precedenza  o a voce  o tramite missiva.

La lettera è stata scritta da  Biarritz .

Nel XIX°  secolo Biarritz, un villaggio francese di pescatori, al confine con la Spagna  , divenne una città prestigiosa proprio grazie ad Eugenia , che la frequentò  fin  da bambina , se ne  innamorò e ne fece il suo luogo di vacanza estiva.

La fece conoscere al marito , che per compiacerla ,   fece costruire la “Villa Eugenia “sul mare nel 1854.

Elegante e lussuosa, la villa ha tutto di imperiale, oltre a un'originalità: la pianta  dell'edificio è a forma di E proprio per richiamare l’iniziale del nome  Eugenia . Oggi è l'Hôtel du Palais, uno dei palazzi più sontuosi d'Europa.

All'epoca, bagni di mare, clima, spettacoli e balli portarono il gotha ​​internazionale a unirsi alla coppia imperiale .

La lettera di Eugenia  fa riferimento a  versi che il Nigra le ha inviato e che lei ha mostrato a Panizzi[12] , che li ha trovati “ charmants “ , impegnandosi a ricopiarli per lui .

Dopo di che  Eugenia  chiede a Nigra di inviarle , non appena possibile ,  il romanzo italiano “ La Signora di Monza”, che crede di non poter  trovare in Francia .

Dopo che Manzoni ebbe pubblicato Fermo e Lucia (1823) e quindi I promessi sposi (1827), in cui ricordava le vicende biografiche di Marianna de Leyva , che egli chiama suor Geltrude ( ...la sventurata rispose … ) apparve un romanzo: La signora di Monza (1829) , che fu ristampato ed è conosciuto col titolo La monaca di Monza, Storia del Secolo XVII. L'autore , che con un po’ di presunzione riteneva che il suo romanzo potesse oscurare quelli manzoniani , era  Giovanni Rosini ( 1776 – 1855 ) , uomo di lettere, docente d'eloquenza italiana all'Università di  Pisa.

Aveva scritto  nel 1810 , in occasione delle nozze di Napoleone I° con Maria Luisa d’Austria ,  un poemetto encomiastico :  Le nozze di Giove e Latona. E’ probabilmente per questo  che  Eugenia , dimostrando  interesse  per l’autore italiano  che  aveva onorato il capostipite della dinastia bonapartista  , chiese al Nigra di inviarle  anche il romanzo “ La Signora di Monza “.

Per la verità si tratta di un romanzo con argomenti  che all’epoca potevano apparire un po’ scabrosi e che  , ancora una volta , dimostrano la confidenza che regnava fra i due , così come  dimostra la loro vicinanza l’impegno a ricopiare personalmente , e non con l’intervento di terzi , i versi “ charmants “ che Nigra ha scritto e  le ha inviato. 

CORRISPONDENZA INVIATA DAL PRINCIPE DI METTERNICH A COSTANTINO NIGRA – datato 4 settembre 1870 – n. 3 fogli - fondo Gen. Dante Adami – acquisizione dalla Bottega di Erasmo con il n. 57 e 58

 TRADUZIONE :

Mio caro amico , io non posso inviare uno dei miei uomini con il dispaccio perché temo che non si creda che io sia partito per altro impegno. Ho appena ricevuto un telegramma cifrato da Deauville che mi dice che l’Imperatrice  è passata per Deauville e Liegi …. Per andare dove? Se voi apprendete delle notizie , fatemele dire. Io verrò a vedervi domani . Metternich

Avete delle notizie ? Io sono stato alla casa designata e non ho trovato né custode né alcuno. Vorrei sapere nel mentre se ha avuto passaporto e dei soldi . Io ho preparato tutto . Metternich

 IL CONTESTO STORICO

Il mittente è il Principe Richard Metternich , Ambasciatore austriaco a Parigi ,  che scrive  su  carta da lettera  in  cui campeggia  la corona principesca e in stato di inquietudine  rivelata dalla grafia nervosa e dalle macchie d’inchiostro  , un  doppio dispaccio a Costantino Nigra , a sua volta Ambasciatore ormai ufficiale del Regno d’Italia , chiedendo , preoccupatissimo ,  notizie sulla sorte dell’Imperatrice Eugenia .

La data che compare sul messaggio  è il 4 settembre 1870, ma è probabile dal confronto delle grafie e dell’inchiostro  della datazione  e  del testo ,  che appaiono diversi “ ictu oculi “ , che vi sia stata apposta successivamente dallo stesso Nigra ,   incorrendo peraltro in  errore, come si vedrà più avanti .

E’ in corso la guerra franco-prussiana : il  giorno 4 settembre  è quello  in cui Eugenia dovette fuggire dalla Tuileries dove risiedeva, perché il popolo parigino , dopo la disastrosa battaglia di Sedan del 1° di settembre ,  nel corso della quale molti soldati francesi erano stati uccisi e  Napoleone III° era stato fatto prigioniero dai Prussiani - contro cui aveva velleitariamente condotto la campagna  - si era rivoltato contro il governo , aveva  assaltato la residenza imperiale e invocato l’avvento   della repubblica  .

I due ambasciatori - Metternich e Nigra - pur rappresentando paesi divisi dal passato conflitto , erano molto amici fra loro ed entrambi in grande confidenza con le maestà imperiali e , nell’assenza dell’Imperatore , ormai prigioniero dei prussiani , si erano adoperati per far fuggire dalla sua residenza  l’Imperatrice ,   reggente dell’impero , per sottrarla alla  moltitudine dei rivoltosi parigini.

Il principe austriaco nel dispaccio scrive di essere preoccupato  per la sorte di Eugenia , perché  non aveva trovato nessuno “ nì concierge nì personne “  nella “ maison désignée”  dal piano di fuga , presso la quale si era recato  ; aggiungeva  di  aver solo  ricevuto notizie per telegramma cifrato – probabilmente  proveniente dai servizi segreti austriaci -  che segnalava l’Imperatrice  di passaggio a Deauville o Liegi e chiedeva  al Nigra quale ne fosse la sorte e se era stato possibile  munirla  di passaporto e soldi , atteso che li aveva fatti predisporre   personalmente in vista della fuga.  Che ne era dell’Imperatrice ?

Le traversie di Eugenia di quel giorno  e di  quelli immediatamente successivi ci sono rivelate  dal libro di memorie  del Dott. Thomas  Evans [13], di cui non è mai stata pubblicata una traduzione dall’inglese[14] ,  il  dentista americano ,  fiduciario della famiglia imperiale , che fu inaspettatamente  coinvolto nella fuga dall’Imperatrice verso l’Inghilterra ed ebbe modo di conoscere direttamente e dettagliatamente  da lei ciò che le  successe prima e dopo la fuga dalle Tuileries .

Ricorda il Dott. Evans :

“ Erano quasi le tre, e la folla, gridando “ Alle Tuileries! Alle Tuileries!” si stava avvicinando al giardino privato. Le loro urla potevano essere udite anche dall’Imperatrice e dalle persone con le quali stava parlando.

Fu in quel  momento che il Principe di Metternich, l’Ambasciatore Austriaco, il Signor Nigra, l’Ambasciatore Italiano, entrarono nell’anticamera e chiesero di essere ammessi alla presenza di sua Maestà.

“Ella è in grande pericolo” essi dissero.” La folla che ha preso possesso del Palazzo Bourbon si sta preparando ad attaccare le Tuileries. Deve essere informata di ciò, e che resistere è impossibile.

Ella non può stare qui a lungo, se non  a rischio della propria vita, e noi desideriamo offrirle la nostra protezione”

Essi furono introdotti molto velocemente nel gabinetto privato di sua Maestà,  dove ella  stava discutendo con alcuni vicino a lei l’opportunità di lasciare il Palazzo. I due diplomatici ebbero molta difficoltà a persuadere l’Imperatrice che il momento per lei di ritirarsi era arrivato. Il Signor Metternich era eccitato, insistente e anche brusco; e il Signor Nigra non meno insistente, ma calmo ed educato nel modo di rivolgersi,   come quando recitava la poesia a sua Maestà a Compiègne. Dopo aver ascoltato ciò che avevano da dire, sua Maestà espresse il desiderio di consultare il Signor Pietri, il Prefetto della Polizia, che era al suo posto in Prefettura, dove era stato tutta la mattina, aggiornando la situazione ogni pochi minuti  alle Tuileries , per quanto concerne la misura dei tumulti dell’ordine pubblico nelle strade. Secondo il mandato ricevuto. All’arrivo, egli trovò l’Imperatrice ancora  intenta  a discutere con fervore con loro circa l’opportunità della sua partenza dalle Tuileries. Voltandosi verso il Sig. Pietri nel momento che lo vide, ella gli chiese che cosa pensava di ciò.

Le rispose dicendole cosa aveva visto lui stesso mentre veniva dalla Prefettura,  che la folla stava spingendo contro le porte del palazzo. Disse che entro dieci o quindici minuti si sarebbero probabilmente fatti strada nell'edificio; che era impossibile dire cosa avrebbero fatto, o quale crimine avrebbero potuto non commettere, se fosse stata effettuata un'entrata. In una parola, confermando tutto ciò che era stato detto dagli altri che stavano quindi spingendo sua Maestà ad andare, le disse che non poteva rimanere senza mettere in pericolo non solo la propria vita, ma le vite di alcuni dei suoi più  intimi amici, così come le vite di tutte le persone legate al servizio del palazzo e che erano lì ai loro posti per aiutarla e proteggerla.

Rischiare la propria vita non era niente per l'Imperatrice; ma quando vide che, rimanendo, avrebbe potuto mettere a repentaglio la vita di molti altri, alcuni dei quali le erano molto cari, non poteva più rifiutarsi di andare.

Eppure ha ritardato, per dire addio ai suoi amici : la Viscontessa Aguado, la Maréchale Canrobert , la Maréchale Pelissier, Mesdames de Rayneval, de la Poëze, de la Bédolière de Sancy, de Saulcy, la Baronessa de Bourgoing e altri, che si radunavano attorno a lei con il cuore troppo pieno di emozione per trovare parole per esprimere il loro amore e simpatia. A una di queste signore, che manifestava il desiderio di accompagnarla, l'imperatrice disse:

"Apprezzo pienamente la vostra generosa devozione nei miei confronti, ma non desidero che anche le mie disgrazie siano le Vostre. In Francia nessuno dovrebbe essere infelice."

Poi seguì un applauso di mani, lacrime, singhiozzi, un bacio di separazione, e tuttavia l'imperatrice indugiò a dire:

"Non dimenticherò mai quello che tutti voi siete stati per me. Vi  ringrazio. “Arrivederci "E il signor Nigra interruppe  questa scena così piena di tenerezza e affetto, dicendo:

"Signora, M. de Metternich e io vi stiamo aspettando.  Fate presto. Fra pochi minuti scappare sarà impossibile “, allo stesso tempo porgendole un cappello e un velo che la signora Lebreton teneva in braccio, e aiutandola a indossare un leggero mantello, perché non c'era più tempo per prepararsi al viaggio. Dovette lasciare subito il palazzo, così  com'era.

Con uno sforzo, l'imperatrice si separò dalle sue amiche, guardandosi indietro mentre andava, per dar loro, sorridendo tra le lacrime, un'ultima espressione del suo affettuoso rispetto.

Ora era con il Principe di Metternich, il Signor Nigra, l'ammiraglio Jurien de la Gravière, del suo servizio personale, M. Conti, il Capo del Gabinetto dell'Imperatore, il luogotenente  Conneau, un ufficiale d’ordinanza e Madame Lebreton, la sorella del Generale Bourbaki, sua lettrice  e  dama di compagnia.

E mentre la piccola compagnia usciva dal gabinetto privato dell'Imperatrice, verso le tre e mezza del pomeriggio del 4 settembre 1870, la bandiera tricolore, che sventolava sulle Tuileries quando il sovrano era lì residente, fu ammainata , per non essere mai più sollevata. Mentre attraversava una delle sue stanze, che era stata arredata con eleganza e rispetto per il comfort domestico piuttosto che per l'effetto decorativo, e che era piena di ricordi di amore, amicizia e devozione, l'Imperatrice, fermandosi per un momento e guardandosi intorno , disse, come se stesse parlando da sola e riusciva a malapena a credere che fosse possibile "È  questa l'ultima volta!" e poi spingendosi in avanti, lei stessa fece strada giù per le scale fino al piano terra del palazzo, con l'idea, a quanto pare, che poteva prendere la” coupé “ che era generalmente di stanza nel cortile a destra, vicino ai gradini che conducevano agli appartamenti del Principe Imperiale, e che, in effetti, era lì, con il cocchiere sulla cassetta, vestito correttamente, senza guardare né a destra né a sinistra, aspettando i suoi ordini come al solito. Ma il Principe di Metternich, notando la livrea, e la corona dipinta sulla porta della carrozza   pensò che sarebbe stato imprudente per l'imperatrice farne uso, e offrì invece la propria carrozza, che stava aspettando sulla banchina vicina.

 Il luogotenente Conneau iniziò quindi a portare la carrozza del principe nel cortile e l'Imperatrice, che era rimasta in piedi per ore, si sedette su una panchina nell'atrio. Ma in breve tempo il giovane ufficiale tornò di corsa, dicendo che non era più possibile passare attraverso il cortile del palazzo; che la Place du Carrousel era occupata da una folla tumultuosa , che riempiva l'aria di canti mescolati alle grida di " A morte!" e"Alle Tuileries!" E che una banda in anticipo rispetto agli altri, stava martellando sulla ringhiera che separava il cortile dalla Piazza. L'ammiraglio Jurien de la Gravière lasciò quindi la compagnia e avanzò verso il cancello che i rivoltosi stavano ora cercando di forzare per  aprire allo scopo di parlare con loro, guadagnando così tempo.

L’espediente ebbe molto successo, poiché riuscì a tenerli completamente fuori dalla corte.

Ma quando tornò al vestibolo l'imperatrice e la sua scorta non furono trovate. Vedendo che sarebbe stato pericoloso, se non impossibile, tentare di lasciare le Tuileries in qualsiasi modo diretto e che non c'era tempo da perdere, erano saliti dalla scala da cui erano appena scesi e, ripercorrendo i loro passi attraverso gli appartamenti dell'imperatrice, ed entrando nella lunga suite di stanze che conduceva attraverso il padiglione della Flora alle gallerie del Louvre, erano passati attraverso la nuova Sala degli Stati, non ancora terminata, e ancora abbellita con le decorazioni utilizzate il 21 maggio - il giorno in cui, con imponente cerimonia, il risultato del Plebiscito fu annunciato ufficialmente all'Imperatore[15]. Ma arrivando alla porta che conduceva alla grande Galleria del Louvre, si scoprì che non poteva essere aperta.  Era chiusa. Bussarono alla porta ma  non ci  fu risposta; ma, nel silenzio che seguì, le grida della gente si sentirono distintamente.

 I membri della piccola compagnia iniziarono a sentirsi molto ansiosi. Era tagliata fuori la loro ritirata? Cosa doveva essere fatto ? Prima che qualsiasi cosa fosse stata decisa, e quando lo smarrimento del gruppo cominciò a suggerire il crescente pericolo della situazione, apparve M. Charles Thélin, il tesoriere dell'Imperatore. Avendo saputo che l'Imperatrice era appena passata attraverso il Padiglione della Flora, dirigendosi verso il Louvre, la seguì per offrire i suoi servizi. Abbastanza per caso, ma per fortuna, aveva con sé una chiave che avrebbe aperto tutte le porte dell'edificio.

E così accadde, per uno strano colpo della fortuna, che le porte chiuse contro l'imperatrice Eugenia il 4 settembre 1870, furono aperte dallo stesso Charles Thélin che aveva aperto le porte della prigione di Ham, da cui Luigi Napoleone fuggì poco più di ventiquattro anni prima, il 25 maggio 1846.

La strada, ora era libera, l'Imperatrice e la sua scorta camminarono attraverso la "Lunga" o "Grande Galleria" del Museo, e attraverso la Salle Carrée nel Padiglione di Apollo; passandoci sopra, e girando a destra, entrarono nella "Stanza dei gioielli", e poi proseguirono per la Salle des  Sept Cheminées.

Qui l'imperatrice si fermò; e avendo osservato che il numero di persone che l'accompagnavano era così grande da attirare sicuramente l'attenzione, suggerì che tutti, eccetto i Signori  Metternich e Nigra,  avrebbero  dovuto ritirarsi  e lasciare che lei e Madame Lebreton venissero condotte in un luogo sicuro sotto la scorta di questi due signori  soli.

Quindi l'imperatrice si congedò dall'ultima delle sue seguaci di palazzo, che era stata raggiunta da diversi guardiani del Museo, alcuni dei quali, con le lacrime agli occhi, baciavano la mano che lei stendeva e tutti le dicevano –arrivederci-  con emozione. Li ringraziò tutti per la lealtà e la devozione che le avevano mostrato ed era così preoccupata anche  per la loro sicurezza, che li esortò ad essere cauti e non esporre essi stessi alla furia della folla, e fece promettere al tenente Conneau di togliersi l'uniforme piuttosto vistosa prima di andare in strada.

E poi, mentre i suoi amici la lasciavano, e mentre lei stessa si voltava per andare, guardando in alto, vide sul muro davanti a sé il famoso dipinto di Géricault, "Il relitto della medusa".[16]

Rimase ferma per alcuni secondi, incapace di distogliere gli occhi da esso. "Che strano!" disse a se stessa. E a me e agli altri, da allora ha spesso detto:

"Che strano che questo dipinto  sia stato l'ultimo che abbia potuto vedere nelle gallerie del Louvre!"

Ma l'Imperatrice si riprese rapidamente dall'impressione prodotta da questa immagine di cattivo auspicio e  le due donne proseguirono, sotto la guida dei Signori de Metternich e Nigra, attraverso le sale contenenti le antichità greche, e attraverso la Galleria egizia, fino a quando non raggiunsero il pianerottolo alla destra del grande colonnato.

Quindi, scendendo le tre ampie rampe di gradini in pietra che conducono al piano terra del Museo Egizio, la piccola compagnia si fece strada tra le colossali e cupe antichità del Vecchio Egitto lì riunite: le immagini dei suoi dei, i sarcofagi e i monumenti funerari dei suoi re e sacerdoti morti fino a quando non raggiunsero la porta all'estremità finale, che si apre sul passaggio ad arco che conduce dalla corte interna del Louvre alla Piazza di fronte alla Chiesa di Saint-Germain l'Auxerrois.

Arrivando a questa porta, si scoprì che una folla di "manifestanti" rumorosi si riversava attraverso il passaggio, e i due diplomatici pensarono che sarebbe stato estremamente imprudente tentare di lasciare l'edificio con le donne. Quindi rimasero qui e attesero che la folla perdesse la sua forza. In piedi nel vestibolo del Museo, questa dimostrazione fu osservata con profonda preoccupazione attraverso la porta socchiusa; sembrava che non sarebbe mai finita.

Ma l'imperatrice era la meno preoccupata .

 Il signor Nigra mi ha detto che, mentre stava qui, osservando l'imperatrice che sembrava stanca, le offrì il braccio; e che poco dopo passò una banda particolarmente rumorosa, gridando "Àbbasso Badinguet!" [17]Abbasso  la Spagnola!" “Viva la Repubblica!”

Udendo queste grida, egli le chiese se avesse paura. “ Neanche un po’” ella rispose : “perché me lo chiedete ?Mi state tenendo il braccio; lo sentite tremare ?”

Per una curiosa coincidenza, la stessa risposta alla stessa domanda fu data da Luigi XVI, in simili circostanze. Quando il 20 giugno 1792 la folla di Parigi, invase le Tuileries, entrando negli appartamenti Reali, e mise le mani sulla persona del Re qualcuno gridò:” Avete paura?” ed il Re voltandosi verso l’uomo rispose:” Mettete la mano sopra il mio cuore e vedete se trema”.

Fortunatamente, l'eguale coraggio e fermezza dei due sovrani in presenza di pericolo non si dimostrarono altrettanto disastrosi per i due testimoni. L'ambasciatore italiano ha vissuto non solo per ripetere la storia molte volte, ma per servire il suo paese con distinzione fino ai giorni nostri; ma durante il regno del terrore, la guardia nazionale, il povero sarto, Jean Lalanne, si fece tagliare la testa "per aver", come recita solennemente la sentenza giudiziaria, "il 20 giugno 1792, dimostrando di possedere il carattere del servitore di un tiranno e, soprattutto, in quanto è sembrato provare piacere, in presenza di un certo numero di cittadini, nel dire come Capet[18] gli prese la mano e, premendola sul suo cuore, disse: "Lo senti pulsare, amico mio ? ""

Quando, infine, il corpo principale della folla sembrò essere passato attraverso la Piazza, l'Imperatrice, che era stanca di rimanere ferma, disse: "Ora andiamo."

"Penso che dovremmo aspettare ancora un po’ di più" rispose il Signor Nigra.

"No, no", rispose l'imperatrice, ci vuole coraggio " e così dicendo spinse e aprì la porta ed uscì sul marciapiede seguita da coloro che erano  con lei.

Il Principe di Metternich subito venne fuori per cercare una carrozza. Fortunatamente ne trovò  una, una comune carrozza da un solo  un cavallo, ma chiusa e sembrò la Provvidenza a fornirla per questa speciale occasione. Il Principe tornò indietro per informare che aveva trovato la carrozza, le quattro persone camminarono verso l’entrata del Louvre attraverso la strada, lo spazio tra i cancelli ancora in fase di riempimento con la gente che andava e veniva,  quando  proprio nel momento che essi raggiunsero il marciapiede, dove la carrozza era stata preparata, un ragazzo gridò, “Ecco l’Imperatrice!” ( o c’è l’Imperatrice!) Il Signor Nigra sentendo ciò, si girò all’istante, e chiese, “Che cosa hai detto?”, fermò il ragazzo parlando con lui, per metterlo a tacere.

Nello stesso tempo il Principe di Metternich aveva messo l’Imperatrice e la Signora Lebreton sulla carrozza, e la Signora Lebreton indicò al conducente  il n. di Boulevard Haussmann, la residenza del Signor Besson, un Consigliere di Stato, il Principe sollevò il suo cappello e inchinandosi alle signore si ritirò.

Le relazioni personali e politiche di questi due ambasciatori, alla Corte Imperiale e fra di loro erano molto importanti. Metternich, il figlio del famoso statista e diplomatico, era un reazionario per nascita ed educazione, a tal punto che l’Imperatore usava dire che un giorno sarebbe diventato un frate Cappuccino e Nigra il discepolo di D’Azeglio e Cavour, era un amante della libertà, con il suo viso rivolto al futuro.

Il primo era appassionato d’arte, e un eccellente musicista; l’altro era un amante delle lettere ed un brillante narratore. Essi rivaleggiavano nei favori del palazzo, i più stretti amici personali, e, generalmente, inconciliabili avversari nella materia della politica Europea, specialmente rispetto alla questione Romana, che era la questione scottante al tempo.

Per pochi mesi, appena prima della caduta dell’Impero, essi lavorarono in armonia per raggiungere un’alleanza fra i loro Governi e quello della Francia, e in questo giorno, spinti da un motivo comune, si incontrarono insieme  per l'ultima volta alle Tuileries, per aiutare all’estremo la  sovrana che entrambi avevano tanto a lungo e costantemente ammirato. Ma mentre per il Principe di Metternich questa partenza fu la fine di una speranza che Napoleone III  potesse aiutare il suo paese, l'Austria, a recuperare la sconfitta di Sadowa, per il signor Nigra fu l'inizio della certezza   che Roma sarebbe stata la capitale d'Italia.[19]

Mentre parlava con il ragazzo, il signor Nigra perse di vista i suoi compagni e, non potendo ricongiungersi con loro, o trovare il Principe di Metternich,  e seppe solo alcuni giorni dopo ciò che era  successo dell'imperatrice dopo che scomparve nella folla in movimento delle persone in Place Saint-Germain l'Auxerrois.

In effetti, rimase lì solo per un momento, poiché la carrozza voltò  rapidamente in Rue de Rivoli e, passando per il Louvre e le Tuileries, e poi per Rue de la Paix, e attraverso i viali centrali, si fece strada senza farsi notare attraverso  bande rumorose di "clubbists" e "manifestanti", nel tranquillo quartiere sul retro della Madeleine, l'imperatrice stessa è stata una stupita testimone di alcune delle singolari scene del matto carnevale con cui la popolazione di Parigi celebrava l'avvento della Terza Repubblica.

All'arrivo all'indirizzo indicato nel viale di Boulevard  Haussmann, la carrozza fu licenziata e le donne salirono le scale verso gli appartamenti del loro amico, che erano al terzo o quarto piano. Ma suonando il campanello non ci fu risposta. Ancora e ancora il  campanello suonava; ma non c'era risposta. Erano circa le quattro.

Dovevano aspettare?  Probabilmente non ci vorrà molto prima che qualcuno della famiglia ritorni. Sentendosi affaticata, l'Imperatrice si sedette sulle scale e attese cinque, dieci, quindici minuti.

Sembrò un’eternità. Alla fine ella disse, “  "Non posso più restare qui ancora. Andiamo." E poi le due signore tristi e  deluse discesero lentamente le scale, e cominciarono  a pensare molto seriamente a ciò che doveva essere fatto. Erano sole; non avevano carrozza; non potevano rimanere dove erano; e così proseguirono senza meta, senza sapere in quale direzione stessero andando, finché alla fine non videro una carrozza, una aperta; ma le strade erano deserte e c'era poco pericolo che venissero riconosciute. Il conducente fu chiamato e si fermò. E ora la domanda: dove andremo ? deve essere risolta rapidamente.

"Andiamo", disse Madame Lebreton, "all’Ambasciata americana, dal signor Washburne. I rivoluzionari rispetteranno la bandiera americana. Il signor Washburne ci proteggerà."

"All’Ambasciata Americana -Mr. Washburne" ripeté l'Imperatrice interrogativamente e poi pensò a me.

“No” ella disse , “andrò dal Dottor. Evans. Anche lui è americano, ma non ha responsabilità politiche, e inoltre è un vecchio amico. Sono sicura che non esiterà a darci ogni assistenza di cui potremmo aver bisogno. "

E così avvenne che l'imperatrice e la signora Lebreton ordinarono al loro cocchiere di condurli alla mia residenza privata, all'angolo tra Avenue de l'Imperatrice e Avenue Malakoff, dove arrivarono verso le cinque. Suonando il campanello, il cancello si aprì; c’era qualcuno qui, almeno. Si rivelò, tuttavia, di essere solo un servitore; ma disse alle donne che il dottor Evans, di cui avevano chiesto, anche se non  era a casa, era atteso di ritorno tra non molto e che se avessero scelto di fare così avrebbero potuto entrare e aspettare in biblioteca fino al suo ritorno.

Le memorie proseguono  raccontando che il Dottor Evans , accompagnato dal suo amico  Dr. Edward A. Crane[20] , rientrato presso l’abitazione , si trovò a dover affrontare e risolvere il problema della fuga dell’Imperatrice ,  che si era completamente affidata a lui  per raggiungere l’Inghilterra.

L’indomani ,  cioè il lunedì  5 settembre ,  alle 5,30 del mattino  , partirono sulla carrozza del Dott. Evans in quattro : l’Imperatrice , M.me Lebreton , il Dott. Evans e il suo amico  Dr. Crane e siccome la moglie del dottor Evans era già a Deauville  in Normandia ,  la raggiunsero e di lì con un ‘ imbarcazione messa a disposizione da un ignaro proprietario , al quale fu raccontato che , come da lasciapassare che l’Imperatrice si era procurato  , stavano accompagnando in Inghilterra una malata in gravi condizioni   ,  sbarcarono  sull’isola britannica il giorno 8 settembre.

Resta da spiegare  perché il Principe di Metternich  , nel suo biglietto , asseriva di aver ricevuto un telegramma cifrato da Deauville che segnalava il passaggio  dell’Imperatrice oltre che per Deauville , anche per Liegi .

In realtà per Liegi non passò Eugenia , ma il principe imperiale Luigi :“ Madre e figlio furono riuniti  quella sera  stessa  a Hastings . L’imperatore aveva ordinato al figlio di lasciare il suolo francese  e di recarsi , Via Belgio , in Inghilterra. [21]

Facendo un raffronto fra il biglietto scritto  ed inviato dal  Metternich al Nigra e il racconto del Dott. Evans  , si possono ricostruire le seguenti circostanze  :

-come sostenuto dal dentista americano , non esisteva un piano di fuga preparato da organi  del governo imperiale , come sarebbe stato ragionevole supporre , dato che  la sconfitta di Sedan risaliva al primo settembre , cioè   già a  4 giorni prima;

-  é lecito supporre  che  i due diplomatici avessero , con il concorso dell’Imperatrice,   individuato “ la maison designée “   in Parigi ,  che avrebbe accolto la fuggitiva  nei primi momenti dopo la fuga dalle Tuileries , e  che tale rifugio designato fosse  presso l’abitazione del Consigliere di Stato Bresson , perché , come precisa il Dott. Evans , fu proprio il Principe di Metternich a dare l’indirizzo al conducente che vi  si indirizzò con la carrozza di piazza , dove però la fuggiasca non trovò nessuno e dove anche il Metternich scrisse  nel biglietto di essersi  recato ,  ma “ n’ai trouvé  ni concierge ni personne” ;

- è probabile  che  i due diplomatici  non fossero stati messi al corrente di quale fosse la destinazione finale , ammesso che l’imperatrice l’avesse già stabilito in modo chiaro , visto che Metternich poneva  la domanda :  “ pour aller ou? “;

- dal racconto del Dott. Evans si ricava che comunque l’Imperatrice poté  disporre di  passaporto , anche piu’ di uno scrisse  il Dott. Evans  , e  dei soldi  che il Metternich nel suo biglietto  afferma di aver preparato : “ J’ai tout preparé”;

- se  , come ribadisce  il Dott. Evans ,  la partenza della  sua carrozza che trasportava  l’Imperatrice , M.me Lebresson ,  lo stesso Dott. Evans e il Dott. Crane ,    avvenne alle 5,30 del  mattino  del giorno successivo al 4 settembre , cioè il lunedì 5 settembre  , considerato il tempo per raggiungere Deauville , da dove il Metternich affermava di aver ricevuto – probabilmente da parte di agenti dei servizi segreti austriaci - un “telegramme chiffré “ che gli annunciava la presenza di Eugenia  , è evidente che il biglietto dell’ambasciatore austriaco non poteva essere datato al 4 settembre , ma piu’ presumibilmente al 6  .

Quello che sappiamo è che  il Nigra , dopo aver  aiutato , per i rapporti di amicizia personali   l’Imperatrice dei Francesi  a fuggire dalle Tuileries , il giorno successivo , cioè il 5 settembre ,   si occupò dei suoi doveri di capo  legazione  , organizzando  la  partenza   della principessa Maria Clotilde , figlia del Re Vittorio Emanuele II° ,  sposa del Principe Gerolamo Napoleone  , cugino dell’Imperatore , per  la quale ,  a sua volta,  la permanenza  a Parigi doveva essere considerato pericolosa  .[22]  

Nell'agosto 1870, consigliandole il padre, per mezzo del marchese Spinola, di venire a Torino, rispose nobilmente che il bene di suo marito, dei suoi figliuoli e della Francia stessa le vietava di fuggire davanti al pericolo. Caduta la dinastia napoleonica e partita anche l'imperatrice Eugenia, si decise a sua volta ad andarsene, e uscì da Parigi il 5 settembre, nella sua carrozza, con le sue livree, a fronte alta, salutata rispettosamente dal popolo al suo passaggio. Stette a Prangins, sul Lago di Ginevra, sino al principio del 1878, quando tornò in Piemonte e prese definitiva dimora nel castello di Moncalieri, separata all'amichevole dal marito, col quale tuttavia serbò buoni rapporti, e nei suoi estremi giorni accorse al suo capezzale a Roma (17 marzo 1891).[23] 

Nel caos  di quelle giornate frenetiche   è probabile che i due amici diplomatici , oltre ad aver perso le tracce dell’Imperatrice  “ Avez Vous des nouvelles ? “  , per alcuni giorni  abbiano anche perso le tracce l’uno dell’altro .Alla sorprendente amicizia fra il  Principe Richard  di Metternich e il Nigra , il dott. Evans ha dedicato , come si è visto ,  alcune riflessioni [24]  , sottolineando come  sia stata coltivata nonostante le   differenze di estrazione , di interessi e di prospettive politiche dei rispettivi paesi .

Vi  è tornato nel corso di un convegno a Castellamonte  del 21.9.2013 il diplomatico a riposo  Massimo Spinetti , che , come il Nigra,  è stato ambasciatore italiano a Vienna, seppure in tempi più  recenti ,  nel suo intervento dedicato a  : “ Nigra e il Principe e la Principessa  di Metternich - Un’amicizia al di sopra delle rivalità nazionali fra Italia e Austria “, nel corso del quale ha precisato che la stima e l’amicizia del Nigra erano  rivolte anche nei confronti della  Principessa Pauline , a sua volta influente amica di Eugenie.

Scrive l’ambasciatore Massimo  Spinetti , ora a riposo[25] :

“Richard era l’unico figlio  del secondo matrimonio dell’ex cancelliere  dell’Impero Asburgico  con Antonia de Leykam , che il Principe Clemens contrasse due anni e mezzo  dopo la scomparsa  della prima moglie , la Contessa Eleonore von Kaunit.

Pauline da parte sua era la figlia del conte ungherese Moritz Sander de Slavnicza.

Suo marito Richard  d’altra parte si è sempre più legato al Nigra , al punto che , come risulta da un libro di Henry Salomon “ l’Ambassade de Richard  de Metternich – Paris : Firmin – Didot et Cie , 1931” , sull’attività diplomatica del figlio del Cancelliere austriaco – venivano chiamati “ gli inseparabili “ perché venivano visti sempre insieme , connubio che trovò il suo punto più alto quando l’Ambasciatore d’Austria – secondo quanto racconta Pauline "  I miei anni a Parigi . E. Nash & Grayson, London (1922)”, - avendo deciso di andare a salvare l’Imperatrice Eugenia  dall’ira della folla dopo la sconfitta francese davanti ai prussiani nel 1870 , si rivolse solo al nostro  Costantino per condurre questa delicata missione  .  

Dal confronto del biglietto inedito del Metternich rivolto al Nigra  e del memoriale  del Dr. Evans , che appaiono  convergenti , è agevole capire il ruolo determinante che i due diplomatici svolsero nella fuga dell’Imperatrice dalla residenza delle Tuileries , rimediando ad una evidente omissione del servizio di sicurezza della casa imperiale che non aveva preparato un piano di fuga , nonostante si potessero prevedere in anticipo i segnali della  volontà popolare di sovvertimento del II° impero in conseguenza dei rovesci dell’esercito  addebitati a Napoleone III° .

La notizia della disfatta di Sedan e della cattura di Napoleone III dell’1 settembre  si diffuse a Parigi il 3 settembre 1870. Il giorno dopo l'orleanista Adolphe Thiers fallì un tentativo di prendere il potere appoggiato dal Parlamento e, in seguito a diverse trattative fra le forze politiche, lo stesso 4 settembre si costituì a Parigi un governo di Difesa nazionale che avrebbe dovuto gestire le fasi finali della guerra e il vuoto di potere lasciato dalla cattura dell'imperatore. Di questo governo, guidato dal generale Louis-Jules Trochu, facevano parte Léon Gambetta (Interni), Jules Favre (Esteri), Adolphe Crémieux (Giustizia) e Ernest Picard (Finanze).[26]

L'esercito prussiano terminò l'accerchiamento di Parigi il 19 settembre, quando alcuni elementi del governo erano già riparati a Tours, seguiti poi da Gambetta che abbandonò la capitale in mongolfiera il 7 ottobre. Di fronte all'impossibilità di rompere l'accerchiamento prussiano, dopo un referendum che ne consolidò l'autorità a Parigi, il governo di Difesa nazionale si rassegnò a firmare il 28 gennaio 1871 un armistizio con il nemico.
Non contento e deciso a trattare con un governo legittimo, il Primo ministro prussiano 
Bismarck, impose ai francesi l'elezione di un'Assemblea Nazionale. Le votazioni si svolsero l'8 febbraio e il risultato fu a favore della destra conservatrice e monarchica.[27]

Il nuovo parlamento si riunì a Bordeaux il 12 febbraio 1871 e cinque giorni dopo elesse Thiers “capo del potere esecutivo della Repubblica francese”. Il 1º marzo l'Assemblea confermò i preliminari della pace con la Prussia con 546 voti contro 107: la Francia cedeva al neo costituito Impero tedesco l'Alsazia e la Lorena, e si impegnava a pagare una indennità di 5 miliardi di franchi.[28]

Il 4 settembre 1870 era morto il secondo impero e cominciava il travaglio per la nascita della III°  repubblica,  che passò attraverso la dolorosa emorragia dei morti della  “Comune di Parigi” -  della quale è rimasta l’iconografia  dei parigini che furono costretti a cibarsi  dei topi  per resistere all’assedio delle forze della  restaurazione -  e della non meno dolorosa repressione che ne seguì e che terminò solo  con l’amnistia generale del 1871.

CORRISPONDENZA : INVIATA DALLA IMPERATRICE EUGENIA A NIGRA - datata 14.3.1907  -  n. 3 fogli - dal fondo Dante Adami – acquisizione dalla Bottega di Erasmo con il  n. 54

Traduzione :

Mio caro Conte, io vi ringrazio d’aver pensato di inviarmi  la vostra ultima opera “La chioma di Berenice” . Io spero di fare dei progressi in Italiano per meglio apprezzarlo. Ho avuto Vostre notizie da mio nipote Primoli. Voi dovreste venire  in questo paese, sono persuasa che dopo la crisi che voi avete passato , il sole , i fiori  e soprattutto la bellezza di questo dolce clima  vi farebbero del bene e a me donerebbero il piacere di rivedervi , perchè quest’anno io non penso  di andare a Venezia. Credete , mio caro Conte , ai miei sentimenti affettuosi .  Eugénie.

Si tratta di un messaggio   affettuoso e delicato   con la quale Eugenia si rivolge al Nigra , dopo avere avuto notizie , di certo poco  rassicuranti ,  sul suo stato di salute dal nipote Primoli , datato  14  marzo  1907.

Nigra morirà , di lì a tre mesi ,  il  primo di luglio .

Nella lettera Eugenia fa accenno ad una recente crisi di salute che ha colto  Costantino e rinnova  l’invito a raggiungerla in Costa Azzurra  per trarne entrambi beneficio : Nigra per la dolcezza del clima , certo migliore di quello umido di Venezia  e per l’incanto degli scorci di Cap Martin e lei stessa per la compagnia dell’amico , che dice di non poter raggiungere a Venezia in quell’anno.

Eugénie ringrazia per aver ricevuto dal Nigra la  sua ultima opera letteraria , la Chioma di Berenice,  traduzione  da un’opera di Catullo , che ,  a sua volta , l’aveva ricavata da un componimento greco di Callimaco , ispirato alla mitologia greca. Per meglio gustarla , l’imperatrice si ripropone addirittura  di migliorare la conoscenza dell’italiano .

Consapevole dello stato di salute del Nigra , chiude la missiva con consolatori “ sentimenti affettuosi”.

Non sappiamo quante volte Eugenia si fosse recata a Venezia per far visita all’amico nel corso degli anni , ma sicuramente  “nell’estate del 1905, Nigra ebbe l’onore di ricevere una visita  dell’Imperatrice Eugenia, giunta nella città con il suo yacht e che era ospite dell’amica Contessa Anna Morosini.

Nigra e l’Imperatrice trascorsero qualche giorno insieme ed egli le fece da guida nella città dei dogi. Visitò poi molte altre località italiane anche per fare le cure termali.”[29]

La stessa fonte riporta che nel 1907 in occasione  della sua scomparsa a Rapallo : Quando il lume della sua anima si andava lentamente spegnendo, uno yacht attraccò a Rapallo ed un’Imperatrice scesa dall’imbarcazione, salì a Villa Tigullio per raccogliersi e ripercorrere mentalmente tanti bei ricordi del passato.[30]

A riprova  della trepidazione  con la quale  Eugenia  seguiva lo stato di salute dell’amico , fra gli autografi del  fondo Adami  si ritrovano due missive pervenute al Nigra da due personaggi a lei  molto vicini , ed  evidentemente da lei  attivati: dal nipote Giuseppe Primoli inviata ancora prima di marzo e dal segretario Franceschini Pietri scritta il giorno 13 marzo ,   giorno precedente  a quello in cui scrisse Eugenie , cioè il  14 Marzo   , tanto da far supporre che fossero state  recapitate al Nigra con un unico plico.

V° LETTERA – GIUSEPPE PRIMOLI SCRIVE A COSTANTINO NIGRA- fondo Adami –con datazione incerta – n. 2 fogli - acquisita dalla Bottega di Erasmo e riportante il n. 107 –

In chiaro :  Roma 12

Conte Gent.lmo, L’imperatrice Eugenia mi telegrafa di andare in suo nome a prendere le sue nuove e di dirle i suoi sinceri auguri di completo ristabilimento della sua salute . Io ho speranza  che presto ella potrà ricevermi e permettermi di rinnovarle ancora i miei sentimenti di imperitura e ventura amicizia. Devotissimo Giuseppe Primoli

Il nipote di Eugenia  , nel suo scritto dimostra anch’egli una certa familiarità col Nigra e , nel messaggio, gli chiede di essere ricevuto per “prendere”  di persona le “sue nuove “sulle condizioni di salute e poterle riferire alla zia che a cio’ l’aveva  incaricato  . Eugenia , dal canto suo , dava conto  di averle apprese dal nipote nella lettera del14.3.1907 : Ho avuto Vostre notizie da mio nipote Primoli. “.[31]

Il conte Giuseppe Primoli (1851-1927) era un nipote “acquisito” dell’Imperatrice , in quanto figlio di Carlotta Bonaparte e discendente dunque dalla famiglia Bonaparte. Carlotta Bonaparte (1832-1901) era infatti figlia di Carlo Luciano Bonaparte, principe di Canino (1803-1857), e di Zénaïde Bonaparte (1801-1854), tra loro cugini in quanto figli di due dei fratelli di Napoleone I, rispettivamente Luciano Bonaparte (1775-1840) e Giuseppe Bonaparte (1768-1844).

Carlotta aveva sposato nel 1848 Pietro Primoli, conte di Foglia (1820-1883).

Negli ultimi decenni dell'Ottocento, Giuseppe Primoli sviluppò la passione per la fotografia, condivisa con il fratello Luigi  (1858-1925) e con il cugino Placido Gabrielli, producendo più di 15.000 esemplari, molti inediti. È oggi considerato tra i più dotati fotografi della sua generazione.

Per testamento istituì la Fondazione Primoli, che gestisce la Biblioteca, l'Archivio e il Gabinetto Fotografico -  consultabile su sito internet  . La collezione di oggetti e documenti napoleonici fu invece donata alla municipalità di Roma e oggi è patrimonio del Museo Napoleonico.

Le  sue collezioni , conservate nel Museo Napoleonico in Roma -  Piazza di Ponte Umberto I,   comprendono  opere d'arte e memorie familiari e sono state  concepite più come resoconto di storia familiare privata che come collezione di cimeli storici. 

Dal messaggio del Primoli , ancora una volta si vede come Eugenia fosse in ansia  per la salute del Nigra e non potendo farlo personalmente : “perchè quest’anno io non penso  di andare a Venezia “ scrisse nella missiva del 14 marzo di aver  incaricato il nipote che abitava a Roma di recarsi personalmente dal Nigra a Venezia per averne “ nuove” .

VI° LETTERA : INVIATA DA FRANCESCINI PIETRI A NIGRA – datata 13 Marzo 1907 -Fondo Adami  - n. 2 fogli -  acquisizione Bottega di Erasmo contraddistinta con il n. 105 -

TRADUZIONE - 13 marzo 1907

Mio caro amico , io ho rimesso a S.M. l’Imperatrice la lettera che voi mi avete inviato  e di cui peraltro non vi ho accusato ricevuta , è che Sua Maestà  m’aveva detto che avrebbe scritto lei stessa . Ella l’avrebbe  , senza dubbio , già  fatto se non fosse stata sofferente. Ella comincia a stare meglio e non tarderà a scrivervi . Mille amicizie in tutto a voi . Franceschini Pietri

Jeans Baptiste Franceschini Pietri  ( 1835 – 1915 ) detto “ Tito “ è lo storico segretario di Napoleone III° e , dopo la sua morte ,  dell’Imperatrice.

Era nipote di Joseph Marie Pietri ,  Prefetto di Parigi  al momento della fuga  dell’Imperatrice nel 1870 , di cui parla il Dr. Evans nelle sue memorie  , e rimase fedele alla famiglia imperiale per tutta la vita , tanto che la sua salma verrà  accolta nel sepolcreto familiare  della  chiesa di san Michele a Farnborough .

Sia lo zio che il  nipote Pietri facevano parte della cerchia di collaboratori di origine corsa di cui si circondarono tanto Napoleone I°  che Napoleone III° .

Il Pietri , al servizio dell’Imperatrice , che si trovava nella sua residenza di Cap Martin  in Costa Azzurra  , si scusa con  Nigra per non aver accusato ricevuta del plico contenente la sua opera  “ La chioma di Berenice “ , destinata all’Imperatrice medesima ,  giustificando l’omissione col fatto che l’Imperatrice gli aveva comunicato l’intenzione di scrivere direttamente , come dimostra poi  la sua missiva datata 14 marzo .[32]

Il perché Nigra avesse indirizzato il plico al Pietri e non all’Imperatrice direttamente  lo deduciamo dall’appunto del Nigra , qui riprodotto , vergato di sua mano su carta intestata del senato del Regno, di cui disponevano tutti  i suoi membri: non bisogna scordare che i senatori del Regno erano di nomina regia e il re Umberto I° aveva voluto ricompensare il Nigra con tale nomina a riconoscimento dell’opera svolta a favore di Casa Savoia.

In chiaro : Ecco l’indirizzo datomi da Giuseppe Primoli:

Contesse de Pierrefond  -  Oppure M. Franceschini Pietri - Villa Cyrnos - Cap Martin - Alpes Maritimes - France

Appunto scritto da Nigra  su carta intestata SENATO DEL REGNO , di cui era membro su designazione regia  dal 1890.

Fra i due destinatari ,  che il nipote dell’Imperatrice gli aveva evidentemente  indicato in occasione dell’incontro successivo alla missiva con la quale  l’incontro era stato richiesto[33] , il Nigra aveva scelto di indirizzare il plico a Franceschini Pietri , il secondo dei  destinatari appuntati  , che l’aveva girato all’Imperatrice .

Rimane da chiarire una curiosità : chi era il primo dei destinatari appuntati , cioè la Contesse de Pierrrefond.

Ebbene , si tratta di uno pseudonimo che Eugénie era solita utilizzare con i suoi invitati al castello di Compiègne e nel corso dei suoi viaggi :  in questo caso,   trovandosi a Cap Martin , aveva raccomandato al nipote ,  e il Nigra ne aveva preso diligentemente  nota ,  di  suggerire  l’uso dello  pseudonimo per indirizzarle  la corrispondenza o di indirizzarla al suo segretario Franceschini Pietri.

Nigra , evidentemente , aveva scelto  di indirizzare  la corrispondenza al segretario presso Villa Cyrnos.

Villa Cyrnos -  Cap Martin - Alpes Maritimes ,  come appare nella  intestazione   della corrispondenza dell’Imperatrice e del suo segretario fu costruita su ordine di Eugenia nel 1892.

A partire dalla fine degli anni ottanta Eugenia iniziò a viaggiare molto e nel 1891 incontrò a Mentone l'imperatrice Elisabetta d’Austria, detta Sissi. Le due donne diventarono buone amiche accomunate entrambe dal dolore di aver perso un figlio. Per non dover essere sempre ospite dell'imperatrice d'Austria, Eugenia decise di costruirsi una villa e così i lavori della futura villa Cyrnos, ebbero inizio nel 1892, su progetto dell'architetto Hans-Georg Tersling.

 Sembra   che il nome  della Villa derivi dal greco Cyrnos che indicava la Corsica in onore alla dinastia dei Bonaparte.

 L'ex-imperatrice riceveva spesso non solo Elisabetta di Baviera ma anche la regina Vittoria, con la quale aveva tessuto un legame speciale durante il suo lungo soggiorno in Inghilterra, prima a Chislehurstn ( Kent )  e poi a Farnborough (Hampshire).

La villa , ancora oggi ,  ha la recinzione e la facciata ornata di simboli imperiali , fra cui corone e  aquile , come qui  si vede nell’immagine della copertina posteriore.

GLI “ASSERTI” DI SALVATOR GOTTA SUI RAPPORTI TRA EUGENIA E COSTANTINO NIGRA

Si è sostenuto da piu’ parti   che fra Eugenia e Costantino sia esistito , per un certo tempo ,   un legame anche amoroso oltre la stima e l’amicizia affettuosa  testimoniata dalle corrispondenze qui presentate e chi, in particolare ,  lo sostenne  è il già citato Salvator Gotta che , nel suo romanzo storico “ La Saga dei Vela  “ , così come nella trasposizione televisiva “ Ottocento “ ,  ha descritto questo legame in modo romantico .

Gli storici , all’uscita del romanzo ,  criticarono “ l’asserto “ del Gotta  , perché non suffragato da alcuna prova storica : Nigra aveva infatti  bruciato la documentazione più intima  sia di Cavour che sua , quest’ultima nella fase finale della sua esistenza.

Salvator Gotta , difese in modo energico l’autenticità storica del suo romanzo  in una lettera inviata a Stampa Sera e pubblicata in un articolo  del 6.2.1960 con il titolo “ Una lettera di Salvator Gotta  sui rapporti tra Costantino Nigra e l’imperatrice Eugenia “ , articolo ritagliato e facente   parte del fondo Adami  e reperibile , peraltro ,  nell’Archivio Storico della “La Stampa”.

Eccone il contenuto leggibile :  STAMPA SERA – 6.2.1960

A proposito delle vaste polemiche  suscitate dalla riduzione televisiva  di “ Ottocento “ , l’autore del romanzo , Salvator Gotta , ci invia una lunga lettera , in cui , fra l’altro , scrive :

“Dai dati fornitimi dalla Televisione , il mio romanzo Ottocento ha sollevato nel pubblico un enorme interesse ed ha raggiunto  una delle punte massime di ascolto  e di gradimento per i romanzi sceneggiati . D’altro canto , però , parte  della critica ha giudicato sfavorevolmente talune circostanze  storiche svolte nel romanzo stesso e soprattutto  quanto riguarda i rapporti amorosi  intercorsi fra l’imperatrice Eugenia  e Costantino Nigra. Su questo punto vorrei dire qualche parola anch’io, e non per protestare o polemizzare con la critica – ciò non ho mai fatto in cinquant’anni di attività letteraria – ma soltanto per giustificare i miei asserti , con argomenti e dati inconfutabili .

“ Costantino Nigra distrusse tutto ciò che potesse anche lontanamente riferirsi  ai suoi rapporti intimi  con l’Imperatrice e li distrusse soprattutto nella tarda età .

A Venezia dove si era ritirato nel 1906 dopo la sua lunga permanenza all’Ambasciata italiana di Vienna , aveva cominciato a scrivere le sue memorie , ma poi distrusse anche quelle . E ciò a me risulta direttamente dalla contessa Anna Morosini che fu amicissima del Nigra e gli trovò la casa a Venezia quand’egli si ritirò a vita privata. Documenti scritti, dunque che possano “ provare “ la sua relazione amorosa con Eugenia , non esistono .

Ma non ci sono soltanto documenti scritti che possano provare un fatto avvenuto . Quanto al “nostro” , ecco gli argomenti che a me risultano “ probanti “ e che mi indussero nel 1940 , a iniziare il romanzo “ Ottocento “ con animo tranquillo , sicuro di non “tradire la storia” come qualche critico ha scritto.

Ed ecco i miei argomenti probatori della relazione amorosa fra l’imperatrice e Nigra :

1.Nigra a trent’anni non aveva i riserbi che gli vennero a settanta , e si confidò , a Ivrea , con alcuni suoi compagni di liceo e d’Università , due dei quali io ebbi tempo di conoscere : l’avvocato Lucio Rossi e l’avvocato Savino Realis. Questo , soprattutto , mi fu molto amico, visse fino a 96 anni e morì una ventina di anni fa . Egli è colui che mi ispirò il personaggio ( naturalmente trasfigurato ) del Conte Pietro di Colleretto , figurante anche nel teleromanzo. Amicissimo del Nigra fin dai banchi del ginnasio era un testimone , per me , indiscutibile.

2. Costantino ebbe un figlio unico : Lionello , che sposò una ragazza del suo paese ( Castelnuovo ) e rimase quasi sempre in Canavese e a Torino .

Io lo conobbi : frequentavo lo studio dell’Avvocato Angela , c’era pure l’avvocato degli eredi Nigra. Lionello non si peritò mai di nascondere  la relazione di suo padre  con l’Imperatrice , relazione che da noi , in Canavese, è data per certa dalla quasi totalità  della popolazione. Io , con i miei orecchi , lo udii raccontare  che ricordava d’essere stato tenuto in braccio , a dieci anni , dall’Imperatrice, la quale piangeva mentre suo padre passeggiava innanzi e indietro nella stanza, irritatissimo . Lionello fu messo a Parigi nello stesso collegio dov’erano Loulou , il figlio dell’Imperatrice e di Napoleone III° ( quello che :  la inconscia zagaglia barbara prostrò ) [34]e col figlio del dottor Conneau[35], Luigino . L’episodio di cui sopra è da me narrato nel secondo volume dell’Ottocento .

3. Nel carteggio Cavour – Nigra , pubblicato dalla  Zanichelli , si legge una lettera di Cavour che scrive al Nigra testualmente : “ La sua conversazione con l’Imperatrice mi ha entusiasmato . Evidentemente ella vuole sedurla . La lasci fare e non sia troppo Giuseppe . Alla lunga la sua influenza potrebbe nuocere . Non bisogna trascurare nulla per renderla favorevole  alla nostra causa . Le ripeta che noi italiani la troviamo seducente . Del resto mi pare che lei non abbia bisogno di lezioni , ma che sappia cavarsela alla Richelieu e alla Metternich “.[36]

4. La contessa Anna Morosini , che , come ha detto , fu amica del Nigra , ricevette nel 1906 l’Imperatrice Eugenia , già molto vecchia . E la ricevette nel suo palazzo  dove l’augusta signora accettò una colazione  a patto che non vi partecipasse  che Nigra e la padrona di casa. Il convegno , infatti , avvenne e , durante la colazione , cominciata con i piu’ dignitosi riguardi , a un tratto scoppio’ un diverbio  Fra Eugenia e Costantino , entrambi divenuti bisbetici negli anni della vecchiaia , un diverbio tale che dette alla bella contessa veneziana la certezza di quanto già lei sapeva , che fra i due personaggi doveva essere esistita una intimità  che andava oltre alla semplice amicizia.

5. In un opuscolo di Adolfo Colombo , intitolato “ La mostra storica di Costantino Nigra nel Museo del Risorgimento” pubblicato a Torino , nella tipografia Carlo Accame, nell’aprile del 1934 , è riprodotta una fotografia della scrivania appartenuta a Napoleone I°  regalata dall’imperatrice Eugenia a Costantino , esposta nel Museo del Risorgimento di Torino . Dono , senza dubbio di tale importanza  da giustificare  i rapporti più che eccezionali esistenti fra l’Imperatrice e il nostro Diplomatico .

6. Nell’opuscolo stesso è riprodotta una lettera in cui il Nigra descrive La scena  avvenuta sul laghetto di Fointainebleu dove in una barchetta aveva preso posto l’Imperatrice , l’Imperatore , Merimée ed altri della corte , fra i quali Nigra che , invitato da Eugenia , cantò canzonette italiane e infine recitò la sua poesia “La gondola veneziana”  allusiva  alla nostra passione risorgimentale .Il fatto di trovarsi in gondola , fra i più intimi della corte , dimostra il grado di intimità in cui il Nigra era tenuto da Eugenia ; lui che non aveva titoli nobiliari ed era temuto da Eugenia come un nemico politico

7. Esiste una lettera di pugno del Nigra , scritta nel 1906 , in risposta  a una richiesta del Barone Alberto Lumbroso, studioso di storia napoleonica. Il Lumbroso lasciò tutta la sua importante biblioteca al suo allievo Nicolò Cuneo , morto in un campo di concentramento in Germania nel 1944.

Il Cuneo c’hera di Camogli lasciò la biblioteca alla città  di Camogli dove la lettera suddetta è catalogata e visibile a chiunque lo desideri.

La lettera dice : “ Egregio Signor Barone , sono da qualche tempo ammalato. E lo scrivere  mi è grave ed il medico  mi sconsiglia ogni lavoro di spirito e di corpo . Voglia quindi scusarmi se no le fo la storia della partenza dell’Imperatrice Eugenia dalle Tuileries. Essa esigerebbe parecchie  pagine , ed io , come le dissi , non posso ora scriverne né molte né poche . se vuole sapere quella storia per sommi capi e pressoché esatta , si procuri il libro di Saint – Amand.[37]

Il Loliée [38]scrive di cose che non vide e non sa .E non è il solo .

A lei basti ora  sapere che S.M.  scese la gradinata del Louvre al mio braccio, che io la misi in carrozza ( un fiacre [39]predisposto ) , che volli salire io pure  nella stessa carrozza per accompagnarla , ma che essa preferì avere al suo fianco solo M.me Lebreton sua lettrice , per non compromettermi . Io salii in un altro fiacre ed ordinai al cocchiere di seguire quella che portava con sé una gran parte della fortuna dell’Impero.

Ma la folla ci divise , e malgrado ogni mio tentativo non potei raggiungerla e non seppi dove l’infelice fuggitiva aveva deliberato di rifugiarsi ,se non tre giorni dopo. Queste notizie sono per lei . Non sono destinate a portare il mio nome . Ho ricevuto la sua pubblicazione . Non risposi perché , le ripeto , sono ammalato e non posso scrivere. Suo devotissimo , C. Nigra.

Questa lettera non prova che Nigra sia stato l’amante dell’Imperatrice. Prova , operò lo straordinario interessamento di un ambasciatore ( nel 70 Nigra era nostro ambasciatore a Parigi ) straniero verso colei che egli definisce  “ gran parte della fortuna dell’Impero “ e che rischiava di essere trucidata dalla folla.

Se Eugenia non gli fosse stata cara come una donna amata , come avrebbe potuto , un uomo prudente come il Nigra , responsabile dei propri atti non solo di fronte a se stesso , ma di fronte al governo italiano che in quel momento rappresentava a Parigi , compiere una simile azione ?  Salvator Gotta”

Il Gotta non era storico , ma romanziere , quindi , incline a privilegiare la  creazione  fantastica rispetto all’autenticità storica . Era nativo di Montalto Dora e aveva conseguito la laurea in Giurisprudenza per poi svolgere la pratica presso lo studio legale dove afferma , nella lettera a “Stampa Sera “,  di aver conosciuto gli eredi del Nigra , cioè lo studio dell’Avv. Angela , prozio del noto giornalista e divulgatore televisivo Piero Angela . Il Gotta  fu iscritto per 40 anni all’Ordine degli Avvocati di Ivrea , ma tralasciò la professione forense  per dedicarsi all’attività di scrittore.[40]

In altro scritto il Gotta[41] descrive la sua grande amicizia iniziata sui banchi di scuola con Carlo , figlio dell’Avv. Savino Realis , ispiratore della figura romanzata di Pietro di Colleretto [42] ,  parente dei Giacosa di Parella , cenacolo di personaggi illustri  che il Gotta frequentava abitualmente con l’amico fraterno .

La contessa Anna  Morosini , che il Gotta , nella sua lettera ,  afferma di avere consultato direttamente sull’argomento di cui  tratta   ,  era donna di straordinaria bellezza e amica del Nigra in quel di Venezia , ove  egli si era fatto costruire la casa, oggi Hotel  Ca’ Nigra   e aveva fatto disegnare gli annessi  giardini da architetti del paesaggio scelti dalla contessa Elisabetta  Albrizzi , compagna del  Nigra nell’ultima parte della sua vita.

Alcuni   “ asserti “ contenuti nella lettera , pur secondari ,   risultano imprecisi : ad es. il Nigra non poteva essere compagno di ginnasio dell’Avv. Savino Realis perché fra loro c’erano parecchia  differenza di età , il primo era nato nel 1828 e il secondo nel 1846[43]  , così come la moglie di Lionello non era originaria di Castelnuovo ( rectius : Villa Castelnuovo )  , ma della Valchiusella .

Il contenuto della lettera di Salvator Gotta  ha comunque , per la maggior parte , attendibilità storica laddove conferma circostanze  altrove documentate , come  gli autografi  inediti qui presentati : ad esempio il ruolo di Nigra nella fuga dell’Imperatrice dalle Tuileries o i riferimenti alle lettere fra Nigra e Cavour o fra Nigra e il Barone Alberto Lumbroso .

                                                    CONSIDERAZIONI FINALI

Al netto delle descrizioni romanzate  e  delle considerazioni difensive di  Salvator Gotta per  sostenere  che fra i due vi fosse stato un legame anche di amanti , il dato rilevante che si ricava dall’esame delle  corrispondenze epistolari inedite  qui pubblicate e di tutto il materiale storico citato e non ,  è che  la circostanza  è , in fondo , trascurabile , mentre è rilevante la loro documentata amicizia che attraversa  mezzo secolo  , accompagnata da  stima e affetto, amicizia  straordinaria  specie se si pensa alle differenze di estrazione sociale e del ruolo da essi  rivestito ,  alle traversie  vissute in un’epoca di grandi cambiamenti e alle iniziali divergenze esistenti fra loro per la salvaguardia degli  interessi dei rispettivi paesi .                                 

 [1]  Carteggio Cavour-Nigra, dal 1858 al 1861- Zanichelli, Bologna 1926

[2] R. Favero – Il completamento dell’unità d’Italia dopo la morte di Cavour ( 1861-1976) nel carteggio tra Emilio Visconti Venosta  e Costantino Nigra – Associazione Culturale Costantino Nigra - 2015

[3] FEDERICO  CHABOD - Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896.  – Laterza – Bari – 1962 – pag. 601

[4] SALVATOR GOTTA – Tratto da “ La Saga dei Vela” – Volume Primo – Arnaldo Mondadori Editore - 1956

[5] FEDERICO CHABOD – op. citata pag. 612

[6] FEDERICO  CHABOD – op.citata pagg. 614- 615- 616 – 617.

[7] Giovanni Battista Ruffini[7]   “ Memorie della Guerra del 1859” , a cura di Vittoria Tucci Ruffini , Modena , 1869

[8]Livio Marchetti [8]  ,” Il Trentino nel Risorgimento “, vol. II° , Napoli , 1913  

[9] Sul sito Centro Studi Costantino Nigra – Castellamonte – alla voce Atti e Convegni – Convegno

[10] ROMANO COPPINI -  Virginia Oldoini – I giorni e il mito della Contessa di Castiglione – Cuori e denari : le amicizie intime dei Rothschild  - Luna Editore 1999 – pagg.  30-31

[11] Sito Centro Studi Costantino Nigra – Epistolario Nigra – Rothschild –

[12]Antonio Genesio Maria Panizzi ( Brescello16 settembre 1797 – Londra8 aprile 1879) è stato un patriotabibliotecario e bibliografo italiano, ricordato anche per essere stato direttore della biblioteca del British Museum. Amico e confidente di Napoleone  , era suo consueto compagno di vacanza a Biarritz.

[13] Thomas Evans : Memoirs of Dr. Thomas W. Evans  - The Second French Empire.  , New York, D. Appleton and company, 1905- pagg. 264 e segg.

[14] Traduzione qui resa da  Marina  Vayra

[15] Franco Cardini – Napoleone III° - Sellerio – Palermo – 2010 pag.  79    “ Il senatoconsulto del 21 maggio fissava la nuova Costituzione dell’Impero , che prevedeva un Consiglio di Stato  nominato e revocabile dall’Imperatore , un Senato i cui membri di diritto erano i cardinali , i marescialli , gli ammiragli , oltre ai cittadini  elevati dal sovrano alla dignità senatoriale (quindi tutti nominati) e un corpo legislativo costituito da cittadini eletti per suffragio universale senza scrutinio di lista il cui mandato non avrebbe dovuto essere minore di sei anni. La nuova costituzione non avrebbe potuto essere modificata se non dal popolo, su proposta dell’Imperatore, quindi attraverso un altro plebiscito.

[16] Eugenia vi scorge un’inquietante parallelismo con la realtà che sta vivendo .La zattera della Medusa (Le Radeau de la Méduse) è un dipinto a olio su tela (491x717 cm) di Théodore Géricault, realizzato nel 1818-19 e conservato nel Museo del Louvre di Parigi.Il dipinto rappresenta un momento degli avvenimenti successivi al naufragio della fregata francese Méduse, avvenuto il 2 luglio 1816 davanti alle coste dell'attuale Mauritania, a causa di negligenze e decisioni affrettate da parte del comandante . Oltre 250 persone si salvarono grazie alle scialuppe, le rimanenti 150, la ciurma, dovettero essere imbarcate su una zattera di fortuna, lunga 20 metri e larga 7, e di queste soltanto 10 fecero ritorno a casa

[17] Soprannome satirico dato a Napoleone III°.

[18] Durante la Rivoluzione  Luigi XVI° venne chiamato Luis Capet, in quanto discendente di Ugo Capeto, fondatore della dinastia, nell'intenzione di dissacrarne lo status di re.

[19] Il Dr. Evans pubblicò le sue memorie nel 1905 e , quindi , era ben al corrente che , approfittando  del crollo del II° impero del 4 settembre  , che aveva fin lì  protetto  l’integrità dello  stato pontificio con una guarnigione di stanza a Civitavecchia e della compiacenza del governo  repubblicano  che  succedette   , l’Italia , superando gli accordi della cd. “Convenzione di Settembre” che aveva firmato il15 settembre  1864 a Parigi  proprio il Nigra in rappresentanza del Regno  , riuscì  a completare  la sua unificazione il 20 di settembre , cioè di lì a 16 giorni ,  facendo entrare in Roma  i bersaglieri dalla breccia di Porta Pia e poi spostando la capitale nella città eterna. Eventi che provocarono una frattura fra lo Stato e la Chiesa , che venne ricomposta solo l’11 febbraio 1929 con i Patti Lateranensi .

[20] Si tratta di un amico del Dott. Evans che era sulla sua  carrozza  anche durante la fuga da Parigi dell’Imperatrice  ; in quanto editore di libri ,   nel 1905 ne pubblicò le memorie.

[21]   Harold Kurtz – L’imperatrice Eugenia – Dall’Oglio Editore Milano 1964 – pag. 336 , in cui viene precisato che la riunificazione tra madre e figlio avvenne l’8 settembre.

[22] La Sentinella del Canavese – Supplemento 1893-1993 – Questi cento anni della nostra storia – a firma Federico Perinetti – pag. 15.

[23] Dizionario Biografico degli Italiani – alla voce Maria Clotilde di Savoia - Francesco Lemmi - Enciclopedia Italiana – Treccani (1936).

[24] Cfr. pag. 27

[25] Sul sito del CentroStudi  Costantino Nigra – alla voce Atti e convegni

[26] Dominique Barjot, Jeann-Pierre Chaline, André Encravé, Storia della Francia nell'Ottocento, Bologna, Il Mulino, 2003, ISBN 88-15-09396-6. Edizione originale (in francese): La France au XIX siècle 1814-1914, Paris, 2001-pagg. 341-342

[27] Op. cit. pagg.343-344

[28] Op. cit. pag. 345

[29] Rivista  TRICOLORE  - Bergamo - Speciale n. 163  - 5 luglio 2007 a firma di Carlo Bindolini – pag. 15

[30] Rivista  TRICOLORE  - Bergamo - Speciale n. 163  - 5 luglio 2007 a firma di Carlo Bindolini – pag. 15

[31] Vedasi lettera a pagg. 38-40

[32] Vedasi lettera a pagg. 38-40

[33] Vedasi lettera pubblicata a pag. 43-44

[34] Giosuè Carducci – Odi BarbarePer la morte di Napoleone Eugenio

[35]  Henry Conneau ( 1803 -  1877) , fu  medico personale e amico  di Napoleone III° ,  in seguito  deputato e poi  senatore. Negli anni  1858-60 , simpatizzante  con la causa dell’unificazione italiana  ,  fu tramite segreto di incontri personali  tra Nigra e l’Imperatore.

 

[37] Arthur-Léon Imbert de Saint-Amand : Le femmese des Tuileries . Louis-Napoléon et mademoiselle de Montijo  Paris 1896

[38] Fréderic Lollie , Reve d’empereur: le destin e l’aime de Napoleon III° ( Paris 1913 )

[39]  Vettura pubblica a cavalli, carrozza da piazza in genere .

[40] Avvocati Canavesani – a cura di Franco Macocco e Gian Savino Pene Vidari – Lions Club Alto Canavese – 2016 – pag. 294 e segg.

[41] S. Gotta - I tre Maestri : Fogazzaro , Giacosa Gozzano – Milano 1975 – pag. 50

[42] S. Gotta -  La Saga dei Vela – Mondadori Editore – Milano 1956

[43] Sito del Comune di Parella  , alla voce Personaggi Illustri